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Cuneo Mostre – Il piacere della pittura e Immaginare l’invisibile

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L’evento fa parte del progetto “grandArte – Tra grandi nomi e giovani emergenti” sostenuto dalla Regione Piemonte

 

La mostra sarà visitabile dal 29 settembre al 5 novembre 2023
venerdì, sabato e domenica dalle ore 16.00 alle ore 19.00,
con ingresso libero.

 

L’evento si avvale del patrocinio del Comune di Cuneo e del Comune di Bra. La mostra dell’artista Lucio Mastrolia viene allestita anche con finalità benefiche a sostegno della Fondazione Ospedale Cuneo ONLUS. Alcune opere saranno messe a disposizione del pubblico che voglia in questo modo, attraverso una donazione liberale, contribuire alla realizzazione dei progetti avviati dalla Fondazione in favore dell’Ospedale di Cuneo.

Il piacere della pittura

Figure Luoghi Colori

dell’artista

Lucio Mastrolia

Il carattere specifico della pittura di Lucio Mastrolia risiede nella spontanea attrazione per le forme e i colori di gusto post-impressionistico, interpretato con semplicità disegnativa e vivacità coloristica. L’indole naturale che lo contraddistingue è propriamente quella del pittore autodidatta, attratto dal piacere ancestrale di adoperare i pennelli e i colori per dare corpo concreto alle immagini che gli si pongono di fronte agli occhi o che sono frutto di una sua fresca vena immaginativa.

Se consideriamo l’ambito squisitamente figurativo, gli spunti tematici del suo bisogno di dipingere possono essere diversi: si va dall’autoritratto alle scene di vita quotidiana delle popolazioni latinoamericane, dal repertorio iconografico dell’antico popolo dei Maya alla raffigurazione di sculture dell’arte classica o rinascimentale, dagli scorci di antichi insediamenti urbani o di note città d’arte inserite in contesti paesaggistici o ancora di contesti metropolitani rivisitati con intento visionario e surreale alle vedute di piacevoli interni domestici, in cui sono presenti comuni oggetti di arredo, insieme a bottiglie, bicchieri, vasi di fiori e fruttiere, il tutto reso vivace e attraente per gli occhi, grazie alla presenza dei timbri coloristici puri e all’impiego dello stile espressionistico di derivazione fauve, con echi anche da Van Gogh, accompagnato dall’utilizzo di colori vividi, fluidi ed essenziali.

Si può senz’altro affermare che l’attrazione coinvolgente e impellente per la figurazione sia avvertita da Mastrolia con lo spirito sostanzialmente espresso dall’artista accostabile al linguaggio rappresentativo caratteristico della “Naïve Art”.

Le sue opere pittoriche, poi, non disdegnano affatto di confrontarsi con la pittura astratta di impronta più squisitamente informale, di tipo sia segnico che materico. Lucio si dimostra qui al massimo della sua sincerità comunicativa, libero di lasciar fluire all’esterno il suo più intimo “duende”, per dirla con la cultura spagnola rappresentata da un Federico Garcia Lorca, ovvero la sua forza espressiva più inconscia e incontrollabile.

Enrico Perotto

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Lucio Mastrolia, nato nel 1956 a Salerno, vive e opera a Bra (Cn). È vissuto ad Eboli (Sa) fino all’età di vent’anni. Nel 1973, dopo una lunga malattia, ha eseguito il suo primo dipinto a olio su tela, seguito da una quindicina di dipinti eseguito con la stessa tecnica. Quindi, Mastrolia ha interrotto l’attività pittorica per quasi 25 anni. Nel 1983 si è laureato in medicina e chirurgia e nel 1986 ha iniziato la libera professione di dentista. Nel 1998 è tornato a dedicarsi alla pittura, dapprima come autodidatta nell’arco di cinque anni, organizzando la sua prima personale a Bra nel maggio del 2003. Verso la fine dello stesso anno si accosta a soggetti figurativi appartenenti agli ambienti e alla popolazione del Sud del Mondo (Africa, Oriente e Sudamerica). Nel corso del 2004, ha esposto questi temi a Firenze, Alba (Cn) e Napoli. Nel settembre 2004, è entrato in contatto con l’associazione Sitiarte, di cui fa parte con un ampio spazio dedicato sul proprio sito (www.sitiarte.it), partecipando sia alla prima che alla seconda e terza tappa della mostra collettiva “Un viaggio d’arte nel mondo”, con esposizioni nel 2005 a Grazzano Visconti (Pc) e a Firenze. Anche il comune di Eboli lo ha inserito nel sito degli artisti ebolitani (www.eboli.sa.it) e diversi organi di stampa si sono interessati alle sue mostre tenutesi inoltre a Roma, Milano, Torino, Modena, Piacenza, Giffoni Valle Piana (Sa), Oliveto Citra (Sa), Salerno e Napoli.


