«Fuggita dai Talebani, mi batto per le donne»

Costretta a lasciare l’Afghanistan, Fatima Haidari oggi continua la sua battaglia per i diritti femminili

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Nella storia di Fatima Haidari è racchiuso il peggio che l’umanità possa esprimere – ossia l’odio, la violenza e la prevaricazione dell’uomo sull’uomo, o meglio dell’uomo sulla donna, nel caso specifico – ma anche il miglior messaggio di speranza. Fatima, 24 anni, è cresciuta in un villaggio afghano. I suoi sei fratelli, tutti più grandi di lei, non hanno potuto ricevere un’educazione scolastica. Lei inizia a fare il pastore ma, di na­scosto, comincia a studiare. Scrive con le dita sulla sabbia per imparare. Quando ha dieci an­ni la famiglia si trasferisce a Herat: lì, con i lavoretti di artigianato che realizza a mano e che vende con l’aiuto della mamma, ricava il denaro necessario per acquistare i libri e così la sua formazione cresce giorno dopo giorno. Riesce anche a frequentare le scuole e si appassiona del­la lingua inglese. In parallelo, dà supporto a ragazze afghane fuggite dalle zone dilaniate dalla guerra e fonda un’associazione per l’emancipazione femminile. Si iscrive all’università: studia giornalismo e comunicazione. Nel 2020, inizia a lavorare come guida turistica e conduce una trasmissione in radio dedicata alle donne. La sua attività non è vista di buon occhio, specie dagli uomini afghani: viene criticata, sbeffeggiata, osteggiata. Ma non molla. Fino all’agosto del 2021, quando tornano al potere i Talebani. Allora, si trova davanti a un bivio: scegliere tra morire e vivere. Lei sceglie di vivere e così fugge. Per miracolo si salva dalla furia talebana e riesce a raggiungere l’Italia. Oggi vive a Milano ed è una studentessa della Boc­coni. L’Asses­sorato al Turi­smo di Alba l’ha in­vitata al Castello di Grinzane per l’evento del 2 giugno incentrato sui talenti, sulla cooperazione e sulla creatività Unesco (ne parliamo nel box a destra). Noi l’abbiamo intervistata.

Fatima, cos’ha provato fuggendo dai Talebani?
«Una sensazione terribile…».

Riesce a raccontarcela?
«Sentivo di non appartenere più al mio Paese, di aver perso tutto quello che avevo. E poi mi chiedevo: perché vogliono pu­nirmi senza che io abbia commesso alcun crimine?».

Perché allora tanto odio?
«Perché siamo donne e, nel mio caso, anche perché appartengo a una minoranza».

Non si è mai sentita persa?

«Sì, credevo fosse un film horror, invece era la vita reale».

La realtà dei Talebani…

«Era terribile vivere tra i colpi di arma da fuoco dei Talebani. Ho sentito spari vicino a me, ho visto persone uccise. Com­bat­tevo per essere viva. E a Kabul ho anche pensato di morire. Ma grazie a Dio sono viva».

Come si risolve la situazione?

«I Talebani devono accettare di cambiare. Hanno estromesso le donne, ma anche tutte le minoranze. E non hanno una strategia chiara: così l’economia sta crollando e le persone stanno morendo di fame».

Che scenario immagina?
«Presto gli afghani non avranno più nulla da perdere e protesteranno, anche con violenza. Sa­ranno arrabbiati e combatteranno».

Cambieranno mai i Ta­lebani?
«Quasi impossibile: le loro men­ti non hanno ricevuto un’istruzione e, pertanto, sono piene di estremismo e violenza».

L’alternativa?
«L’altra via è che i Talebani si “perdano”. E questo può solo accadere con una forte pressione della comunità internazionale. Sanzioni aspre potrebbero spingerli a riconoscere i diritti essenziali alle donne e alle minoranze. Per questo motivo, non bi­sogna spegnere i riflettori».

E lei continua a farlo. In radio, in tv, sui social network, partecipando a conferenze…

«Mi ispirano le tante storie di donne afghane che ho scoperto in questi anni. Storie che, purtroppo, mi hanno insegnato tan­te cose negative del mio Paese. Penso alle donne torturate, alle giovani costrette a sposarsi, oltre a tutte le ragazze che non hanno potuto studiare».

Lei ha sempre lottato.

«Mi facevo continuamente do­mande a cui però non trovavo ri­sposte. Mi chiedevo, ad esempio, come mai quando mio fratello tornava dal lavoro, io do­ves­si preparargli il tè e lavargli i vestiti, mentre non accadeva mai il contrario. Per me era ed è inaccettabile, dato che noi don­ne possiamo pensare, studiare e lavorare proprio come gli uomini».

Ha trasformato questa rabbia in forza.
«Era ed è un dolore. Un dolore che mi spinge a studiare e a combattere contro le discriminazioni. Voglio essere “cambiamento” e non vittima delle aspettative della società. Possiamo essere delle brave madri e delle brave casalinghe, senza però dover rinunciare ai nostri sogni, ai nostri obiettivi. Ecco, io cerco di favorire questo cambiamento: sapere di aver ispirato diverse persone mi rende felice».

Come vive la lontananza dal­l’Afghanistan?
«All’inizio mi sentivo quasi in colpa. Oggi, pur vivendo la mia libertà, mi sento responsabile delle donne afghane a cui sono negati i diritti e penso a supportarle. Anche se sono distante».

E l’Italia?
«È ormai la mia seconda casa. Amo l’Italia, per gli italiani e per le sue mille attrattive turistiche».

Conosce Alba e le colline Unesco che la ospiteranno?

«Non ancora. E non vedo l’ora di scoprirle. Per imparare cose nuo­­ve e perché, per la prima volta, sarò chiamata a intervenire in una conferenza legata al mio ambito professionale: il turismo. Ne sono orgogliosa».

Come si immagina domani?
«Mi immagino come una donna forte e indipendente, che si impegna per far prendere consapevolezza a tante altre donne. E poi continuo a coltivare i miei grandi sogni».

Quali sono?
«Essere una giornalista, avere una mia agenzia turistica in Afghanistan e poi quello più grande: aprire delle scuole nelle aree più rurali del mio Paese».

Il messaggio?

«È per tutte le donne che soffrono. Iniziate a combattere con voi stesse, ascoltate il vostro cuore e i vostri sogni. Prendete consapevolezza della vostra forza».

In una frase?

«Siate il cambiamento e non vittime. E se il cambiamento appare complicato, non arrendetevi. Pas­so dopo passo, lo realizzerete».

Insomma, ama essere donna nonostante le difficoltà.

«Rinascerei donna mille volte. È una cosa potentissima».

La giovane sarà una dei grandi ospiti dell’evento che l’assessorato albese al turismo organizza per il 2 giugno

Fatima Haidari, giovane giornalista e guida turistica afghana fuggita dal suo Paese dopo il ritorno al potere dei Talebani e oggi ospitata a Milano, sarà una dei tanti importanti ospiti attesi al convegno “Generazione 1810-Dialoghi tra Barolo, Libertà e Talento”, che si terrà al Castello di Grinzane Cavour venerdì 2 giugno, alle 15. «Nei prossimi giorni verrà svelato il programma completo della conferenza – ha spiegato l’assessore al Turismo e alle Città Creative Unesco del Comune di Alba, Emanuele Bolla (foto sopra) -. L’evento è ispirato ai valori fondativi dell’Unesco, un’istituzione che nasce dalla convinzione che la pace duratura debba essere basata sull’educazione, sulla scienza, sulla cultura e sulla collaborazione tra nazioni, nel rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».