«Le colline delle Langhe sono le più belle d’Italia. E non lo dico perché sono piemontese, lo dico perché paesaggi come i nostri sono meravigliosi come da nessuna altra parte». Dice così Ugo Nespolo, uno dei più importanti nomi del panorama artistico italiano, già presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino, dopo aver ricevuto pochi giorni fa il riconoscimento di “Maestro di Bere il territorio”, durante la premiazione del concorso letterario “Bere il territorio”, promosso da Go wine.
Un ulteriore suggello al suo legame con questo territorio?
«Vengo spessissimo nelle Langhe, ho molti amici produttori che fanno vini stupendi. E non disdegno, quando c’è l’occasione, un buon bicchiere di vino. Ho realizzato anche grandi mostre in queste zone, come la personale nella sede di Banca d’Alba tre anni fa».
Questi paesaggi che lei ama tanto si ritrovano anche nelle sue opere?
«Certo e molto spesso. Anche in un’ultima che sto realizzando per la regione Piemonte dove saranno rappresentati Alba, il tartufo, il vino. Negli anni ho disegnato molte etichette per produttori e ho partecipato a conferenze sul vino. È molto intrigante parlare di queste eccellenze».
Lei è un artista poliedrico, come definirebbe il suo modo di fare arte?
«La verità è che a me non è mai piaciuto l’artista che produce un’immagine e poi la ripete per tutta la vita, con le sue variazioni. Apprezzo di più l’artista eclettico, che si occupa di varie discipline e si approccia a tecniche diverse. Realizzo quadri quindi, ma mi occupo di cinema, letteratura, filosofia, musica, televisione e pubblicità. La mia è una ricerca continua: dalle opere dai toni giocosi ai film sperimentali. Ho creato scenografie per opere liriche e videosigle per la televisione, ho girato il mondo lavorando ad esposizioni e recital, la mia produzione comprende dipinti, sculture, film, manifesti pubblicitari, scene e costumi teatrali».
Come vede il panorama artistico giovanile?
«L’arte va, a differenza di un tempo, in direzioni disparate. Non ha più delle direttive culturali precise come negli anni delle avanguardie storiche. Pensiamo all’epoca del Surrealismo e a tutti gli artisti che lavoravano intorno a quei temi della psiche oppure al Futurismo con le sue automobili, la velocità, le compenetrazioni meccaniche. Oggi, dopo le ventate post moderne ormai quasi estinte, l’arte si è diffusa a piene mani e forse proprio come diceva il mio amico Jean Baudrillard, uno dei più grandi filosofi del Novecento, più va avanti più va verso la propria autoestinzione in senso tradizionale, cioè forse l’arte è diventata un’altra cosa. È qualcosa che accompagna la società (e forse in questo è anche un bene) nelle sue espressioni minime. Però oggi si sta diffondendo sempre più la convinzione che ciò che costa vale. l’arte ormai si è ridotta, almeno nella maggioranza dei casi, a un lavoro fatto. È diventata una commodity un po’ come la soia, i maiali o il piombo. Quindi l’opera d’arte è diventata oggetto d’investimenti. Che l’arte valga soltanto per il suo potere economico è un altro tema ancora: chi compra le opere d’arte quasi sempre cerca di comprare quello che gli si dice di comprare perché “lì sarà un buon investimento”. Un suggerimento quasi sempre sbagliato. E qui torniamo al tema di ciò che costa vale. Se lo fai costare di più varrà di più, no?».
Quando ha cominciato a pensare di voler fare l’artista?
«Beh, fin da quando ero bambino. Ho iniziato facendo gli studi artistici all’Accademia di Belle Arti e mi sono subito laureato in Lettere e Filosofia, poi ancora in Filosofia più tardi. Però l’impulso artistico c’è fin da ragazzo. Ho sempre pensato che fosse quello che mi interessava di più, che mi piaceva di più e che mi dava anche la possibilità più ampia, se trattata e portata avanti in un certo modo. Io ho sempre fatto quello che mi piaceva, senza seguire le mode».
Il suo rapporto con il cinema?
«Ho fatto per cinque anni il presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino ma, a parte questo, siamo stati in pochi a portare il cinema sperimentale americano in Italia alla fine degli anni Sessanta. Ormai sono quelle cose storiche del cinema, che una volta si chiamavano d’avanguardia. Ho fatto film assieme ad attori e personaggi importanti come i tre maggiori artisti, Lucio Fontana, Enrico Baj e Michelangelo Pistoletto, che sono stati proiettati in tutti i maggiori musei del mondo. Quindi per me è un elemento intellettuale molto importante ma è anche un gesto di libertà perché il cinema è un ambito – quello degli artisti per intenderci -esente dal commercio. Non lo si fa per guadagnare, non lo si fa per vendere opere, lo si fa proprio soltanto per l’amore del farlo. E mi è piaciuto sempre tanto».
Assegnato al maestro il riconoscimento “Bere il Territorio” di Go Wine
Domenica scorsa nella Sala delle Maschere del Castello di Grinzane Cavour si è svolta la cerimonia finale di premiazione della 22esima edizione del Concorso letterario “Bere il territorio” alla presenza della Giuria formata da Gianluigi Beccaria (Università Torino), Piero Bianucci (scrittore e giornalista), Valter Boggione (Università Torino), Margherita Oggero (scrittrice), Bruno Quaranta (La Repubblica), Massimo Corrado (Associazione Go Wine), delle Autorità, di molti soci Go Wine da varie delegazioni in Italia. A Ugo Nespolo, autore della copertina del libro dedicato a Roberto Ponzio, è stato assegnato il riconoscimento di “Maestro” di Bere il territorio, premi speciali ad Alessandro Masnaghetti (Enogea) e Aldo Lorenzoni per il libro “La Biodiversità Viticola, i custodi, i vitigni, i vini” edito da Graspo. E poi premi alla donne vignaiole de “L’Anello Forte” di Monforte e Paola Vercellotti per la sezione Generale. Nella Giuria il saluto di Piero Bianucci, nuovo componente di un parterre di personalità della cultura che accompagnano l’iniziativa dell’associazione.