 

Venerdì 29 settembre 2023 alle ore 18.00
Al primo piano di Palazzo Samone, via Amedeo Rossi 4, Cuneo, inaugurazione della mostra

Gianni Del Bue
Immaginare l’invisibile
Mostra Antologica
1968 – 2023
Testo critico di Enrico Perotto

L’evento fa parte del progetto “grandArte – Tra grandi nomi e giovani emergenti”
sostenuto dalla Regione Piemonte

La mostra sarà visitabile dal 29 settembre al 5 novembre 2023 venerdì, sabato e domenica dalle ore 16.00 alle ore 19.00, con ingresso libero.

 

La mostra presenta un percorso espositivo che intende documentare cinquantacinque anni di attività creativa di Gianni Del Bue, attraverso una selezione di circa cinquanta opere che si possono considerare tra le più significative che il pittore di Naviante ha realizzato nell’arco della sua intera carriera artistica. 

Immaginare l’invisibile

dell’artista

Gianni Del Bue

Gianni Del Bue è un pittore, un vero pittore, anche e soprattutto per l’indole trasognata della sua personalità di artista ‘nato sotto Saturno’, che non può fare a meno di dipingere. E il fare pittura di Gianni ci conduce alla fonte più intima e genuina di ciò che si può intendere per immagine: un luogo di trasformazione, di reinvenzione dello sguardo puntato sul mondo secondo schemi unificanti, sperimentando altre forme di conoscenza, anche se destabilizzanti, del visibile.

Del Bue ha vissuto la sua stagione creativa giovanile attratto, dapprima, dagli esempi esclusivi di quella che il critico d’arte statunitense Clement Greenberg ha chiamato “astrazione post-pittorica”, dominata da una pittura bidimensionale di tipo analitico-geometrica, ben presto abbandonata a favore di una ricerca di sovrapposizioni di elementi grafici semplificati e connotati di vita naturale e oggettuale, seguiti, poi, dai guizzi bizzarri di tutta una serie di fantasmagorie policrome micro-corpuscolari e micro-figurative e dagli inserti giocosi di trame disegnate ad ago e filo, sospese tra verità e finzione, superficie e profondità. Il discorso figurale di Del Bue si orienta, quindi, sempre più in direzione di una metamorfosi di immagini libere, decontestualizzate e colte, che hanno il gusto ironico e arguto di una consapevole forma di naiveté, pervasa di figure, oggetti e luoghi del tutto stranianti e spiazzanti, ambientati tra il Tanaro e il Mincio, tra le Langhe e la città di Mantova. Di fronte ai nostri occhi si dispiegano ammalianti microstorie urbane e campestri, che emanano sapori e rilasciano umori di parlate vernacolari. Il tutto è mascherato da rinati cicli anacronistici di scene fiabesche, in cui sopravvivono ‘immagini-fantasma’ e si ripropongono montaggi di ‘memorie di immagini’ e ancora si assiste a un loro riuso sistematico, a un prelievo o ‘furto’ effettuato da un variegato orizzonte di linguaggi visuali (dalla grafica pubblicitaria al cinema e ai fumetti). Grazie al fatto di esserci lasciati cadere nelle trappole visive tese da Dal Bue per catturarci all’interno delle sue opere, siamo trasformati in cacciatori di illusioni, ovvero in soggetti via via allenati a percepire l’intreccio visionario delle sue esperienze di vita. Nei suoi dipinti, si può davvero affermare che lo sguardo si perde tra arguzie, desideri, fantasie, paradossi e stupori, che affondando nelle profondità nascoste in superficie, negli interstizi del tempo intessuto di azioni umane inspiegabili tanto quanto gli enigmi figurali di Del Bue.

