Home Cuneo e valli Don Francesco Giuseppe Meyranesio e l’amico confidente “Il barone Vernazza di Alba”

Don Francesco Giuseppe Meyranesio e l’amico confidente “Il barone Vernazza di Alba”

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Dipinto di G. Sferrazza

Nella ricorrenza dei 230 anni dalla morte si ricorda, presso il centro di documentazione di Sambuco, Don Francesco Giuseppe Meyranesio, originario della frazione Castello di Pietraporzio e parroco di Sambuco dal 1768 al 1793 con una mostra che racconta la sua storia, i momenti di successo, i colpi di scena e i giudizi della scienza su questo personaggio.

La mostra è visitabile presso il Centro di documentazione di Sambuco nei mesi da luglio a settembre i sabati e le domeniche dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 ingresso libero.

Don Meyranesio è vissuto in questo angolo sperduto della montagna, lontano dai luoghi culturali di quel tempo e ha dedicato la sua vita oltre che agli aspetti religiosi, anche a viaggiare, ricercare, studiare, scrivere di storia, di epigrafia e intrattenere relazioni con grandi esponenti della cultura di quel secolo.

I suoi scritti e le sue ricerche, nei secoli successivi hanno destato commenti e interrogativi, tanto che, ancora ai giorni nostri, ci si interroga se quanto da lui prodotto in lunghi anni di lavoro sia attendibile oppure invenzione.

Ha scritto la vita e le omelie di santi e beati, di monasteri e di chiese, ha ricercato e pubblicato epigrafi latine; la sua fama raggiunse gli alti livelli della nobiltà e del clero fino al giudizio del sommo Mommsen, il massimo esponente dell’epigrafia romana.

Il suo capolavoro è il Pedemontiumsacrum. Un’opera di 450 pagine sulla vita dei vescovi torinesi e piemontesi, delle chiese e monasteridal III al XVI secolo con descrizioni di luoghi e di fatti. Sorprende come in un angolo di montagna, lontano dalle fonti di archivio, fosse possibile sviluppare lavori così impegnativi senza l’aiuto di collaboratori o altri estensori.

Si dedicò con particolare passione alla ricerca di lapidi antiche che riportavano iscrizioni di imperatori e militari romani, divinità, o epigrafi funerarie di personaggi importanti ritrovate in angoli sperduti della sua valle o nella provincia. Nella seconda metà del Settecento nacque l’epigrafia latina, la scienza che studia le antiche incisioni su marmo, che acquista dignità e si apre alla ricerca, al confronto fra gli studiosi, alla pubblicazione di testi vecchi e nuovi, e al loro inserimento in repertori.

In questo vivace rinnovamento, nel quale le iscrizioni non sono più viste come esclusivo decoro di chiese e palazzi, ma principalmente come documenti indispensabili alla ricostruzione storica, anche il Meyranesio si inserisce con autorità nella cerchia degli studiosi piemontesi, intrattenendo rapporti di lavoro con loro e soprattutto con Jacopo Durandi e il barone Giuseppe Vernazza di Alba.

Raggiunse nella sua vita una grande fama di studioso che durò per lungo tempo fino a quasi 100 anni dopo la sua morte, fino a quando, nel 1867, altri studiosi scoprirono che le sue ricerche non erano attendibili.

IL Meyranesio è stato quindi condannato definitivamente dalla critica storica e dagli studi accademici ed è stato definito un falsario su tutta la linea della sua produzione storica e di ricerca; ma nel 2014 due studiosi (G.B. Fossati e A. Vertamy) con un grande e appassionato lavoro investigativo, indagano, verificano, e scoprono lettere e documenti inediti che permettono di rivedere e riconsiderare tutta la vicenda della “falsità”, ricostruendo in un testo da loro pubblicato “Un falsario inventato”in modo analitico la personalità di don Meyranesio e il suo operare. Da questi archivi sono stati desunti documenti e corrispondenza che attestano i rapporti e i passaggi di dati e di informazioni dal Meyranesio ad altri eruditi dell’epoca, i quali fanno pensare ad un agire corretto e responsabile di don Meyranesio. In particolare egli si recò presso la casa di campagna del barone Vernazza di Alba per lo scambio di documenti storici e per osservare il grande cippo romano ritrovato sulle sponde del Tanaro verso la metà ‘700, per studiare e prendere visione dell’epigrafe su esso riportata.Il cippo oggi è conservato presso il museo Eusebio di Alba.

Successivamente però, nel 2019 alcuni studiosi dell’Università di Torino e di Genova ampliando le ricerche, hanno fatto chiarezza sul comportamento del Meyranesio, riconoscendo i meriti ed evidenziando anche le mancanze spesse volte costruite per dar lustro a sé stesso, alla storia patria, o per accreditare ambizioni di carriera.