Uno dei temi in questi giorni più dibattuti è quello dell’introduzione degli insetti nella nostra alimentazione. Tre mesi fa l’Unione Europea aveva autorizzato la commercializzazione su scala continentale di farine di quattro specie di insetti (grillo, locusta migratoria, verme della farina e larva gialla); nei giorni scorsi, anche alla luce della diffusa preoccupazione circa le allergie che potrebbero scatenare, è sceso in campo il Governo italiano, che si è mosso con quattro decreti per difendere le ricette dei piatti tradizionali, oltre che per rendere obbligatoria un’etichettatura specifica e la vendita in scaffali dedicati. Di questo (e tanto altro) si parlerà a ColtivaTo, il Festival Internazionale dell’Agricoltura che si svolgerà a Torino dal 31 marzo al 2 aprile (se ne parla nel box a fianco). Protagonista dell’incontro tematico sarà – assieme a Debora Fino, professore ordinario di Impianti Chimici al Politecnico di Torino e presidente della Fondazione Re Soil – Laura Gasco, professore ordinario del dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino. La abbiamo intervistata.
Professoressa Gasco, da tempo si occupa dell’utilizzo di insetti nell’ambito dell’alimentazione animale. Come è nata tale specializzazione?
«Fin dall’inizio della mia carriera mi sono occupata di alimentazione animale, con un focus particolare su conigli, polli e pesci. In seguito, mi sono confrontata con quella che allora era una nuova fonte di alimentazione per gli animali: gli insetti».
Qual è stato il suo primo approccio?
«Studiavo i possibili impieghi degli insetti e i relativi effetti, soprattutto a livello di apporto proteico, nell’alimentazione degli animali. Ho collaborato a diverse ricerche e sperimentazioni internazionali».
Cosa è emerso?
«Ci siamo resi conto del fatto che gli insetti possono essere concepiti come degli animali da allevamento, impiegabili quindi in maniera massiva per nutrire altri animali. E si è letteralmente aperto un mondo: gli insetti erano sempre stati osservati e studiati dagli entomologi, ma con quelle ricerche di noi zootecnici si sono approfondite questioni mai toccate, come, appunto, le condizioni migliori per allevare gli insetti ottenendo le migliori performance produttive. E non è tutto…».
Prego, prosegua.
«Abbiamo condotto alcune ricerche che hanno evidenziato risvolti per l’economia circolare, la sostenibilità e la riduzione dell’impatto ambientale. In particolare, abbiamo dimostrato come gli insetti in allevamento abbiano la capacità di bioconvertire – e, quindi, valorizzare – sottoprodotti finora considerati degli scarti e, al contempo, di produrre sostanze riutilizzabili, specie in agricoltura».
E dell’impiego di insetti nell’alimentazione umana cosa può dirci?
«Non è il mio focus, è bene precisarlo, ma posso comunque affermare che il nostro Paese, su questo fronte, è in ritardo: altre nazioni europee, tempo fa, hanno avviato la vendita di alimenti umani a base di insetti o loro derivati».
Qualche esempio?
«In alcuni supermercati della Svizzera, già un paio di anni fa, si vendevano direttamente insetti – come grilli essiccati -o alimenti derivati, tra cui farine, barrette proteiche, biscotti, snack, cracker, pasta».
La caratteristica alimentare?
«Sono alimenti proteici, ma occorre fare chiarezza: si sente spesso dire che gli insetti avrebbero un valore di proteine addirittura due o tre volte superiore rispetto a quello della carne. Ma il confronto è sbagliato: è come paragonare mele con pere. La farina di insetto è una sostanza secca al 90%, con pochissima acqua residua e un valore proteico vicino al 50%. Una bistecca invece, che ha “solo” il 20 o 30% di proteine, contiene molta più acqua, quasi al 75%: se venisse fatta essiccare, anche la bistecca avrebbe gli stessi indici proteici».
Cosa dobbiamo aspettarci?
«Questi prodotti entreranno sul mercato italiano piano piano. Saranno presentati come degli alimenti “particolari”, di nicchia e avranno degli scaffali dedicati, ma sicuramente non si nasconderà il fatto che al loro interno sono contenuti insetti. Ci sono gli obblighi legati all’etichettatura e poi non c’è da parte di alcuno la volontà di negare il fatto che in un determinato alimento ci sia farina di grillo o di locusta».
Il presidente di Slow Food, Edward Mukiibi considera gli insetti una risorsa a patto che non diventino una nuova forma di business per le multinazionali. Cosa ne pensa?
«Ha ragione, ma bisogna fare dei distinguo: nei Paesi in via di sviluppo, l’alimentazione con insetti, come peraltro già accade, potrebbe consentire lo sviluppo di mini-filiere di allevamento preziose per le economie famigliari e comunitarie. Diverso è invece il discorso dei Paesi occidentali, dove la produzione di alimenti a base di insetti è decisamente più costosa e soprattutto ha logiche di nicchia».
Ha già mangiato insetti?
«Li ho già assaggiati, in Asia ma non solo. E mi piacciono».
Quale approccio tenere?
«Suggerisco di considerare gli insetti come nuove opportunità che abbiamo a disposizione per l’alimentazione animale, per quella umana e per l’economia circolare».