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«Donne e resistenza nei miei racconti tra Cuneo e Liguria»

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Per l’80 per cento storie vere, per il 20 per cento fantasia: «Mi serve per dare movimento ai miei personaggi». Presenta così i suoi libri Daniele La Corte, giornalista e scrittore arrivato al decimo romanzo. Un romanzo che racconta il periodo fascista e nazista tra Langhe e Liguria attraverso le avventure e le vicissitudini della famiglia Ceirano, cuneese e prima costruttrice di auto, antesignana della Fiat che sarebbe poi nata solo qualche anno più tardi, all’epoca di Giovanni Giolitti. Si intitola “Il boia e la contessa” ed è ambientato appunto tra Vicoforte ed Alassio.

Nei suoi libri si parla spesso di Resistenza e le protagoniste sono donne. Anche in questo caso?
«Assolutamente si. La protagonista è appunto Silvia Ceirano, figlia dell’imprenditore cuneese che ha dato origine all’avventura automobilistica in Italia poi inglobata nella Fiat, che diventa contessa di Villafranca-Soissons sposando a soli diciotto anni Eugenio di Carignano, un Savoia di seconda fascia. La storia si concentra per gran parte nel periodo compreso fra l’8 settembre 1944 e il 25 aprile 1945 sviluppandosi tra Torino e Alassio, dove la brillante contessa continua a dare feste, nel suo dorato mondo pur nel disastro della guerra. La sua vita, fra champagne e serate eccitanti, culmina quando inizia una relazione con il capitano nazista Gerhard Dosse, che andrà a vivere con lei, a Villa Ceirano. Lì vicino, ad Albenga, echeggiano le urla dei civili torturati dai tedeschi, aiutati da un italiano, un sadico chiamato il “Boia”. Poi, tutto precipita. La sorella di Silvia Ceirano Villafranca Suisson, Ida, vive a Vicoforte ed è una fervente antifascista e suo figlio è partigiano combattente. Il dramma è inevitabile. La contessa, amante e convivente dello spietato capitano nazista, dovrà scegliere. Alla fine della guerra ci sarà la resa dei conti, anche per la nobile Silvia Ceirano».

Lei è nato ad Alassio ma nei suoi libri è spesso protagonista il Cuneese. Perché?
«Innanzitutto perché mia mamma era originaria di Mondovì, in quei luoghi ho bellissimi ricordi di infanzia e molti amici che torno sempre a trovare volentieri. Per me è il posto più bello del mondo. Poi c’è la contiguità territoriale, soprattutto quando si parla di storie di Resistenza come le mie. Dal mare i partigiani salivano in montagna per trovare più facile rifugio. Le vette del Piemonte sono lo scudo naturale della Liguria. Dal Ponente ligure salivano verso il Cuneese e la zona delle valli torinesi. In molti proseguivano per aggregarsi alle formazioni che operavano in Valle d’Aosta, confine strategico soprattutto con la Svizzera».

Dietro i suoi libri c’è sempre una grande ricerca, lei è anche un appassionato di storia?
«Fin da ragazzino adoravo la storia e la letteratura. Sono sempre stato una frana invece nelle materie scientifiche. Come per tutti i miei lavori sulla Resistenza il metodo della ricerca sono i racconti che ho ascoltato da partigiani o dai loro discendenti. Sono direttore scientifico dell’Isti­tuto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia e in molti casi mi è stato facile ricostruire le vicende che racconto anche attraverso documenti».

Lei è stato giornalista prima che scrittore. Dove ha lavorato?
«Per 35 anni al “Secolo XIX” di Genova diventandone capo servizio. Avevo iniziato al “Corriere Mercantile”, quotidiano genovese del pomeriggio, dove avevo svolto attività di inviato su importanti casi di cronaca. Ho collaborato diversi anni per il “Corriere della Sera”, per l’agenzia di stampa “Ansa”, per “La Repubblica”, per la “Stampa” e per “Avvenire”. Sono sempre stato un “cacciatore di storie”, così mi chiamavano i colleghi. Mi piaceva cercarle, andare a fondo e sviluppare inchieste».

Una tecnica poi trasferita ai romanzi. Qual è il personaggio che ha amato di più?
«Senza dubbio suor Carla, la protagonista di “Resistenza svelata. L’agente segreto Carla De Noni”. Un personaggio incredibile, una suora combattente partigiana sotto copertura. Una figura reale: suor Carla ottenne la medaglia d’Argento al Valore militare per la Resistenza. Già staffetta schierata con l’azione partigiana, entrò nel 1944 a far parte del Servizio X: organizzazione d’intelligence in grado di coordinare i “ribelli” tra Liguria, Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta. Furono altre due figure fondamentali per il processo di Liberazione ad averla “arruolata”: Dino Giacosa e Aldo Sacchetti. La donna operò insieme alle sue consorelle, facendo del santuario di Santa Lucia a Villanova Mondovì la base della propria attività resistenziale. Cinque giorni prima della Liberazione, durante una missione per portare viveri e munizioni a Sacchetti, il trenino su cui viaggiava fu mitragliato in circostanze che non furono mai chiarite da un aereo alleato: fu data per morta. Per lei da quel momento si aprì un calvario. Rimandata al convento per beneficiare d’una morte serena, non smise di combattere, questa volta contro il destino. Arrivò infine la Libera­zione: ma lei rimase nel letto, inconsapevole di quanto stesse accadendo. La madre superiora affidò la guarigione della consorella alla fede verso il salesiano don Filippo Ri­naldi: e accadde che si risvegliò guarita. Un miracolo che oggi è stato riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa Cat­tolica».

BaNNER
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