Piemonte Land of Wine, l’ente che raggruppa i consorzi vinicoli piemontesi, ha eletto il suo nuovo presidente. La guida del Direttivo è stata assegnata a Francesco Monchiero, classe 1975, enologo e produttore vitivinicolo nell’area roerina, già impegnato dal 2013 nella conduzione del Consorzio Tutela Roero.
Per approfondire i punti chiave e i tratti distintivi del suo nuovo mandato, noi di IDEA lo abbiamo intervistato.
Monchiero, che emozioni le suscita aver ricevuto questo incarico?
«Sicuramente è una bella emozione, è stato riconosciuto il lavoro che ho fatto in questi dieci anni di presidenza al Consorzio del Roero; fondamentalmente è da lì che arrivo. Era da nove anni che facevo parte del Cda di Piemonte Land of Wine, quindi conosco già bene le dinamiche e il funzionamento. Si tratta di un organo che aveva bisogno di riforme e lo scorso Cda è intervenuto in tal senso, per cui bisogna ringraziarlo. Penso che con queste nuove riforme si possa fare meglio e ancora di più di quello che si è fatto fino a oggi per il comparto del vino».
L’elezione suggella ulteriormente il suo forte legame con il settore vinicolo.
«Sono nato nel mondo del vino, essendo un figlio d’arte. Mio padre è infatti un enologo professionista, un cosiddetto “wine maker”, che ha sempre lavorato per aziende di tutta Italia e anche all’estero per produrre vini di qualità. Sono nato in Piemonte, per poi trasferirmi – a sette mesi – ad Orvieto, dove mio padre dirigeva uno stabilimento. Mentre tutti i miei amici giocavano con “Goldrake”, io mi divertivo a scaricare l’uva dentro la tramoggia. Ho poi studiato Enologia ad Alba e successivamente ho messo in piedi quella che è la nostra cantina. Essendo dunque anche un produttore di vino, posso dire di avere una visione a 360 gradi su quali siano le necessità per il futuro del nostro mondo».
Ha dichiarato che la sua presidenza sarà improntata a una totale apertura verso tutti i consorzi. Quanto è importante questo aspetto?
«È una direzione impostata già dallo scorso Cda. Si tratta di un lavoro che abbiamo sempre fatto molto bene e cercheremo ancora di migliorare. Già prima, organizzando le fiere, si mettevano assieme degli stand comuni a cui anche i consorzi più piccoli, con pochi produttori, potevano avere la possibilità di prendere parte. Fermo restando che tutti i consorzi devono mantenere la propria identità, e che quindi Piemonte Land of Wine non deve entrare nel campo delle promozioni delle singole realtà, la mia idea è legata alla valorizzazione di tutto il comparto del vino piemontese».
In che modo?
«Si deve lavorare per far diventare il brand Piemonte quello con la più alta qualità a livello italiano. Se il brand diventa forte, ne avranno benefici tutte le denominazioni, sia quelle già famose sia quelle meno conosciute. Vogliamo che dall’altra parte del mondo, leggendo una carta dei vini e vedendo la sezione Piemonte, indipendentemente dalla denominazione, nasca il desiderio di provare un vino del nostro territorio. È una cosa possibile, abbiamo l’esempio della Borgogna. È una regione molto estesa, con vini assai diversi, ma quando si legge quel nome si sa che è una zona di alta qualità: dobbiamo arrivare anche noi a una situazione analoga».
Nel suo mandato avranno un ruolo chiave pure il rispetto per tradizione, ricerca e sostenibilità. Qual è il loro peso?
«È altrettanto importante. Non si può promuovere un territorio se non lo si rispetta. Bisogna analizzare la viticoltura dov’è oggi e dove dovrà andare in futuro. C’è già molta attenzione da parte dei nostri viticoltori nei confronti dell’agricoltura sostenibile, ma si può ancora migliorare. Possiamo prendere dei protocolli a livello regionale e abbandonare certi tipi di lavorazione per andare verso un ambiente sempre più pulito. Ricordiamoci che in Piemonte il turismo è molto legato al vino e al cibo e anche a un’offerta outdoor. È giusto pertanto che i turisti trovino un ambiente pulito e rispettato: lavorerò con i miei collaboratori in questa direzione».
A proposito di turismo, sarà importare alimentare il rapporto sinergico con i vari enti.
«Abbiamo enti di turismo che lavorano molto bene sul territorio e lo hanno unito. Dobbiamo proporre iniziative comuni, mirando alla sostenibilità, per proporre ai turisti un’offerta sempre più ricca. Stanno nascendo di continuo percorsi di passeggiate. Già quattro anni fa, come Consorzio del Roero, istituimmo dei “wine tour”. Sono iniziative che i turisti gradiscono in modo particolare, visto che vengono qui anche per apprezzare i nostri paesaggi, il nostro museo a cielo aperto. L’unione fa la forza, bisogna quindi lavorare con il comparto turistico e instaurare un ottimo rapporto con la politica, ricordando che il grosso dei contributi per tali promozioni arriva tramite fondi regionali».
Qual è la situazione del mondo del vino a livello nazionale?
«Nel panorama del vino italiano c’è qualche ombra. Alcune regioni hanno allargato le maglie degli impianti, altre hanno puntato su una produzione che verte più sulla quantità che sulla qualità, per cui ci sono giacenze. La Regione Piemonte, da questo punto di vista, è messa molto meglio. Ha saputo darsi delle regole e autogovernare le denominazioni in modo differente. Quando le cose andavano bene abbiamo pensato di regolamentare gli ettari che potessero essere messi a dimora ogni anno, si è puntato sulla qualità – abbiamo addirittura il 90% del vino prodotto con Denominazioni di Origine Controllata -, per cui abbiamo davvero un vantaggio che non bisogna disperdere. Visto che siamo stati bravi, adesso dobbiamo farlo sapere a tutto il mondo».
Da un punto di vista personale, per il suo nuovo incarico è dunque questo l’auspicio più grande?
«Assolutamente sì. Per ora sono solo pensieri nella mia mente, ma se in questo breve mandato riuscissi a mettere in moto la macchina che porterà il Piemonte a un altro livello in termini di percezione mondiale sarei davvero felice. È questo il sogno che ho da tutta la vita. Come dicevo, inoltre, desidero creare una forte coesione tra i consorzi, in modo tale che non ci siano differenze e che attorno a questo tavolo tutti si sentano uniti nella consapevolezza di produrre vino per il Piemonte».
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo