Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, è uno dei cuneesi che ha conosciuto meglio Silvio Berlusconi. Oggi, dunque, il suo ricordo vale ancora di più. E noi di IDEA lo abbiamo raccolto.
Presidente Cirio, ricorda la prima volta in cui ha incontrato Silvio Berlusconi?
«Era novembre 1994, io non ero ancora in politica. Alba era sommersa dal fango come l’Emilia-Romagna poche settimane fa. Stivaloni di gomma ai piedi e pala in mano, ero impegnato con altri ragazzi a ripulire la città. Berlusconi, all’epoca, era presidente del Consiglio e venne ad Alba per portare la vicinanza del Governo e verificare i danni».
Cosa la colpì?
«All’arrivo decise di salutare noi ragazzi prima di avvicinarsi ai politici. Non venne per commiserarci, ma ci sferzò con forza d’animo, ci diede una grande energia e ci disse che dovevamo ricominciare in fretta per ripartire meglio di prima».
Berlusconi era legato alla Granda. Si pensi, appunto, alla visita nell’alluvione 1994 e alla sua presenza, ad Alba, ai funerali di Pietro Ferrero e a quelli di Michele. Che ricordo ha?
«Ricordo perfettamente il giorno del funerale di Pietro Ferrero, un uomo straordinario a cui ero molto legato. In quell’occasione, Berlusconi partecipò al funerale in Duomo, ad Alba. Quando entrò in chiesa e incontrò il signor Michele ci fu un lungo abbraccio tra i due. Rimasi molto colpito da quell’abbraccio perché era silenzioso, ma pieno di significato. Non ho visto soltanto due tra gli uomini più straordinari che il nostro Paese abbia mai avuto, ma ho visto due padri. Questo passaggio mi aveva commosso tanto e fatto capire, ancora una volta, l’umanità che caratterizzava il signor Michele e il presidente Berlusconi».
L’episodio vissuto con lui che non dimenticherà mai?
«Negli anni in cui sono stato parlamentare europeo ci siamo frequentati parecchio. Sono state tante volte ad Arcore: Berlusconi era molto interessato all’attività a Bruxelles, e in generale alla politica estera; il confronto con lui era sempre prezioso. Il ricordo che porto con me, oltre alle tante volte in cui mi ha dato consigli, è recente. Eravamo proprio ad Arcore, seduti sul suo divano giallo, e lui mi ha detto una cosa che non scorderò mai e che ora considero estremamente preziosa. Mi ha detto che apprezzava il nostro lavoro alla guida del Piemonte e che era dispiaciuto che io fossi diventato presidente quando lui era già vecchio, perché avremmo potuto fare insieme molte più cose importanti per il Piemonte e per l’Italia».
Com’era nel privato?
«Era entusiasta e generoso. Faceva di tutto per far sentire le persone a proprio agio e si interessava davvero a loro. Non era artefatto, ma sempre spontaneo. L’ultima volta che sono stato ad Arcore, a marzo, ha chiesto dei miei figli e, quando gli ho raccontato delle nostre due cagnette, ha voluto che facessi una videochiamata a mia moglie per vedere i nostri animali. Amava gli animali».
Lo ha descritto come un generoso. Qualche curiosità?
«Non andavi mai via da Arcore senza qualcosa in mano, fosse una cravatta (ne conservo una decina e adesso sarò più attento a utilizzarle, per conservarle con cura), un libro o un oggetto più prezioso. L’ultima volta, ricordo, mi ha regalato una coperta di cashmere. “La sera quando torni dalla giornata di lavoro, te la metti addosso per rilassarti”, mi ha detto. Era una di quelle persone che quando sei sulla porta ti aiutano a indossare il cappotto, che ti accompagnano alla macchina. Lui lo faceva sempre».
Parlavate della possibilità che diventasse Capo dello Stato?
«Parlavamo di tutto, perché era curioso e informato su qualsiasi argomento. Mi chiedeva come andavano le cose in Piemonte, seguiva i dossier più importanti, si faceva mandare la rassegna stampa. Nel Bonus Piemonte, che abbiamo lanciato per sostenere la ripartenza delle attività dopo il lockdown nel 2020, c’è il suo zampino».
Dibattevate pure di calcio?
«Sì, sapeva che ero juventino e spesso scherzavamo, a seconda dei risultati. Ha sempre avuto un grande rispetto per la Juventus, alla quale riconosceva una specie di nobiltà».
I familiari come porteranno avanti la sua visione?
«Ho avuto l’onore e anche il piacere di conoscere molti membri della sua famiglia perché nei pranzi di lavoro che facevamo ad Arcore spesso si aggiungeva uno dei suoi figli. A loro spetta ora un compito importantissimo che è quello di continuare le attività imprenditoriali del papà con la stessa determinazione, passione, impegno e lungimiranza, ma sono certo, conoscendoli, che hanno tutte le carte in regola per poterlo fare al meglio».
L’aspetto del Berlusconi politico che le piaceva di più?
«Berlusconi ha lasciato un segno profondo nella politica italiana: per forza, ci saranno un prima e un dopo di lui. Il suo segno è il valore della libertà che è sempre stato il faro della sua attività politica e del suo programma di governo del Paese, unito alla determinazione con cui ha lavorato per l’unità del centrodestra. Uniti si vince, questo Governo l’ha dimostrato».
Cosa succederà a Forza Italia? E lei che ruolo avrà?
«Questo è il momento del lutto e del ricordo, ci sarà tempo per affrontare la riflessione politica che segue la scomparsa del fondatore del nostro partito. Di una cosa, però, sono sicuro fin da ora: Forza Italia sopravviverà se saprà essere una comunità unita che porta avanti i valori di cui ho appena detto, ovvero difesa della libertà e unità del centrodestra. Ed è un compito che ci coinvolge tutti, me compreso».
Cosa le è rimasto dentro dopo aver partecipato ai funerali del Cavaliere?
«È stato molto bello vedere la commozione di così tante persone intorno a Berlusconi. Lui ne sarebbe stato felice: non si dava pace del fatto che ci fossero persone capaci di provare sentimenti di odio nei suoi confronti. D’altronde molti suoi detrattori sono diventati famosi proprio per essere stati tali. Sono convinto, però, che se tutti i cittadini avessero potuto trascorrere un’ora con Berlusconi, avrebbero sicuramente apprezzato il suo valore umano».