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Tutta la genialità di michele ferrero in una biografia

Presentato il libro di Salvatore Giannella che ripercorre la vita dell’inventore della Nutella

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Da pochi giorni è in libreria la pri­ma biografia de­di­cata all’uomo «delle intuizioni geniali, della visione internazionale e della capacità di ascoltare gli altri». Non a caso il libro di Sal­vatore Giannella, edito da Salani (288 pagine, 18 euro) ha per titolo “Michele Ferrero – Condivid­e­re valori per creare valore”, ovvero la stessa filosofia che parte dal celebre motto “lavorare, creare, do­nare” e che ha animato il grande imprenditore albese, capace di creare un mito mondiale come la Nutella, in un contesto contrassegnato dalla massima attenzione alla qualità dei prodotti, alle esigenze dei consumatori, al benessere dei dipendenti. Un imprenditore sociale, che aveva a cuore le persone: collaboratori e clienti. Lui come Olivetti, in un’epoca in cui il lavoro non lasciava spazio ad altre considerazioni.

Il libro è uscito martedì dopo essere stato presentato in tre diversi incontri: uno riservato alla stampa in Fondazione Ferrero, alla presenza del presidente Bar­tolomeo Salomone e del responsabile delle relazioni esterne Raoul Romolo Ven­turi. Poi un altro incontro in forma privata per i senior Ferrero e infine nella serata pubblica con il contemporaneo debutto nelle librerie. L’autore Giannel­la, nato nel 1949, giornalista, ex direttore delle riviste L’Eu­ropeo, Ge­nius e Airone, ha svelato alcuni dei numerosissimi aneddoti in cui si è imbattuto durante il lavoro svolto per scrivere il libro e se ne ha tenuti fuori tanti, è stato per non trasformare la biografia in agiografia: «Per esempio, sono partito dagli esperimenti che Michele Ferrero svolgeva a scuola, mescolando di nascosto le giuste dosi per amalgamare polvere di nocciole e castagne. Era già allora un visionario che non si arrende davanti a nessuna difficoltà». Ma lui si descriveva come un “super timido”, il racconto della sua prima imbarazzata missione ad Asti per proporre la pasta di Gianduja creata dal padre Pietro, meriterebbe il set di un film. Il libro intanto immerge la figura del fondatore dell’impero in un contesto famigliare, anche grazie ai ritratti dei genitori del signor Michele oltre al ruolo della moglie Maria Franca, che arrivò in azienda come traduttrice delle riviste tecniche nella fase in cui stava partendo l’espansione oltre i confini.

La vivacità creativa di Ferrero è sintetizzata nell’episodio che racconta di quella im­provvisa esigenza comunicata ai collaboratori per individuare «un segretario notturno», perché «la creatività non si ferma di notte e le buone idee è meglio coglierle prima che sfumino all’alba». Serviva qualcuno che registrasse in tempo reale le idee e prendesse nota. Dopo l’iniziale esitazione un collaboratore accettò, salvo poi ammettere quanto le fosse costato diventare «segretario pipistrello». Gian­nella racconta persone speciali e luoghi magici. Come ad esempio Stadtallendorf, sede della prima azienda Ferrero in Germania (oggi la nazione che più ama la Nutella e dove la ricetta prevede una dose maggiore di cacao) che durante il nazismo fu centro strategico per la produzione di ar­mamenti. Il signor Michele fece la sua scelta contro il parere di molti. «Era stato un luogo di distruzione di massa, che Ferrero avrebbe trasformato in “nutrizione di mas­sa”», ha spiegato Giannella. Fino al capitolo su Bruxelles: «Un giorno il generale Dalla Chiesa comunica alla famiglia che due terroristi sono stati catturati e ci sono le registrazioni dei pedinamenti all’insaputa di Michele Fer­rero. Dalla Chiesa suggerisce alla famiglia di trasferirsi per un po’ al collegio maschile di Moncalieri. Da lì il successivo viaggio in Belgio, che diventerà cuore strategico dell’attività multinazionale senza realmente interrompere il legame con le origini, con Alba e lo stabilimento da dove l’avventura è partita e che ancora diffonde profumo di nocciole, dove sono impiegati circa 4mila dipendenti.

Il legame persiste ed è fortissimo con tutto il territorio delle Langhe, proprio con quelle colline da dove i primi lavoratori della Ferrero arrivavano e rientravano agevolmente ogni giorno sui pullman messi a disposizione dal loro generoso datore di lavoro. E a coloro che chiedevano al signor Michele, dopo i primi grandi successi commerciali, di chi fosse il merito di tanta genialità rispondeva sempre: «Lo devo alla Madonna di Lourdes». Perché la fede è sempre stata per lui un riferimento fondamentale.
Il libro racconta anche alcuni momenti importanti nella vita dell’azienda. Restando sempre a distanza di sicurezza dalla politica. Quelle scelte strategiche che oggi verrebbero definite “glocal” e che lo stesso signor Michele spiegò così: «Non saremo niente in Italia se non saremo grandi in Europa», una svolta che anticipava di gran lunga – siamo negli anni ’50 – il Mercato comune europeo.

L’espansione procede per gradi ma è inarrestabile. Co­me quando Ferrero incontra il general manager della divisione Turchia su un aereo dell’ex esercito sovietico così rumoroso che, dirà lui stesso: «Ci siamo intesi a gesti». Si parla di nocciole. In quegli anni, in Cile, la Ferrero acquista 200 ettari da destinare a noccioleti e ne aggiunge poi 150, chiama gli agricoltori e dice: «Vi portiamo le nocciole del Pie­monte, le migliori al mondo, vi portiamo anche le tecnologie per raccolta e lavorazione, garantendovi l’acquisto per dieci anni». Nel giro di poco tempo il Cile diventa terzo produttore di nocciole al mondo. Altri dettagli del mosaico: la capacità di accendere l’imprenditoria locale, poi il tema sociale e la Fondazione Ferrero, le aperture anche in Africa sempre con l’obiettivo di favorire la popolazione locale. Partendo da una scelta accurata dei manager. Significativa la testimonianza del presidente Bartolomeo Salomone: «Nel ‘73 avevo 18 anni e la mia scuola, come altre, segnalò alla Ferrero i nominativi degli studenti migliori. Io seppi di essere tra questi solo quando risposi alla convocazione per un colloquio preliminare. Ci andai pensando di declinare l’eventuale offerta, perché avevo già scelto di iscrivermi al corso universitario di Economia a Torino. Insistet­tero. Mi dissero: cerchiamo talenti da formare, si organizzi per lavorare e studiare. Lei crescerà assieme a noi e non ci lascerà più. Una previsione azzeccata».

Significativo anche il ricordo di un particolare progetto rimasto tale: la “Cittadina”. Si trattava di un’auto immaginata da Michele Ferrero per tutti i lavoratori, facile da parcheggiare perché dotata di quei sensori che solo oggi sono comuni sulle nostre vetture. Il patron andò a Torino a parlarne con Umberto Agnelli. Propose la sua idea perché sapeva che la Fiat aveva bisogno d’aiuto: «Le affido il brevetto chiedendo in cambio le prime mille auto prodotte». Ma i responsabili torinesi del laboratorio nuovi progetti dissero che i costi sarebbero stati troppo alti e non se ne fece nulla. Un peccato.