Home Articoli Rivista Idea Malattie vascolari arteriose e venose «L’importanza è nella prevenzione»

Malattie vascolari arteriose e venose «L’importanza è nella prevenzione»

La diagnostica è un ambito che riveste un ruolo fondamentale nelle valutazioni in fase di screening delle patologie dell’apparato circolatorio

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Il dottor Giancarlo Viglione è responsabile del Centro Pie­montese di Flebologia Avan­zata riconosciuto dalla So­cietà Italiana di Flebologia (Sif). E la Rivista IDEA, in questo nuovo approfondimento con il supporto del dottor Viglione offre ai lettori, alcuni consigli.

Quali sono oggi le malattie vascolari arteriose a più alta mortalità e morbilità?

«Sono sicuramente le patologie aterosclerotiche, che riguardano quasi tutte le arterie del corpo umano: in particolare le arterie carotidi, con accumuli di placche al loro interno, che generano episodi ischemici cerebrali fino ad ictus definitivo, l’aneurisma dell’aorta-toraco-addominale la cui rottura è spesso fatale, e le arterie degli arti inferiori, che si restringono e poi si occludono, provocando difficoltà di cammino, fino all’ischemia critica ed amputazione dell’arto. Vi sono poi le lesioni aterosclerotiche delle arterie renali ed oculari, che portano ad insufficienza renale e cecità. Sono interessate dall’aterosclerosi anche le arterie intestinali, che possono portare ad infarto intestinale, ad esito quasi sempre infausto, e le arterie degli arti superiori. Infine l’aterosclerosi interessa molto spesso le arterie intra-cerebrali, che, con il loro restringimento ed occlusione, portano alla vasculopatia cerebrale».

Quali sono le reali dimensioni del problema ictus?
«L’ictus è la terza causa di morte nei Paesi industrializzati e rappresenta il 10% dei decessi in Europa. Un terzo dei soggetti colpiti da ictus decede, un terzo presenta danni neurologici permanenti ed un terzo ha un recupero graduale».

Quali invece i fattori di rischio più importanti dell’aterosclerosi?

«Sicuramente l’ipertensione arteriosa, in particolare quella sistolica isolata, cioè le puntate di pressione massima, non solo per l’ictus, ma anche per l’infarto miocardico. Altri fattori sono il diabete, il fumo, le alterazione dell’assetto lipidico, in particolare un “alto colesterolo LDL, cioè quello cattivo”, una predisposizione trombofilica, l’abuso di alcool, le malattie autoimmuni ed infiammatorie ed altri fattori ancora. Ad esempio un’elevata frequenza cardiaca, che agisce da moltiplicatore di tutte le forze meccaniche sui vasi, provocando una progressione delle placche arterosclerotiche, mediante un effetto-stress sulla parete arteriosa».

Vi è una correlazione tra la patologia carotidea e la patologia coronarica, che è quella che porta all’infarto?

«Assolutamente sì: basti pensare che il 70% dei candidati a Chirurgia Arteriosa Tradizionale Aperta o Trattamento Endoluminale con Stent presenta lesioni coronariche all’esame Coronarografico. Inoltre l’infarto cardiaco è la prima causa di mortalità nei pazienti che hanno episodi ischemici cerebrali».

Come si materializza l’aterosclerosi nelle arterie?
«Con la comparsa di placche all’interno dei vasi, che prima provocano una stenosi delle arterie, che poi progredisce fino ad occluderle. La placca poi rompe il suo cappuccio e ge­nera emboli nei vari organi, con un meccanismo simile all’eruzione vulcanica, con esito spesso infausto».

Quali sono i sintomi delle patologie vascolari arteriose carotidee, aortiche e delle arterie degli arti inferiori?

