Home Articoli Rivista Idea «Anche se il mondo corre dobbiamo non dimenticare di essere comunità»

«Anche se il mondo corre dobbiamo non dimenticare di essere comunità»

Giandomenico Genta: «Collaborazione e condivisione sono chiavi utili alla collettività, soprattutto alle nuove generazioni per originare quell’innovazione che crea un propositivo clima sociale e culturale»

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«È importante fare della vita un sogno e di un sogno realtà». Questa frase di Pierre Curie certamente tratteggia lo spirito e la personalità di Giandomenico Genta, tributarista, revisore legale, socio dello Studio Genta & Cappa, ex Presidente della Fon­dazione Cassa di Risparmio di Cuneo, già fondatore e presidente di Satispay Spa che dopo due anni di ricovero per complicanze legate al coro­na­virus è tornato ad abbracciare i suoi affetti più cari.
Riavvolgere il nastro e tornare ad aprile del 2021 non è facile, ma è importante, come testimoniano le sue parole, non parlare di dolore e di emozioni negative…
Piuttosto si colgono il rinnovato senso della vita, le passioni mai sopite, la scoperta di un’intensità di esistenza e di relazioni solide, ancorate ad una consapevolezza sempre nuova, il senso più urgente e profondo dell’intensità di ogni attimo e ogni incontro. Senza dimenticare la voglia di impegnarsi per gli altri, per i giovani di questo nostro territorio, ancora più preziosa, perché nasce dalla motivazione fortissima dell’uomo determinato e attento ai bisogni della comunità che vuole condividere il meglio di quello che ha appreso dalla malattia, dalle emozioni vissute, dalle sue solitudini ma anche dai suoi doni.

Dottor Genta, come si è accorto di aver contratto il virus?
«Beh ho cominciato manifestando i classici primi sintomi: febbricciattola, tosse, do­lori muscolari… Poi sono ar­rivati i segnali che indicavano un peggioramento della ma­­lattia, sino al ricovero nel reparto di rianimazione dell’O­spedale di Cuneo, a cui devo assolutamente un ringraziamento ed in particolare alla dottoressa Nicoletta Bar­zaghi e a tutto il suo team per la professionalità, la presenza e la premura».

Quando ha avuto la sensazione che piano piano tutto fosse superato?

«Ho percepito che tutto stesse lentamente procedendo quando dopo diversi trasferimenti in strutture più adatte alla mia situazione sanitaria, sono giunto al Centro Riabilitativo di Fioren­zuola D’Arda, dal dottor Lamberti. L’assistenza di grande livello professionale e di non comune umanità mi ha consentito un graduale recupero generale. È stato un percorso duro, soprattutto nei primi giorni. Gli specialisti che mi hanno seguito e mi sono stati vicino offrendomi anche supporto morale, han­no dimostrato tanta pazienza e confortante umanità. Insie­me alla mia famiglia, agli amici, ai colleghi, mi hanno spronato a continuare a credere in questo percorso».

Caratterialmente è una persona determinata, appassionata, curiosa… Nel corso di questi due anni, alla luce delle difficoltà che si è trovato a superare, quanto ritiene che le sue doti umane l’abbiano aiutata
?
«Ho un carattere forte che mi sostiene, ma non posso nascondere che talvolta attimi di sconforto abbiamo fatto parte di questo lungo cammino. Ho colto nel tempo che l’esito della battaglia dipende anche dalla determinazione con cui la si affronta e allora, confortato dalla mia famiglia e dagli amici che non mi hanno mai fatto mancare il loro affetto, non ho mai smesso di pensare in maniera positiva».

Quale il ricordo del suo ritorno a casa?
«La prima sensazione è stata quella di grande gioia, di felicità nel ritrovare i miei figli Anna e Gianmarco, mia mo-glie, ma soprattutto ho riassaporato il piacere di poter cenare per la prima volta dopo due anni nuovamente tutti insieme».

Adesso che l’emergenza pare sotto controllo, che cosa non dovremmo disperdere di quel periodo definito “sospeso”?

«Penso sia doversoso non dimenticare che chi ricorda vive due volte. Il bisogno di memoria, di raccontare una vita vissuta, è una necessità condivisa e sentita, in una società che tende a consumare immediatamente e a di­men­ticare tutto, rischiando di disperdere il patrimonio di umanità che le generazioni hanno accumulato e trasmesso. I ricordi raccontati non lasciano solo tracce personali, ma sottolineano quanto in ogni vita ci sia un pezzo di storia. E oggi, io penso, ci sia bisogno di sguardi, parole e gesti che sappiano indicare un orizzonte possibile di futuro buono e così infondere speranza, aiutando ciascuno di noi a non fuggire dal presente, a non disperdere energie e tempo in dibattiti, mentre il mondo corre e non aspetta».

Se dovesse esprimere un de­siderio, chiedere che si avverasse un sogno, quale la sua richiesta Dottor Genta?
«Io non ho un sogno personale, individuale, anche perché forse il più grande lo ho già realizzato. Continuo però a immaginare e auspicare il meglio per la mia Cuneo e tutta la nostra bellissima provincia Granda. Credo, e fortementente mi sono sempre impegnato, in una collaborazione tra le persone che non devono dimenticare che profondere il loro impegno per gli altri viene sempre restituito, anzi centuplicato dalla riconoscenza. Coordinazione, collaborazione, condivisione sono chiavi utili alla collettività, soprattutto alle nuove generazioni per originare il naturale processo d’innovazione che crea un positivo e propositivo clima sociale e culturale. Madre Te­resa di Calcutta affermava che il mare è fatto di tante gocce. Noi siamo quindi tante gocce e la predisposizione o l’impulso di ciascuno di noi deve essere messo al servizio della collettività. Questa è stata sempre la mia visione, lo spirito che ha guidato e guida la mia vita».