Ci sono immagini potenzialmente più forti delle parole. Ad esempio quelle dello scenario che si trovò di fronte Jack Cambria il giorno dell’indicibile tragedia del World Trade Center: «Tra tutte le situazioni difficili che ho affrontato, il disastro del 2011 è sicuramente qualcosa che non dimenticherò mai». Immagini indelebili, anche nella mente di un uomo forgiato dal suo difficile lavoro, l’ex capo dell’Élite Negotiation Team del New York City Police Department, un uomo capace di governare ogni emergenza. «Ci fu il collasso di 220 piani – ricorda Cambria – e tra le macerie molti corpi rimasero intatti, ma furono praticamente cremati dalle altissime temperature degli incendi. Ero lì con la mia squadra. Ricordo quelle sensazioni tremende, ma anche la necessità di rimanere focalizzati sul nostro lavoro». Come sempre ha fatto e come oggi insegna: dominare le emozioni, governarle per non finire sopraffatti.
Cambria, ospite di Be4innovation, ne ha parlato durante l’incontro con gli imprenditori organizzato da Alambicco Academy al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. Il messaggio più importante che ha lasciato a quella platea? «L’importanza della capacità di “ascoltare”, sottolineando la differenza che c’è rispetto a “sentire”. Molte persone credono che sia la stessa cosa e invece c’è davvero molta differenza. Ascoltare significa capire ciò che la persona che abbiamo di fronte vuole comunicarci». E questa è una buona regola che si può applicare in tanti ambiti perché, come afferma Cambria: «Le negoziazioni di polizia ma anche quelle commerciali sono comunque dei confronti guidati dalle emozioni. In un caso puoi ritrovarti a parlare con qualcuno che minaccia di usare una pistola, nell’altro magari c’è in ballo un affare da un milione di dollari. Le emozioni però guidano sempre quei momenti. Il negoziatore è proprio qui che deve intervenire, deve essere il primo a saperle controllare: se non lo fai saranno loro, le emozioni, a controllare te. Con il rischio che quella pistola possa sparare o che quell’affare vada perduto».
L’ex comandante del team negoziazione ostaggi, dall’alto della sua lunga e qualificata esperienza, ha tenuto la sua lezione torinese con esempi puntualmente concreti per la platea, proponendo sullo schermo anche una breve ed esilarante scena con Gigi Proietti per evidenziare le tante sfaccettature della comunicazione. Che però, secondo Cambria, ruotano attorno a tre regole base: «Primo, creare il rapporto con l’interlocutore. Secondo, stabilire un senso di reciproca fiducia. Terzo, trovare un compromesso e arrivare alla soluzione, all’accordo. Non sono sicuro che si debbano usare modalità diverse in base per esempio all’età di chi abbiamo davanti a noi. Bisogna in generale avere un approccio educato, mai far pesare negativamente la situazione. Le annotazioni critiche vanno sempre fatte solo dopo un apprezzamento. Di solito, come poliziotto, ho sempre avuto a che fare – in queste situazioni – con persone che non volevano parlare con la polizia. E magari avevano anche i loro motivi per questo. Ma dovevano farlo, dovevano fidarsi, anche se non ne avrebbero avuto voglia. E allora la fiducia va conquistata, ma richiede tempo, proprio per il discorso delle emozioni che entrano in gioco».
Viene da pensare al ruolo di Cambria in altri possibili contesti. Per esempio, in tempo di guerra in Ucraina, all’utilità di una negoziazione su quel campo, dentro al conflitto. Non sarebbe praticabile? «Noi che abbiamo questa specializzazione siamo lontani da quella dimensione – ribatte Cambria – perché lì si entra in un dibattito che ha a che fare con la sfera politica. Per quanto riguarda l’Ucraina, quello che penso è che Putin abbia una precisa strategia, un suo programma stabilito che intende perseguire. E su questa base una negoziazione risulta impossibile».
La forza delle parole che a volte non può bastare. Cambria, le è mai capitato di dover operare nel mezzo di una sparatoria di quelle che, purtroppo, negli Usa sono frequenti? «Gli Stati Uniti sono forse il paese che ha il maggior numero di vittime per armi da fuoco. Tutti hanno una pistola. Ricordo bene il caso di Orlando, in Florida, nel 2016, quando ci furono 49 vittime e 52 feriti. Dopo la carneficina il killer si era chiuso in un bagno e aveva smesso di sparare, ma c’erano alcuni ostaggi vivi. Fu fondamentale rallentare l’azione della polizia, perché lui avrebbe potuto sparare a uccidere ancora, tra gli ostaggi, gli agenti stessi. C’era il rischio di aumentare il numero delle vittime innocenti. E allora sì, anche in quella situazione la negoziazione si rivelò molto importante». E poi, sullo schermo, ecco una foto suggestiva: si vede Cambria in azione, vicino a due agenti e a un ragazzo di colore, seduto sull’orlo di un cornicione, all’ultimo piano di un grattacielo. L’esperto racconta il dialogo con il giovane – che si chiama DaLove, ovvero “L’amore” -, deciso a suicidarsi. A partire dalle prime battute: “DaLove, ho bisogno di parlarti… No, tutti vogliono parlarmi, non ascolto più nessuno! Hai ragione, io voglio ascoltarti”. Fino al lieto fine, al reintegro del ragazzo in una comunità e poi in società.
L’arte di negoziare «Controlla sempre le tue emozioni»
Jack Cambria, ex dirigente di Polizia a New York, ha spiegato l’importanza delle trattative alla platea di imprenditori convocati da Alambicco Academy