«Purtroppo per ciò che riguarda la patologia carotidea, stenosi severe, anche superiori all’80-90%, possono essere assolutamente asintomatiche, e pertanto il paziente non si accorge di essere portatore di una patologia molto grave, che può portare ad un ictus devastante. In alcuni casi i pazienti accusano prima piccoli episodi ischemici cerebrali, detti TIA: sono “campanelli di allarme importantissimi” e si manifestano con disturbi visivi, della parola, della motricità degli arti, brevi perdite di memoria… Lo stesso principio vale per gli aneurismi dell’aorta toraco-addominale, che spesso e volentieri vengono scoperti casualmente, in occasione di esecuzione di esami radiologici o ecografici per altre patologie di tipo toraciche, polmonari o addominali, chirurgiche generali, urologiche o ginecologiche. Per ciò che riguarda la patologia delle arterie degli arti inferiori, molto spesso il paziente ha una difficoltà di cammino, che viene soprannominata “claudicatio”: il paziente cammina per 100-200 metri in piano (o anche meno!) ed accusa dolore ai glutei, ai polpacci o ai piedi e si deve fermare: a questo punto scatta l’allarme e vengono eseguiti gli esami che scoprono la stenosi o l’occlusione dei vasi. Per l’aneurisma dell’aorta addominale, oltre ai fattori che abbiamo detto prima, vi è una predisposizione congenita, con debolezza della parete arteriosa dell’aorta».

Quali sono le indagini strumentali che si devono eseguire per scoprire tali patologie?

«Una buona anamnesi, un’ispezione vascolare attenta, una meticolosa palpazione dei polsi arteriosi ed una ascoltazione delle arterie, possono già orientare verso i vari tipi di patologia arteriosa. È importantissima la palpazione di tutti i polsi arteriosi, fino a quelli delle mani e dei piedi e l’assicurazione che siano presenti e validi, nonché l’ascoltazione di soffi arteriosi a livello dell’occhio e del collo per la patologia carotidea, a livello addominale per l’aorta ed i vasi intestinali ed a livello inguinale e dietro il ginocchio per la patologia arteriosa degli arti inferiori. Dal punto di vista strumentale sicuramente il Gold Standard è oggi rappresentato dall’Eco-color-doppler che, in mani esperte, può scoprire precocemente stenosi carotidee importanti ad alto rischio embolico, aneurismi dell’aorta addominale sovra e sotto renale e delle arterie viscerali e stenosi delle arterie degli arti inferiori. Esiste oggi la possibilità di eseguire, con Eco-color-doppler avanzato, l’Ela-stosonografia, che è una modalità diagnostica basata su ultrasuoni che consentono la caratterizzazione tissutale, finalizzata ad analizzare le proprietà elastiche delle arterie».

Qual è la prevenzione che si deve adottare per le malattie vascolari arteriose?
«La prima prevenzione è il controllo dei fattori di rischio: è fondamentale avere un valore molto basso, intorno ai 50 mg, di Colesterolo LDL “cattivo” ed una corretta pressione arteriosa, tipo 120/80 il più possibile, con l’uso di tutti i farmaci necessari. È poi da adottarsi uno stile di vita sana, con alimentazione povera di grassi saturi e molta attività sportiva. Soprattutto, se possibile, un cammino quotidiano veloce di 30 minuti: l’OMS ha stabilito, su Ampie Casistiche Mondiali, che 30 minuti di cammino giornalieri veloci ai 5 km/ora diminuiscono di un terzo gli ictus e gli infarti».

Quali sono le terapie per le malattie vascolari arteriose?
«In primis farmacologiche: oggi si sono fatti grossi passi avanti sia per l’abbassamento del colesterolo cattivo (LDL), con uso delle nuove statine, prive di alcuni effetti collaterali, in particolare i dolori muscolari, e degli anticorpi monoclonali nonché di una vasta gamma di anti-ipertensivi, che, in linea generale, mantengono una pressione quasi ottimale. Quando la terapia medica non è sufficiente, vi è la possibilità di allargare le arterie stenotiche, in primo luogo con un approccio Endoluminale Mini-Invasivo, in Anestesia Locale Percutanea, mediante l’uso di Palloncini Dilatatori, oggi a rilascio di farmaci anti-ristenosi e, là dove necessario, uso di particolari Frese Laser o ad Ultrasuoni e posizionamento di Stent, cioè piccole mollette che riaprono le arterie e ripristinano i flussi. Nel caso tutto ciò non sia sufficiente e solo in casi selezionati si dovranno eseguire gli Interventi Chirurgici Tradizionali a cielo aperto di pulizia delle arterie carotidi, esclusione di aneurismi dell’aorta e pulizia delle arterie periferiche, gravati da ben maggiori complicanze, rispetto ai Trattamenti Endoluminali».

