Serietà, umiltà e ambizione sono fattori fondamentali in ogni ambito, a maggior ragione in quello sportivo. Essere pronti a intraprendere un percorso, fatto di esperienze e sacrifici, è il primo passo per coltivare il sogno di diventare campioni. Ne è ben consapevole Andrea Gola, tennista cuneese classe 2001, reduce da un’annata assai positiva e desideroso di prolungare la sua fase di crescita – stimolato da quella del numero uno d’Italia, Jannik Sinner -, senza dimenticare l’importanza dello studio e il legame con le radici. Noi della Rivista IDEA lo abbiamo intervistato.
Gola, questa stagione è stata finora ricca di traguardi: vittoria agli Open Bnl ed esordio al Foro Italico. Che emozioni sono state?
«Ho vinto il torneo Open, al “Monviso”, valido per le prequalificazioni agli Internazionali d’Italia. E così ho potuto giocare per la prima volta al Foro Italico. Per un giovane tennista italiano è un sogno. Quando sono arrivato lì l’emozione è stata pazzesca. Respirare quell’atmosfera è stato incredibile, sono andato anche sul centrale: in quei giorni, di pubblico, ce n’era tanto. Nel match contro Calvano, durante il secondo set, dopo aver vinto il primo, mi sono venuti i crampi per la tensione. È stata sicuramente un’esperienza per crescere, che mi è già tornata utile».
In che modo?
«Dopo Roma, sarei dovuto partire per un torneo da 15mila dollari in Slovenia ma la Federazione mi ha offerto una “wild card” per il Challenger di Torino. Ho giocato sul centrale al Circolo della Stampa Sporting, con un pubblico numeroso: grazie all’esperienza maturata al Foro Italico sono rimasto tranquillo e sono riuscito a superare le qualificazioni, giocando molto bene».
I prossimi obiettivi?
«Voglio girare il più possibile, partecipare a tanti tornei e cercare di guadagnare punti per salire in classifica. Gli obiettivi possono porre anche dei limiti, ciò che voglio è entrare in campo sereno e dare il meglio. Poi è un processo: giocando tante partite e allenandosi si può migliorare gradualmente e costantemente».
Parlando dello stile di gioco, qual è il suo colpo migliore? In cosa pensa invece di dover migliorare?
«Il mio colpo migliore, quello in cui sono peraltro migliorato di più, è sicuramente il dritto. Devo invece fare progressi nella solidità per quanto concerne la gestione della partita: non devo avere fretta».
A chi si ispira?
«Il mio idolo è Nadal, pur essendo l’unico big con cui non mi sono mai allenato. Noi della nuova generazione giochiamo tutti in modo piuttosto simile, puntando soprattutto sulla fisicità. Ho comunque uno stile “mio.” E a livello di ispirazione, come diceva qualche giorno fa Sinner a Wimbledon, il modello è sicuramente Djokovic».
A proposito di Sinner, so che siete amici.
«Abbiamo la stessa età, ci allenavamo insieme ed è stato anche a casa mia per settimane. Siamo amici da quando avevamo dodici anni. Ho giocato con lui, l’ho anche battuto e non pensavo potesse diventare così forte. Tant’è che quando ci allenavamo con il maestro Piatti mi arrabbiavo perché gli dava maggiori attenzioni: evidentemente aveva ragione (ride, nda). Jannik è un ragazzo bravissimo, umile ed è molto freddo. Gestisce bene le emozioni, questo lo aiuta tanto».
Tutto il movimento italiano è in forte crescita. È uno stimolo ulteriore?
«Assolutamente sì. Si è alzata la competizione interna ed è aumentata la fiducia. Nel mio caso, quattro anni fa ho giocato contro Sinner al Country Club, perdendo al terzo set e, dopo poco tempo lui è diventato un fenomeno generazionale: queste cose spingono a crederci e forniscono stimoli ulteriori».
All’attività sportiva affianca lo studio. Quanto è importante questo aspetto?
«Studio Ingegneria Gestionale, devo solo discutere la tesi, per cui sono ormai prossimo alla laurea. Studiare è importantissimo per avere un’altra strada rispetto al tennis, oltre che per il “dopo carriera”. Siamo in pochi a seguire questo genere di percorso, visto che toglie del tempo. Sinner, ad esempio, si è trasferito a Bordighera dopo la terza media, Piatti aveva chiesto anche a me di fare lo stesso, ma i miei genitori hanno preferito che innanzitutto portassi a termine gli studi».
Il supporto della sua famiglia è sempre stato prezioso. Suo padre Mauro, presidente della Camera di Commercio di Cuneo, è un grande appassionato di tennis. La racchetta era di casa, insomma…
«Sì, mio padre, da giovane, giocava con Moreno Baccanelli, il maestro che poi mi ha fatto crescere. Decisiva per accendermi la passione è stata anche la signora che all’epoca era la mia tata. Un giorno, a casa, dopo aver trovato due racchette di mio padre, iniziammo a fare qualche scambio davanti al garage. Fantastico!».
Pur allenandosi a Torino, lei è portacolori del Country Club Cuneo. Quanto è forte il legame con le radici cuneesi?
«Mi alleno a Torino perché lì c’è un ragazzo del mio stesso livello, quindi è soprattutto per una ragione di opportunità. Disputo però la competizione a squadre con il nome del Country Club Cuneo. Per me è importante, prima di tutto, come forma di riconoscenza verso il circolo che mi ha formato sin da quando avevo cinque anni. È una cosa che mi ha insegnato mio padre. Quando vengo qui mi sento davvero a casa, sono tranquillo e sto bene».
Per i giovanissimi del tennis cuneese lei è un punto di riferimento. Cosa prova?
«Quando al circolo vedo i bambini guardarmi o farmi mille domande per me è una sensazione piacevole. Poter essere un esempio positivo per i ragazzi della provincia è sicuramente bellissimo».
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo