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Qualità dell’aria, nuovi limiti: «l’Ue sbaglia, a rischio famiglie e imprese europee»

Gianna Gancia, eurodeputata e membro della Commissione Ambiente, Sanità Pubblica e Sicurezza Alimentare: «Ho seguito da vicino il dossier sulla qualità dell’aria in veste di unica relatrice italiana e condivido appieno l’obiettivo di ridurre gli inquinanti atmosferici e migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. Tuttavia, ritengo che sia fondamentale affrontare questa sfida in modo realistico, socialmente accettabile ed economicamente sostenibile. Questa direttiva è dannosa»

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A settembre sono ripresi i lavori al Parlamento europeo con una serie di temi di fondamentale importanza per il futuro dell’Europa e, naturalmente, dell’Italia.
Primo fra tutti, l’approvazione della Direttiva sulla qualità dell’aria, con il voto contrario della destra italiana. Ne parliamo con Gianna Gancia, eurodeputata e membro della Commissione Ambiente, Sa­nità Pubblica e Sicurezza Alimentare (ENVI), che rappresenta l’Italia in questa delicata materia.

Qual è la sua opinione sull’approvazione della Direttiva sulla Qualità dell’Aria?
«Ho seguito da vicino il dossier sulla qualità dell’aria in veste di unica relatrice italiana e condivido appieno l’obiettivo di ridurre gli inquinanti atmosferici e migliorare la qualità dell’aria che respiriamo. Tuttavia, ritengo che sia fondamentale affrontare questa sfida in modo realistico, socialmente accettabile ed economicamente sostenibile. Questa direttiva è dannosa».

Può spiegarci meglio quali sono i punti critici?

«La revisione della direttiva stabilisce nuovi standard di qualità dell’aria da raggiungere entro il 2035, un obiettivo lodevole, ma non realistico. Innanzitutto, ci sono gravi lacune nella valutazione dell’impatto delle misure proposte, che mettono a rischio la fattibilità di questi nuovi limiti. Inoltre, non tiene sufficientemente conto delle specificità regionali, come nel caso della Pianura Padana, che subirà un impatto economico devastante. La direttiva richiederebbe, infatti, la chiusura del 75% delle attività industriali in questa regione e una sostanziale interruzione del traffico veicolare, con conseguenze disastrose per le imprese, le famiglie e i cittadini. Il discorso non è molto diverso per altre regioni europee come la Catalogna, la Comunità di Madrid e i Paesi Bassi».

Quali proposte avete avanzato?

«Abbiamo chiesto di mantenere i limiti di inquinanti attuali fino al 2030 e di posticipare l’introduzione dei nuovi parametri al 2040. Inoltre, abbiamo proposto un aumento dei limiti di deroga e maggiore flessibilità per alcune regioni degli Stati membri. La nostra posizione mira a difendere l’ambiente e la salute pubblica, ma anche a ga­rantire la sopravvivenza delle imprese produttive, il benessere delle famiglie e la competitività delle nostre produzioni, ascoltando i territori altrimenti si rischia di distruggere, anziché costruire, senza portare reali e duraturi benefici contro l’inquinamento. Proposte di buon senso insomma…».

Siete stati ascoltati?

«In Commissione Ambiente, a giugno, ho presentato una proposta di minoranza insieme a 12 colleghi italiani, con il sostegno delle regioni più penalizzate dalla Direttiva, che ha portato al rinvio di 5 anni dell’adeguamento dei parametri. Nonostante i nostri sforzi, la direttiva è stata comunque approvata con 363 voti a favore, 226 contrari e 46 astensioni. Questi numeri, tuttavia, dimostrano che la posizione dei parlamentari europei non è granitica e che le nostre preoccupazioni non sono infondate. Serve più dialogo su questioni cruciali per il destino dell’Unione europea e ascolto di chi conosce i territori e le loro specificità».

Nel discorso sullo Stato dell’Unione nell’ultima Ple­naria a Strasburgo, la presidente Ursula Von der Leyen, ha fatto proprio riferimento all’unione e al dialogo…

«Da quando sono in Par­lamento, sostengo le scelte della Commissione europea quando gli interessi dei cittadini sono salvaguardati così come la stabilità economica del Paese e delle regioni che rappresento. Un invito al dialogo che è stato subito disatteso, con l’approvazione in Plenaria della Direttiva sulla qualità dell’aria, un atto di insensatezza politica. Un attacco alle regioni più produttive dell’Europa e del nord dell’Italia, come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna. In nome della transizione ecologica, sono le famiglie e i cittadini a pagare il prezzo più alto».

Quali saranno gli effetti di questa direttiva sulle attività economiche?
«La direttiva ha un impatto significativo su tutti i settori dell’economia europea, compresa l’industria, il commercio e l’agricoltura. Le regioni europee come quelle italiane hanno individuato azioni coordinate e omogenee per limitare le emissioni derivanti da attività inquinanti a cui agricoltori e allevatori si sono adeguati e si stanno adeguando. Si può fare di più, ma serve gradualità, valutazioni di impatto realistiche e incentivi agli investimenti.
Le restrizioni proposte sulla zootecnia e sui riscaldamenti domestici a biomassa portano conseguenze negative per gli agricoltori e la produzione alimentare in generale. I prezzi dei prodotti alimentari potrebbero aumentare, mettendo ulteriormente a dura prova i bilanci delle famiglie.
Lo ripeto, dobbiamo fare attenzione a non perdere di vista la realtà, considerando che molte nazioni, penso alla Cina, non adottano misure altrettanto stringenti. Senza contare che i nuovi standard comportano investimenti mas­sicci da parte delle imprese e dubito che con la situazione attuale possano permetterselo».

Si riferisce all’aumento dei tassi di interesse sui mutui?

«Il rialzo dei tassi, decimo consecutivo, deciso dalla Bce, ha un impatto negativo su imprese e famiglie. Questi aumenti rendono i mutui molto costosi e minacciano la stabilità finanziaria delle famiglie, oltre a compromettere gli investimenti delle imprese. Una situazione che può portare a un aumento dei costi dei beni e dei servizi, mettendo ulteriormente sotto pressione i bilanci familiari. La situazione economica dell’Europa, la crisi energetica, la guerra in Ucraina e la tutela della salute pubblica richiedono uno sforzo a guardare il quadro completo».

Quali sono i prossimi passi da intraprendere?

«Ora la decisione sulla Direttiva della Qualità dell’aria spetta al Consiglio. È fondamentale garantire un equilibrio tra la protezione dell’ambiente, la tutela dell’economia, il rispetto per chi lavora e l’immagine stessa dell’Europa. Personalmente, continuerò a difendere gli interessi dei cittadini europei, dell’Italia e delle regioni che rappresento, cercando soluzioni che siano sostenibili e realistiche per tutti».