Comunicare un Territorio. Riflessioni e prospettive

A Palazzo Banca d’Alba, si è tenuto un incontro organizzato dall’Osservatorio Comunicazione di impresa Confindustria Piemonte

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“Comunicare un territorio, sinergie tra pub­blico e pri­vato” è stato il tema centrale dell’incontro che si è svolto a Palazzo Banca d’Alba nel corso del quale Raoul Romoli Venturi, presidente dell’Osservatorio Co­municazione di impresa Con­­­findustria Piemonte, ha dialogato con Carla Coccolo, responsabile Sviluppo Risorse Slow Food Italia; Emanuele Bolla, assessore al Turismo del Comune di Alba; Stefano Mo­sca, direttore dell’En­te Fiera Internazionale del Tar­tufo Bian­co d’Alba e Paolo Ta­ricco, re­sponsabile Relazioni Esterne di Banca d’Alba.
«L’Osservatorio per la comunicazione d’impresa di Confindustria Piemonte, abbreviato OCIP, nasce a giugno del 2020», sottolinea il presidente Romoli Venturi, «raccogliendo l’importante esperienza e storia del Club della Comunicazione d’Im­presa (CCI) – attivo per 34 anni presso l’Unione Industriale di Torino come punto di riferimento nel mondo della comunicazione professionale – per estendersi geograficamente e in termini di contenuti, con un collegamento più integrato con le strutture confindustriali territoriali all’interno di Confindustria Piemonte e assumendo una nuova visione. O meglio, diventando centro di informazione, formazione e o­rien­tamento per la realtà so­cio­economica ed industriale del territorio piemontese e per i soci, che oggi sono oltre un’ottantina. Ponendosi contestualmente l’o­biet­tivo di produrre materiale di studio che combini al meglio le teorie in ambito accademico con il mondo reale nelle sue diverse espressioni e focalizzandosi in primis sulla definizione del ruolo della comunicazione d’impresa in azienda. Abbiamo realizzato un manuale della comunicazione professionale che sarà presentato a Torino, all’Unione Industriale il 21 settembre e che desidero fortemente illustrare anche ad Alba. Un manuale della comunicazione professionale che vuole mettere in luce la professione e soprattutto la figura del comunicatore che ha una sua identità precisa e conoscenze delle tecniche specifiche. Come Osser­vatorio, siamo promotori della certificazione di questo ruolo e auspichiamo si possa concretizzare un Albo dei comunicatori professionali. Oggi invece siamo a confrontarci sul significato di comunicazione di un territorio, esempio di sinergia tra le istituzioni, le imprese private, le associazioni e tutti gli attori che inevitabilmente sono coinvolti nello sviluppo e nella promozione. Anche in questo settore, servono professionalità, chia­ri obiettivi e target. Oggi insomma è basilare un dialogo costruttivo con gli stakeholder, ma soprattutto è indispensabile uno storytelling».
Quali leve comunicative hanno portato Alba a distinguersi e a di­ventare sempre più attrattiva è stato invece, il fulcro dell’intervento dell’assessore al Turismo di Al­ba, Emanuele Bolla: «Il primo aspetto che mi sento di sottolineare è la fortuna di poter comunicare aspetti e peculiarità belle, positive di questo territorio, invitando le persone a spendere il loro tempo libero, in una città in cui si respira ancora il modello di una vita genuina, autentica. E comunicaticativamente questo messaggio è stato recepito come veritiero, coerente, sincero. E noi lo abbiamo adottato anche quando la situazione climatica ha modificato la nostra stagione tartufigena: anche in quest’occasione raccontare, dire la verità è stata una scelta premiante. Che abbiamo affrontato facendo leva sulle nostre peculiarità, ma anche su un ottimo lavoro di squadra, sulla buona sinergia tra pubblico e privato, che ritengo rappresenti un altro elemento strategico della nostra notorietà: lavorando tutti insieme si ottiene un lavoro più efficiente in termini di impiegno e di risorse».