È possibile far regredire la placca?

«Ciò avviene molto raramente. Rimangono però fondamentali i farmaci (in particolare le nuove Statine e gli anticorpi monoclonali) per stabilizzare la placca».

Nel settore venoso quali sono le patologie a più alto rischio?

«Sicuramente la trombosi venosa profonda, che può esitare in embolia polmonare, spesso fatale, e le varici degli arti inferiori, che danno luogo a pericolose tromboflebiti che possono evolvere di nuovo in trombosi venose profonde, macchie cutanee indelebili ed irreversibili, che esitano in ulcere, difficilmente guaribili in modo definitivo».

Quali sono i sintomi?
«Purtroppo i sintomi della trombosi venosa profonda, al pari delle patologie arteriose carotidee e aortiche, sono spesso, nella prima fase, poco significativi: un modesto gonfiore e dolore del polpaccio, che poi esita progressivamente in un’occlusione venosa profonda, con un blocco della circolazione di ritorno, con insorgenza di edema e dolore sempre più importanti e pericolo di emboli ai polmoni. È assolutamente necessario eseguire il prima possibile un esame Eco-Color-Doppler e una visita Specialistica Chirurgia Vascolare, per verificare che non sia presente una trombosi venosa profonda. Per le varici invece, nella fase iniziale, spesso vi è pesantezza, stanchezza e gonfiore degli arti inferiori, mentre ancora non si rilevano varici visibili e pertanto il paziente, non avendo dolori, si preoccupa poco o nulla»

Qual è la terapia delle trombosi venose profonde e delle varici degli arti inferiori?

«Per la patologia venosa profonda è sicuramente la terapia farmacologica con l’uso di anticoagulanti, in particolare Eparina ed i Nuovi Anticoagulanti Orali, che non necessitano di controlli ematici seriati. Se vi è un’evoluzione grave del trombo verso il cuore, si possono posizionare particolari filtri di sbarramento ai trombi, detti filtri cavali, anche temporanei, che impediscono ai trombi di salire ai polmoni ed al cuore. Può essere anche usata una terapia trombolitica, che scioglie il trombo ed evita embolie polmonari o una trombectomia chirurgica. Oggi giorno è possibile posizionare, in casi selezionati, gli Stent Venosi, cioè mollette che riaprono i flussi venosi e permettono al sangue di scorrere verso il cuore. Per ciò che riguarda le varici, oltre il Metodo Classico Chirurgico di Stripping della grande safena, rivisto in forma Mini-Invasiva e Super selettiva, vi sono oggi altre tecniche, tipo le Termoablazioni Laser e Radiofrequenza, solo in pazienti selezionati. Queste Metodiche necessitano comunque di Anestesia e Sala Operatoria e sono gravate da percentuali non indifferenti di persistenza di vene residue e complicanze trombotiche. Vi sono poi trattamenti in regime puramente Ambulatoriale, in Studio Medico Attrezzato, senza nessuna anestesia e quindi senza nessun ricovero, eseguiti mediante Eco-sclerosi con Schiuma e Colle Biocompatibili, che occludono le varici».

Quale è la prevenzione delle malattie varicose, in particolare delle varici degli arti inferiori?
«Sicuramente il sovrappeso e la scarsa mobilità devono essere trattate e la calza elastica è sempre una grande risorsa in soggetti a forte familiarità venosa. Bisognerà poi eseguire per tutti i soggetti, gli uomini da 40 anni in su e le donne da 50 anni in su (soprattutto in menopausa), un check-up arterioso e venoso, che permetta di depistare le forme possibili di tali patologie, in particolare trombotiche e varicose, spesso, nella prima fase, asintomatiche o confuse con patologie di tipo neurologico, ortopedico o altre patologie».