Il grano duro italiano ha costi di produzione intorno ai 1.400 euro per ettaro. Con i prezzi attuali di vendita, gli agricoltori del settore non riescono nemmeno a coprire le spese perché incassano 1.100 euro a ettaro. La coltura è sul gradino più alto del podio nel nostro Paese come superficie utilizzata e materia prima alla base della pasta: un’eccellenza del Made in Italy. Ma se, nelle ultime settimane, il prezzo del grano duro è sceso del 40%, quello della pasta sugli scaffali è aumentato in media del 30%. Poi, c’è un altro problema. L’Italia, per produzione è in cima alla classifica europea e occupa il secondo posto a livello mondiale. Eppure, nonostante la performance, resta anche il secondo Paese importatore al mondo. I grani esteri, a differenza di quelli italiani, hanno standard qualitativi, di salubrità e costi di produzione molto più bassi. La questione ancora peggiore, però, è che riescono a determinare il prezzo del nostro cereale. Cosa si può fare? La Cia si è impegnata a sostenere la coltura e in quest’ottica è partita la petizione per salvare il grano nazionale. Attraverso una raccolta firme su change.org (https://chng.it/zVC8sWyT75), si intende tutelare e valorizzare il cereale e la pasta Made in Italy e dire no alle speculazioni commerciali messe in atto sulla pelle dei produttori e dei consumatori, come le importazioni massicce e incontrollate dall’estero e il falso grano straniero spacciato per italiano. Sottolinea il direttore provinciale di Cia Cuneo, Igor Varrone: “Un’azione necessaria per contrastare le principali cause della crisi che sta investendo le aziende del settore, tra crollo vertiginoso del valore riconosciuto al grano duro italiano e gli insostenibili costi di produzione. Senza interventi immediati, gli agricoltori saranno costretti ad abbandonare la coltivazione della coltura per scarsa redditività”.
Nella petizione, Cia chiede al Governo il riconoscimento dei costi medi di produzione ai cerealicoltori, maggiori controlli sull’etichettatura, l’istituzione della Commissione Unica Nazionale del grano duro per una maggiore trasparenza sui prezzi, il potenziamento dei contratti di filiera fra agricoltori e industria e l’avvio immediato del Registro Telematico dei Cereali.
Conclude Varrone: “La situazione è sempre più inaccettabile e rappresenta uno schiaffo sonoro all’agricoltura. Di conseguenza, serve da parte delle Istituzioni ogni intervento possibile per il monitoraggio, la trasparenza e la tutela della qualità e delle quantità di grano nazionale utilizzato per produrre la pasta e il pane consumato ogni giorno nel nostro Paese. Ma non solo. Occorre anche dare forza, come agricoltori e cittadini, all’azione del governo per difendere il cibo italiano. In modo che una pasta 100% Made in Italy sia veramente tale, senza possibilità di inganno per i consumatori”.