Tutte le deroghe e le eccezioni per le case green

Facciamo un po’ di chiarezza sulla direttiva europea, accolta tra le polemiche, che punta a trasformare gli edifici riducendo emissioni e sprechi entro il 2033. Ci saranno molti aggiustamenti

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Entriamo nel dettaglio dell’approvazione del Parla­men­to europeo al­la Di­rettiva case green, tra emendamenti e deroghe.
Dopo lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035, un nuovo regolamento europeo fa discutere: il 14 marzo il Parlamento ha ap­provato la Direttiva case gre­en, ripercorrendo ancora una volta la strada della riduzione delle emissioni inquinanti, principio che, finché resta tale, trova tutti a favore, ma che nella sua applicazione concreta incontra sempre molte riserve. Ad ogni modo, non si tratta di un’approvazione definitiva, ed è infatti probabile che, nei vari passaggi legislativi che seguiranno, la proposta venga emendata in più punti prima di arrivare al testo definitivo. La proposta di partenza, infatti, è molto ambiziosa e, muovendosi nella complessa macchina legislativa delle istituzioni europee, richiederà necessariamente il raggiungimento di un compromesso.
Il relatore della proposta, l’irlandese Ciarán Cuffe (Verdi -Green Party), spera tuttavia che il passaggio a direttiva possa essere completato entro la fine della presidenza svedese del Consiglio Ue (giugno 2023): scadenza piuttosto utopica, vista la mole di polemiche che è solita caratterizzare gli interventi di Bruxelles in materia ambientale. Cio­nonostante, l’approvazione parlamentare di questa direttiva rappresenta un passo importante per un provvedimento molto discusso e i cui pro (una maggiore efficienza energetica e una conseguente riduzione delle emissioni) non sempre sono sufficienti a convincerne i detrattori, preoccupati per l’aumento dei costi delle ristrutturazioni. Questa approvazione, tuttavia, non è arrivata con una maggioranza schiacciante: il voto decisivo sul testo emerso dalla commissione Itre (In­dustria, trasporti ed energia) è stato di 343 sì, 216 no e 78 astenuti, con una forte incongruenza soprattutto all’interno del Ppe (Partito popolare europeo). Queste spaccature sono emerse in maniera evidente nel testo, con l’applicazione di ben cinque emendamenti.
L’elemento più caratterizzante e controverso della Di­rettiva è legato alla riqualificazione energetica degli edifici residenziali esistenti, per cui sarà prevista obbligatoriamente la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033. Il testo, in particolare, prevede che gli Stati membri presentino dei piani nazionali per la riqualificazione, individuando come obiettivo prioritario il 15% degli edifici più energivori (che in Italia sono 1,8 milioni). Questi saranno classificati in una classe G, inserendosi in una generale riqualificazione di tutto il patrimonio immobiliare dei paesi membri, in cui la classe A sarà riservata agli edifici a zero emissioni.
Come in ogni regolamento, poi, centrali sono le relative deroghe che vengono riconosciute. In particolare, sono previste esclusioni dal raggiungimento dei target della direttiva per gli edifici di particolare pregio storico e architettonico, per i luoghi di culto, per gli edifici temporanei, per le seconde case utilizzate per meno di 4 mesi l’anno e per gli immobili autonomi con una superficie inferiore ai 50 mq. Ad esse si aggiunge un’ulteriore deroga inserita in sede di passaggio alla commissione Itre e legata a ragioni di fattibilità tecnica ed economica: con questa clausola è possibile prevedere eccezioni fino a un massimo del 22% del totale degli immobili (in Italia circa 2,6 milioni di edifici) eccezioni che, comunque, non potranno protrarsi oltre il 2037 e dovranno essere oggetto di una richiesta specifica alla commissione da parte degli Stati membri.
Una direttiva, quella sulle case green, che va osservata con attenzione nella sua evoluzione: essa, infatti, per quanto probabilmente sarà oggetto di non pochi negoziati e compromessi a livello comunitario, quando applicata avrà sicuramente un forte impatto sulla vita quotidiana dei cittadini e delle cittadine europee. La lotta al cambiamento climatico sta lentamente ma inesorabilmente prendendo piede nelle istituzioni, e questo obbliga i governi degli Stati membri, così come i singoli cittadini, ad andare oltre la semplice proclamazione di principi, mettendo in pratica azioni concrete per la riduzione delle emissioni.