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«Con la matematica porto collegamenti alla cultura globale»

Olivia Caramello, docente universitaria, ha creato a Mondovì l’istituto Grothendieck: «Un’unica conoscenza»

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Un progetto visionario per la matematica, capace di mettere in relazione discipline differenti. Un progetto a tuttotondo nato a Mondovì dall’intuizione e creatività della professoressa Olivia Caramello, docente di matematica all’Università dell’Insubria, a Como, e presidente dell’Isti­tuto Grothendieck, “neo­­nata” eccellenza monregalese. Olivia Caramello è nota a livello internazionale per le sue ricerche sui topoi di Grothendieck e la teoria unificante dei “ponti” topos-teoretici. Il suo è un percorso da record: maturità scientifica a 16 anni, a 19 la laurea triennale e a 21 la magistrale presso l’Università di Torino. Poi le esperienze all’estero, prima del ritorno in Italia nel 2017. L’Istituto Grothendieck, è stato presentato nel dicembre 2022 al Politecnico di Mon­dovì attraverso il convegno “All’ascolto della voce delle co­se. Un progetto visionario per la matematica e non solo”. Bis parigino a giugno, con il convegno sold out “Visioni in matematica: da Grothendieck ai giorni nostri”.

Professoressa Caramello, par­tiamo dalla fondazione dell’Isti­tuto Grothendieck. Co­­me è nata l’idea e qual è la vostra missione?
«Ho deciso di fondarlo nella mia amata città natale di Mondovì allo scopo di creare una scuola matematica di livello internazionale dedicata allo sviluppo di nuovi metodi e tecniche per creare “ponti” tra settori differenti della matematica e più in generale della conoscenza. Una parte importante della nostra missione è quella di formare una nuova generazione di ricercatori con tali competenze e di sviluppare il dialogo interdisciplinare a tutti i livelli, in una concezione globale e unitaria della conoscenza quale quella che aveva il grande matematico Grothen­dieck. Un’altra parte della no­stra missione è quella di valorizzare l’eredità culturale di Grothendieck – che non è stato soltanto un matematico ma anche un grande scrittore, un visionario e un attivista a livello sociale e politico – attraverso iniziative volte a diffondere le sue idee e la sua opera e a rendere fruibili per la collettività i contenuti degli ultimi manoscritti che ci ha lasciato (circa 60.000 pagine!)».

Il 14 giugno avete organizzato all’Istituto Henri Poincaré di Pa­rigi (foto), il convegno “Vi­sio­ni in ma­tematica: da Gro­thendieck ai giorni nostri”.
«L’obiettivo era quello di stimolare un dibattito sulla nozione di “visione” in matematica e, più generale, sull’importanza di concepire la conoscenza in modo globale e unitario piuttosto che settoriale. In effetti, ai giorni nostri, l’iperspecializzazione dei saperi e la preoccupazione per le applicazioni immediate tendono a minare l’importanza di sviluppi teorici ampi e di lungo termine. La risposta del pubblico è stata molto intensa e positiva».

Lei è una scienziata di fama internazionale. Quando ha ca­pito che la sua strada sarebbe stata nella matematica?
«È stato all’età di 13 anni. Compresi che sarebbe stato il campo in cui avrei potuto esprimere nel modo più completo la mia creatività; ero attratta dalla nozione di verità matematica, e più ancora dal suo processo di scoperta, ovvero dal concetto di dimostrazione. In quei primi anni, ho effettuato diverse ricerche personali nell’ambito della teoria dei numeri e della combinatoria; queste esperienze mi hanno permesso di in­staurare un rapporto personale con la materia, svincolato dalla formalità delle lezioni scolastiche e dall’aridità delle “ricette” che ci venivano impartite per risolvere problemi elementari. Tale era la passione, che decisi di saltare l’ultimo anno di liceo per studiare matematica all’università il più presto possibile. Poi i miei stu­di sono proseguiti in Inghil­terra, all’Università di Cam­bridge, dove ho conseguito il Dottorato e sono rimasta come ricercatrice per altri tre anni. Successivamente, mi sono spostata in Francia, dove trascorro tuttora diversi mesi (ho avuto una cattedra all’Ihes per tre anni, e da settembre sarò affiliata all’Università di Parigi-Saclay)».

Vige il pregiudizio che gli uo-mini siano più portati per gli studi scientifici. Cosa suggerirebbe alle giovani che vogliono intraprendere una carriera nelle scienze?
«Di seguire le proprie passioni senza farsi condizionare dalle mode, dai pregiudizi o dagli stereotipi. Non vi è alcuna r­a­gione oggettiva per la quale le ragazze sarebbero meno portate dei ragazzi per gli studi scientifici; anzi, una sensibilità di tipo femminile può essere cruciale nello scoprire nuove conoscenze. Lo stesso Gro­thendieck parlava dell’importanza cruciale del “femminile” in matematica».

Si parla spesso di “cervelli in fuga”. Cosa pensa dello stato di salute della ricerca nel no­stro Paese?
«Abbiamo un patrimonio artistico, naturalistico e culturale unico a livello mondiale, ma in molte delle nostre università prevale una mentalità “localistica” piuttosto che “internazionale”; basta considerare il numero di stranieri che lavorano nelle nostre università, che è davvero esiguo, rispetto, ad esempio, ai numeri di Francia o Germania. A livello di reclutamento, sia di dottorandi sia di docenti o ricercatori senior, ci sono rigidità, legate in parte al funzionamento della pubblica amministrazione ma non solo, che rendono difficile l’attrazione dei migliori ricercatori con principi “meritocratici”. Il Mi-ni­stero negli ultimi anni ha messo in campo una serie di iniziative – io stessa sono rientrata attraverso il bando “Rita Levi Montalcini” – ma c’è ancora molto da fare. D’altra parte, le professioni di tipo universitario sono sempre state poco valorizzate dai nostri governi, i quali hanno destinato, e continuano a destinare, risorse in misura troppo limitata».

Qualche accenno alle prossime attività in programma?
«Prevediamo l’organizzazione a Mondovì, per il mese di settembre 2024, della 4a edizione del convegno mondiale sulla teoria dei topoi, con relatori di fama internazionale e anche una scuola con corsi introduttivi utili per i neofiti e i giovani che vogliono avvicinarsi a questo campo di studi. Contiamo inoltre di lanciare le attività del Centro Studi Grothendieckiani dell’Istituto, attraverso una piattaforma internet con una grande quantità di materiali relativi ad Alexander Grothendieck».

Articolo a cura di Erika Nicchiosini