Enrico Perotto

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Gianni Del Bue è nato nel 1942 a Reggio Emilia. Vive e opera a Naviante, frazione di Farigliano (Cn). Giovanissimo, ha appreso le tecniche pittoriche dal padre quadraturista e maestro di trompe l’oeil. Ha iniziato a dipingere per diletto, attratto in particolare dalle pitture di Filippo De Pisis e Giorgio De Chirico tra i moderni e di Paolo Uccello e Piero della Francesca tra gli antichi. L’interesse per quest’ultimo ha rappresentato una costante nel suo percorso artistico. Più volte si è recato a Urbino e dintorni per studiare il grande maestro antico così caro ai moderni. A metà degli anni ’60, trasferitosi a Torino, si è deciso di presentare per la prima volta due sue opere alla Società Promotrice delle Belle Arti della città, che hanno destato l’immediato interesse di Aldo Passoni, conservatore della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, che lo ha incoraggiato, invitandolo a importanti rassegne. Tra il 1965 e il 1975, la sua arte ha assunto un impianto astratto influenzato dall’informale, dalla pop art, dall’astrattismo geometrico e dal minimalismo. Ha conosciuto Emilio Scanavino a Calice Ligure, Gianni Madella e Claudio Olivieri a Milano, Filippo Avalle in Brianza, Pino Mantovani a Torino, mentre il gallerista Giancarlo Salzano ha cominciato a occuparsi del suo lavoro, assieme a quello di Carol Rama, Gino Gorza e Horiki. Ha incontrato la stima e l’amicizia di due intellettuali mantovani, Gino Baratta e Francesco Bartoli, che saranno decisivi nello sviluppo del suo lavoro, consolidando, tra l’altro, il suo rapporto con Mantova, che continuerà grazie alla collaborazione con Alberto Bernardelli, libraio gallerista, cui si devono l’organizzazione e l’ideazione di importanti rassegne a Palazzo Ducale, a Palazzo Te e presso la sua Galleria d’Arte Einaudi a Mantova. Nel 1972, ha presentato due grandi tele a Prospettiva 5 a Roma e nel 1974 dodici opere al Premio San Fedele di Milano. È stato iscritto ufficialmente nella corrente della Nuova Pittura, ma, dopo travagli e ripensamenti, ha pensato a un ritorno alla figurazione. Tra il 1975 e il 1985, ha realizzato grandi quadri, il cui supporto è costituito per lo più da un reticolo di tele triangolari cucite insieme e rese impervie da buchi, ricuciture e sfilacciamenti. Su questo fondo policentrico, ha dipinto una molteplicità di immagini, talvolta sovrapposte, prese dal mondo dell’arte e della pubblicità, quasi a sottolineare la funzione mitica e allegorica della figura. Quadri labirintici che ospitano racconti e che richiedono una lunga esecuzione, elogiati dalla critica per gli elementi anticipatori rispetto al nascente fenomeno della transavanguardia, secondo il giudizio di Francesco Poli o del postmoderno, secondo Marco Rosci. Una mostra antologica, realizzata da Janus nel 1988 ad Aosta, ha fatto il punto di tale forma espressiva e ne ha suggerito l’assoluta novità in campo nazionale. Ma è nello stesso anno che la sua irrequietezza artistica lo ha portato a una nuova trasformazione espressiva. Da Torino, si è trasferito nelle Langhe cuneesi, con fughe periodiche sulla riviera ligure di ponente, alla ricerca di una rinascita connotata da un registro pittorico di maggiore semplicità e con un rapporto più intenso con la natura e le emozioni del vivere. La sua pittura cambia, apparentemente si semplifica, assumendo la forma di un rinnovato “realismo magico”. L’artista ha capito che la contemporaneità dell’opera, il suo parlare di un tempo presente vivo e originale, non dipende dal soggetto descritto, ma da questo nuovo linguaggio figurativo. La sua opera ha trovato fin dagli esordi l’interesse critico di Enrico Crispolti e Giorgio Di Genova, oltre che l’appassionata lettura di Janus, suo esegeta, e ha anche interessato il mondo letterario. La prima recensione del suo lavoro è stata quella di Ermanno Cavazzoni nel 1969; in seguito, Sebastiano Vassalli gli ha dedicato tre componimenti poetici; Piero Meldini ha scritto due brevi racconti; e ancora Francesco Biamonti si è invento un’intervista immaginaria con il pittore. La frequentazione ligure con quest’ultimo è stata assidua, al pari di quella con lo scrittore e amico mantovano Frediano Sessi, che l’ha presentato più volte in catalogo. Nel 2006, per le celebrazioni del V centenario della nascita di Andrea Mantenga, ha realizzato la mostra Le oche del Mantegna, con catalogo a cura della Libreria Galleria Einaudi e con testi di Marco Rosci e Gianfranco Ferlisi. Del Bue è anche appassionato di musica, dalla classica al jazz. Già nel ’70, la sua pittura ha incontrato il jazz di Johnny Griffin allo Swing Club di Torino e anche recentemente ha suscitato l’interesse e lo scambio culturale di alcuni musicisti contemporanei, quali Stefano Gueresi e Giovanni Bietti. Negli ultimi anni, vi sono stati i contributi di Carlo Sisi, che lo ha ospitato al Museo Marino Marini di Firenze nel 2004, di Marzio Dall’Acqua, curatore dell’antologica tenutasi all’Abbazia Polironiana di San Benedetto Po (Mn) nel 2010, di Gianfranco Ferlisi, che gli ha presentato la personale alla Casa del Mantegna nel 2016, di Francesco Poli, Piero Meldini e Graziano Campanini, che hanno scritto per la personale intitolata Il magico quotidiano, allestita presso il Museo Civico Medievale di Bologna nel 2018, e di Alberto Bernardelli, curatore della personale presentata al Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova nel 2023.