Home Articoli Rivista Idea «Nei miei dipinti metto in evidenza le verità nascoste»

«Nei miei dipinti metto in evidenza le verità nascoste»

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Lo hanno definito “l’ar­tista delle don­ne”, si chiama Mat­teo Fieno e nell’atelier di Diano d’Alba dipinge ri­tratti femminili con uno stile che è già identificativo. E che lo ha portato nel frattempo a inaugurare una mostra (“Vir­tus, Virtutis”) al complesso monumentale Sant’Anna dei Lombardi di Napoli, per un prestigioso confronto con l’opera di Giorgio Vasari.

Fieno, come è cominciata questa avventura?
«Era il mese di luglio 2021, vengo contattato da una persona che si occupa dei social del Sant’Anna dei Lombardi. Mi propone di rielaborare le virtù di Vasari in chiave contemporanea, basandomi sulla mia pittura che rievoca – mi dicono – le figure allegoriche del ’500. Lusingato, prendo tempo per documentarmi. Poi comincio a lavorarci, preparo due o tre tele di 1,5 per 1,5 metri e quando i miei committenti le vedono, ne rimangono entusiasti. Co­mincia una collaborazione via Instagram che andrà avanti per 12 dipinti (su 19 virtù) e da lì nasce l’idea dell’esposizione a Napoli, dopo il contatto con la direttrice del museo con cui si crea un legame molto stretto. Fino all’inaugurazione della mo­stra».

Per allestirla ha derogato dal­la sua linea artistica?
«Sono quasi sempre figure femminili anche quelle di Vasari, forse è stato il motivo che li ha spinti a credere in me. Certo, i quadri sono diversi da quelli tradizionali del mio brand, so­no più in stile classico, rinascimentale, si discostano da tutta l’arte contemporanea anche se attualizzati con colori e tecniche attuali, però lo stile è più coerente con quello classico».

È entrato in sintonia con lo spi­rito del Vasari?
«Sì, non ci dormivo la notte per capire come accostarmi a un artista così grande che fu anche storico dell’arte. Ho cercato di non essere naïf, ho letto libri. C’è tanto da guadagnare rielaborando una scritta, una griffe, sbombolettando nell’arte contemporanea e c’è tanto da perdere confrontandosi con i grandi del passato, perché hanno già lasciato il segno prima di te e rischi di fare una brutta figura. Dipingere in stile classico richiede più tempo, ora le tecnologie digitali consentono mille scorciatoie. Mi sono mes­so con pazienza e ho dipinto strato su strato, come una vol­ta, puntando su piccoli dettagli che insieme creavano l’effetto che desideravo. Sempre nel rispetto del grande Vasari».

Questo influirà sui suoi prossimi lavori?
«È stata un’esperienza importante che sicuramente come artista mi ha fatto crescere, del resto uscire dalla comfort zone fortifica sempre. Sì, può essere un’opportunità per puntare su altri progetti più impegnativi».

Le pesa la definizione di “artista che dipinge le donne”?
«Mi è stata attribuita dai critici, con il tempo me la sono presa sia perché effettivamente mi ha avvantaggiato e poi perché è una responsabilità, non un dettaglio di marketing, nei confronti delle persone che hanno creduto in me».

Nei suoi nudi non c’è erotismo.
«Ho sempre cercato di smarcarmi dai risvolti dell’erotismo, dalla mercificazione o la volgarità. Anche perché sono un ometto sposato, porto i bimbi a scuola…».

Però, come ha detto, il suo brand è raccontare le donne.
«Sì ma non c’è niente di più pop delle donne, altro che la 500, la Vespa o la Coca Cola. Però non ho mai cercato di fare qualcosa per l’immagine, le mode passano e allora, o le hai inventate o passi con la moda stessa. Ho sempre voluto essere un artista che nel tempo rimanga fedele a se stesso, cercando di seguire un criterio. Gli artisti hanno l’attitudine all’errore, ma chi lo fa con il cervello di altri resta un piccolo artista, chi lo fa con il proprio può essere un grande artista. Meglio sbagliare a modo mio, senza farmi tentare da scorciatoie o suggerimenti accattivanti».

Come è nata questa “missione”?
«Casualmente, grazie a mia moglie che voleva appendere un nudo femminile in casa. Lei quando ha in testa un’idea diventa particolarmente convincente e così ho cominciato, un po’ per gioco. Avevo fatto esperienza al liceo artistico, lavorare con le modelle non era per me una cosa nuova. Ho fatto qualche prova, mi sono arrivati buoni feedback. All’inizio era semplicemente un hobby, poi un secondo lavoro e oggi è il mio primo lavoro».

Che cosa vuole evidenziare con i suoi ritratti?
«Cerco di mettere in risalto la particolarità che rimane celata, la nota enigmatica che incuriosisce e costringe le persone a riflettere davanti ai quadri. Mi piace immedesimarmi nei personaggi, evidenziare il non detto, l’aspetto celato che ognuno rivede in se stesso. Oggi tutti devono dire tutto, invece spesso la cosa non detta conta di più. Ci può fare del bene o del male, ma stimola la curiosità».

Resta legato al territorio delle Langhe?
«Sì, con un legame molto stretto, perché questo è il territorio che mi ha dato la possibilità di definirmi come artista. È il luogo giusto per l’ozio creativo, l’ispirazione nel relax, per stare bene con se stessi. Ho avuto la possibilità di andare via, ma non l’ho fatto perché amo questa terra con tutto me stesso, come la mia famiglia».

C’è un progetto nel futuro?
«Ne ho uno che è, appunto, legato al territorio. Un nuovo lavoro che cambierà totalmente la dimensione della mia attività. Ne approfitto per fare un appello: cerco foto d’epoca di vecchie classi femminili, im­magini in bianco nero con le maestre e le bambine in posa. Se fossero del territorio, ancora meglio».