Il futuro è una stampante 3D. E non dite che esistono già. Questa è una macchina speciale, in bilico tra scienza e fantascienza, destinata a sfornare cellule, tessuti e organi del corpo umano. Rigorosamente italiana, come il papà: l’ingegnere aeronautico Roberto Rizzo, presidente della Solid World – 64 milioni di fatturato, 150 dipendenti, 14 sedi e 3 poli tecnologici – che ha cominciato a produrla in serie. La folgorazione a vent’anni, durante uno stage universitario negli Stati Uniti, presso la Boeing: scoprì le prime applicazioni del 3D e decise che sarebbe diventato il suo settore. Già a sette anni, in realtà, costruiva modellini di aerei: predestinato, anche se per studi e progetti, la vocazione industriale sarebbe arrivata più tardi su consiglio – e finanziamento – di Oliviero Olivieri da Montebelluna, stampatore in 3D di scarponi e pattini di plastica. Fatto sta che mentre dall’esterno aggiungono ai titoli accademici aggettivi complimentosi – da innovatore a visionario – lui ama definirsi imprenditore tecnologico. Sin da quel viaggio negli States, voluto dal maestro Luigi Broglio, l’uomo che portò l’Italia nello spazio terzo Paese dopo Urss e Usa, Rizzo scruta il futuro e lo anticipa con le sue creazioni. Completando l’offerta con l’assistenza: «Non ci limitiamo a offrire un prodotto, ma coinvolgiamo le aziende in un progetto».
Il cuore dell’azienda di cui è fondatore, presidente e primo azionista è a Treviso, la città in cui vive: ha studiato a Roma, girato il mondo, ma non ha mai reciso le radici con il suo Veneto.
La grande scommessa è superare i trapianti, inserire invece dell’inchiostro un idrogel ottenuto dalle cellule, riprodurre organi non artificiali ma naturali, ottenuti dal patrimonio genetico. E con lo stesso principio, un domani, produrre anche pelletteria o carne di chianina: autentici, ma senza più allevamenti intensivi.
Il lancio è avvenuto il 15 febbraio, dietro ci sono anni e anni di ricerche su auto, aerei, moto e imbarcazioni, di lavoro con grandi case per le quali vengono stampati prototipi in metallo o plastica. Lo sbocco che può cambiare la medicina, la scienza, la vita di tutti noi è una stampante battezzata Electrospider, prima al mondo a tecnologia 3D multiscala e multimateriale. Già è in produzione e grandi centri ospedalieri internazionali sono in lizza con grandi aspettative specie in ambito oncologico, stampa ossa e strati di epidermide aspettando, attraverso nuovi test, di riprodurre organi: la tempistica è legata alla ricerca, Rizzo immagina una decina d’anni e lavora duro coadiuvato dalle eccellenze universitarie di Pisa determinanti per un progetto che decollò attraverso l’incontro con il professor Giovanni Vozzi, ordinario di bioingegneria, e che molto deve nello sviluppo anche a due suoi allievi, gli ingegneri biomedici Aurora De Acutis e Carmelo De Maria. Il costo della macchina sarà di circa 500.000 euro, il volume di affari stimato sfiorerà i 4,4 miliardi entro cinque anni, un brevetto impedirà le imitazioni e l’alternativa dei ricambi per il corpo ottenuti dai maiali, altra ricerca italiana, non spaventa: «La sperimentazione sugli animali è obsoleta, l’Electrospider replica un organo utilizzano le cellule del paziente. La natura non consentiva di fare altro per evitare il rigetto».
L’uomo del futuro
Roberto Rizzo, ingegnere veneto, brevetta una stampante 3D che sforna organi del corpo umano utilizzando le cellule del paziente: una frontiera nuova, destinata a cambiare la medicina, la scienza, la vita