Correva l’anno 1928 e Lena era una bambina purtroppo da poco rimasta orfana della sua mamma. Il giorno di Natale di quel triste anno si svegliò e iniziò a piangere disperata. Suo padre, preoccupato della situazione difficile che doveva affrontare, da solo con dei figli piccoli, nel sentire quel pianto si precipitò da Lena per chiedere cosa fosse successo. La risposta lo lasciò basito. «Mi voj i bumbun del Bambin!» diceva tra le lacrime. «Voglio i confetti di Gesù Bambino». Fu in quel modo che il papà di Lena scoprì che la moglie tutti i Natali preparava una sorpresa che lasciava sotto il cuscino dei suoi bambini: raccoglieva i frutti del mandorlo che cresceva in giardino e li confezionava con albume e zucchero. Quelli erano i Confetti di Gesù Bambino.
Il mandorlo del racconto si trova a Ceretto, tra Busca e Costigliole Saluzzo, sulle stesse colline su cui, grazie a un microclima particolare, si raccoglie la dolce uva Quagliano e si coltivano gli ulivi, mentre oggi Lena ha 100 anni. A raccontarmi questa dolcissima storia è suo nipote, Matteo Monge che se l’è portata appresso fino a quando, tre anni fa, insieme a sua moglie Veriana ha piantato nell’appezzamento di terra di fianco alla loro casa di Villar San Costanzo ben 280 piante di mandorlo. Due le varietà utilizzate, Penta e Macaco, con differenze tra loro dal punto di vista vegetativo, di dimensioni del frutto e di profilo organolettico, ma con in comune la fioritura tardiva, in modo che l’impatto con le gelate primaverili sia il più esiguo possibile. «I mandorli hanno bisogno di escursione termica e i cambi climatici e la conseguente assenza di freddo stanno mettendo in difficoltà i mandorleti nelle zone più calde italiane e contemporaneamente, grazie a una scelta corretta della varietà impiegata, è diventata possibile la coltivazione in Piemonte, dove a oggi i produttori sono circa una quarantina».
Chi scrive ha sempre desiderato andare in Sicilia durante la fioritura dei mandorli che avviene di solito tra gennaio e febbraio. Non c’è mai stata occasione, ma ad aprile, con molto meno sforzo e molta più gioia, sono andata a farmi inebriare dal profumo intenso dei fiori bianchi screziati di rosa che crescono a Villar San Costanzo. Più gioia perché la storia di Undes addolcisce l’anima quasi più della fragranza che vi circonda. Undes è la ragione sociale dell’azienda agricola che Matteo e Veriana hanno costituito. Undici è un numero ricorrente nella loro famiglia: date importanti e anni di nascita circolano lì attorno, ma il vero significato dell’azienda sta nel concetto di “agricoltura coltivata in famiglia” perché i loro figli Francesca, Rachele e Angelo ne sono parte integrante. Le coltivazioni estensive, biologiche e naturali di mandorle, di Pignulet, il mais tipico del cuneese, degli ortaggi, le arnie da cui ricavano un ottimo miele, la mucca Macchia e l’asino Milli diventano esempio di lavoro, ma soprattutto di educazione per i ragazzi. E anche di condivisione. Un modello, quello di Veriana e Matteo, che potrebbe essere d’ispirazione a molti.