Il posizionamento di Alba come punto di riferimento nell’enogastronomia mondiale è stato invece il tema affrontato da Stefano Mosca, direttore dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba: «La comunicazione di un territrio è molto efficace quando è molto incisiva, a valle, la strategia del prodotto e l’analisi sulla domanda. Io credo che questo sia un po’ il tema su cui ci siamo concentrati in questi ultimi anni. A cui aggiungerei una domanda spontanea: perché è successo ciò? Per la qualità diffusa della ristorazione, delle materie prime, dei prodotti di questo territorio che la Fiera ha interpretato, sia in termini di strategia sia in termini di comunicazione… Negli ultimi anni, dal punto di vista strategico, la scelta è stata quella di spostare il focus dal semplice prodotto, al suo utilizzo nell’alta gastronomia. Conse­guen­temen­te ci siamo orientati verso format esperienziali sulla cucina, cooking show e cene, con parole chiave come chef, gastronomia, eccellenze… Il target di riferimento si è allargato molto, permettondoci di interloquire con magazine che vanno dal life style a testate molto verticali nel mondo food, così come al mondo della finanza perché il tartufo bianco d’Alba è diventato, altra parola chiave, un prodotto iconico a livello internazionale e attira un certo tipo di pubblico ma allo stesso tempo, e questo è un’altra chiave del successo della manifestazione, è un evento anche molto popolare e deve esserlo, con un coinvolgimento della comunità locale importante in termini economici. E oggi ennesima svolta, assolutamente culturale, che si è posto al centro di un dibattito globale: avendo il 75% dei visitatori provenienti da oltre 70 paesi del mondo, era doveroso, sia in termini di branding che di marketing, far parlare il marchio del tartufo bianco d’Alba. Allora questo ci ha convinti ad usare linguaggi diversi, format diversi, e agganciarci a quella che poteva essere una grande crisi, e lo è stata per alcuni aspetti, l’abbiamo interpretata come una grande opportunità per introdurci in un dibattito globale più contemporaneo legato al climate change e alla sostenibilità».
«Per Slow Food il territorio è sempre stata una parola chiave». Lo ha assolutamente confermato Carla Coccolo, responsabile Sviluppo Risorse Slow Food Italia, sottolineando: «Siamo nati in questo territorio e siamo fortemente radicati a questo territorio, lo siamo sempre stati. A Bra infatti c’è la nostra sede internazionale pur essendo presenti 140 Paesi del mondo, ma qui ci sono le nostre attività principali, tutto il complesso di Pollenzo, l’Università di Scienze gastronomiche, l’Albergo dell’Agenzia, la Banca del vino… E in comunicazione la specificità di Slow Food, è stata accendere un faro su ciò che il territorio, la terra può offrire in termini di persone, produttori, prodotti… Cercando quindi di portare i consumatori a conoscere queste storie e ad assaggiare questi prodotti, ad ascoltare queste persone a raccontare anche i loro problemi… Ha dato insomma una dimensione vera, autentica… Ma allo stesso modo, anche grazie a Terra Madre, Slow Food ha permesso di comprendere che i confini politici sono relativi, quando si parla di cibo, di produzione, di consumo, di persone, di lavoratori, di agricoltori, di allevatori… Ecco dunque che facendo dialogare tra di loro le comunità si sviluppa una narrazione comune a tutte queste realtà che va ben al di là dei territori politici, dei soli confini politici ma investe un nuovo concetto di territorio che è tutto geografico e assolutamente indipendente dalle nazioni di appartenenza».
E una banca perché comunica il territorio? Lo ha ben spiegato, Paolo Taricco, re­sponsabile Re­lazioni Esterne di Banca d’Alba che ha rimarcato: «Penso che le ragioni siano diverse e distinte: una parte legata alla comunicazione e un’altra confacente alla nostra natura. Essendo Banca d’Alba una banca di credito cooperativo, anche un po’ per mission è tenuta a reinvestire gli utili sul territorio. In fondo tutte le banche di credito cooperativo lo fanno con sensibilità differenti, ma ciascuna in misura egualmente efficace: noi abbiamo deciso di esercitare una cittadinanza attiva, dando un valore alle persone, alle associazioni e ai loro bisogni e soprattutto presidiando capillarmente i territori».