Succedeva tanti anni fa. Avevo un collega in banca, la vecchia Cassa di Risparmio di Cuneo, che per lavoro girava tra le filiali della provincia. Essendo Massimo, questo il suo nome, un’ottima forchetta e ancora un migliore divulgatore di buon cibo, quando tornava alla base aveva la macchina carica come la slitta di Babbo Natale. Negli uffici si era sparsa la voce e un po’ alla volta, tutti facevamo i nostri ordini. La destinazione più ambita? Cortemilia. Quando tornava la sua scrivania si colorava di rosso. Carica di torte di nocciole di Giuseppe Canobbio. Io non facevo ancora questo mestiere (e quindi stiamo parlando della notte dei tempi), ma presa dalla moda del momento alla prima occasione ne ordinai una pure io. E giuro che non assaggiai mai niente di così buono! Poco tempo dopo, quasi per caso, iniziai a scrivere di cibo e di vino. Frequentai tanti corsi, studiai molto e un po’ alla volta anche il mio gusto si affinò. Si tratta di un processo lento, ma costante. Così, con le mie nuove e istruite papille, dopo anni incontrai la simpatia di Giuseppe Canobbio. Non avevo più mangiato la sua torta perché il mio collega non girava più per le filiali della Granda (a dire la verità era diventato il mio capo). Gustai di nuovo quella torta di nocciola avvolta nella carta rossa. E giuro che non assaggiai mai niente di così buono!
Sapevo descrivere meglio le sensazioni che provavo, riconoscerne l’equilibrio perfetto, il gioco di consistenze impareggiabile, il profumo ammaliante, la fragranza, ma il risultato non era cambiato. Continuava a essere la torta più buona del mondo. Allora Giuseppe Canobbio mi spiegò che la ricetta era di sua mamma Giuseppina che, questo l’ho saputo dopo, quando andava a cuocerla nel forno del paese tutti dicevano che torte buone così non si erano mai assaggiate. Qualcuno sostiene che sia stata la fortuna della famiglia Canobbio. Io andrei un po’ oltre. Quella torta è stata la fortuna di un paese, di un territorio. Miglior ambasciatore Cortemilia non poteva trovarlo. La grande lungimiranza dei Canobbio è di averla lasciata così, com’è sempre stata. Senza lasciarsi tentare di trasformarla in un prodotto industriale. L’altro importante ingrediente segreto del successo è l’affetto di una famiglia unita. Il signor Giuseppe non c’è più. Ha fatto in tempo a vedere la milionesima torta prima di andarsene, ma a continuare la sua strada c’è chi l’ha sempre accompagnato. La moglie Ester, le figlie Paola, Claudia e Barbara e i nipoti, con in testa il giovane Giuseppe. Se posso darvi un consiglio passate a Cortemilia alla Corte di Canobbio. Per una torta o per una delle altre delizie che hanno come ingredienti principali la Tonda Gentile, la leggerezza e l’equilibrio ineguagliabile. Baci, bacetti, tartufi, Brutti e Buoni e la sublime crema di nocciole Parlapà. Perché, come ci spiega Paolo Tibaldi, attore di Langa, nella lingua piemontese non esiste la parola “perfetto”, ma esiste un modo per esprimerlo. Parlapà appunto. E allora… cara famiglia Canobbio: Parlapà!
A cura di Paola Gula