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L’opinione di Massimiliano Giansanti

«Le viti resistenti sono la necessità del futuro. Abbiamo sempre più bisogno di piante che non si ammalino e che producano anche in siccità»

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IL FATTO
Il cambiamento climatico incide sulle produzioni agricole in misura crescente, mentre si diffondono tecniche per difendere le coltivazioni senza l’uso di sostanze chimiche: può essere la soluzione giusta?

C’è un altro tema di grande attualità che è destinato a creare dibattito: quello legato alla sostenibilità ambientale nella produzione agricola e a tutti i risvolti commerciali connessi. Par­tiamo dalle parole pronunciate da Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, durante l’appuntamento del Vinitaly a Verona. «Le viti resistenti – ha spiegato in quell’occasione Giansanti – sono la necessità del futuro. Avremmo bisogno di piante che non si ammalano e riescono a produrre in condizioni di siccità, soprattutto in un anno come questo in cui non piove». Se ne parla già da qualche anno: il cambiamento climatico incide sempre più sulle produzioni agricole e la scienza può indicare soluzioni.
E così la considerazione del massimo esponente di Confagricoltura è sicuramente condivisibile, ma apre a una serie di riflessioni. In che modo la scienza può portare un contributo senza stravolgere la qualità e la sicurezza degli alimenti? Viene da pensare al dibattito sulla carne sintetica.
Giansanti ha detto più approfonditamente: «Una viticoltura sostenibile non potrà non confrontarsi con l’uso di vitigni resistenti e con le nuove tecniche per ottenerli, come la cisgenesi e il genoma editing». Di che cosa si tratta? «Si parte dai “genitori nobili”, i vitigni originari – ha sottolineato il numero uno di Confagricoltura -, per ottenere, con tecniche non Ogm, vitigni resistenti a mutamenti climatici e ad agenti patogeni e che quindi permettono di ridurre fino al 70% l’uso di fitofarmaci». Una questione non da poco, forse decisiva per il futuro sostenibile dei vitigni e quindi della produzione di vini.
Ma non è così semplice: «Nei confronti di queste tecniche tuttavia permangono troppi pregiudizi – dice ancora Giansanti -, con gli ostacoli derivanti in primis dalla legislazione europea che le equipara agli Ogm, bloccandone di fatto la diffusione, e dalla burocrazia che prevede iter autorizzativi lunghi e complessi. Il nostro auspicio è che questi ostacoli possano essere a breve superati, in modo da dare nuovo impulso alla ricerca e alla sua applicazione in campo, a beneficio dell’ambiente, dell’economia e della società».
In tutto il mondo si cercano soluzioni per ottenere uve più sane con piante resistenti, si studia e si sperimenta in decine di università. Una violenza sulla natura? Chi sostiene di no sottolinea come la maggioranza delle viti in Italia crescano su portainnesti che garantiscono l’immunità dalla fillossera. E poi che agli incroci alle selezioni massali e clonali, si è sempre intervenuti per addomesticare la vite. Certo, la tecnica del genoma editing (per silenziare i geni “cattivi” di una pianta) presenta rischi potenziali. Ma non si tratta di Ogm, non si aggiungono geni estranei. Se ne rimuove uno. Ciò permetterebbe di ottenere piante che resistono a iodio e peronospora.