Dall’analisi dell’Organizzazione Mondiale della Meteorologia, il Piemonte è stato, nel 2022, la zona più arida d’Europa. Sempre il 2022 si è chiuso con un meno 40% di pioggia e nei primi mesi del 2023 si è registrato un deficit del 65%. Con le precipitazioni nevose che non hanno contribuito a diminuire le percentuali. Le temperature sono aumentate di un grado e mezzo rispetto all’andamento climatico degli ultimi trent’anni. Dati allarmanti ai quali non sfugge anche la “Granda”. Tra le attività produttive, a esserne colpita in modo devastante è soprattutto l’agricoltura in tutti i suoi comparti. La Cia con il presidente regionale, Gabriele Carenini, e quello provinciale di Cuneo, Claudio Conterno, esprimono la loro forte preoccupazione per i giorni a venire. Dice Conterno: “Il problema riguarda l’intero territorio nazionale, ma le aree del Piemonte e della nostra provincia ne sono particolarmente danneggiate. In questo periodo vediamo l’orzo e il grano, alti una trentina di centimetri, che stanno già mettendo la spiga: troppo in anticipo rispetto a una maturazione normale. Con l’inevitabile calo della produzione. Un allevatore di bovini mi ha detto di dover ridurre i capi perché, pur con le stesse superfici sulle quali distribuire le colture necessarie ad alimentare gli animali, non riesce più a ricavarne il cibo sufficiente per tutti”.
Quindi? “Se l’assenza di acqua e le temperature alte continueranno a manifestarsi nei prossimi mesi, verranno inesorabilmente colpite tutte le colture. E le prospettive sono poco incoraggianti, perché si può prevedere un calo delle produzioni del 50%”.
Soluzioni? “Il Governo Meloni ha deciso che a gestire il problema sia un Commissario. Va bene, ma bisogna iniziare subito a prendere delle decisioni. Siamo a maggio, già in forte ritardo rispetto ai disastri che potrebbero verificarsi più avanti. La Regione Piemonte deve farsi sentire e battere cassa con l’esecutivo nazionale. Individuando, poi, una strategia di aiuti per le aziende che, è inevitabile, andranno in forte crisi. In un momento difficile come l’attuale, bisogna garantire agli imprenditori del settore una redditività sostenibile. Non basta solo spendere parole. Se andiamo avanti così, senza individuare una strada da percorrere, c’è davvero il rischio di trovarsi in autunno con tanti agricoltori costretti a chiudere. I piemontesi sono abituati a mai lamentarsi, a stare zitti. Però, adesso sono stufi”.
Ma non solo. “Rimane sempre in ballo la costruzione degli invasi. Su quelli macro serve un ragionamento da parte del Governo, facendo presto. Sui micro, soprattutto quelli aziendali, è necessario che la Regione riduca al minimo gli iter burocratici: altrimenti li realizziamo tra dieci anni. E sarà tardi”.
Concetti condivisi dal presidente regionale Carenini, che afferma: “In pochi anni siamo passati dall’essere una delle regioni – ahimè – più toccate dalle alluvioni, a diventare la zona d’Europa con i maggiori problemi di siccità. Adesso, anche se piovesse qualche giorno le colture primaverili sono già compromesse. Ma, se questa situazione persistesse, anche le perdite delle altre produzioni sfiorerebbero la metà del raccolto. L’acqua è vitale per l’agricoltura”.
Cosa proponete? “Come Cia ci siamo spesi molto nell’indicare come la costruzione dei grandi e dei piccoli invasi rappresenti l’unica soluzione per trattenere l’acqua quando c’è e utilizzarla quando serve. Anche perché è la sola strada possibile per continuare a produrre le nostre eccellenze riconosciute in tutto il mondo. Inoltre, bisogna riprendere la manutenzione dei canali irrigui lungo i quali si perde oltre il 30% di quanto viene distribuito. Il Governo deve progettare un Piano idrico nazionale, che tenga conto delle specifiche realtà regionali”.