In tv fa coppia con Marianna Aprile e combatte nella giungla dell’informazione politica a colpi di buonsenso. Luca Telese è tornato a rispondere alle domande di IDEA.
Nuova veste per “In Onda” su La7: cosa cambia?
«Abbiamo una nuova scenografia, gli ospiti fissi sono Alessandra Ghisleri e Annalisa Cuzzocrea, c’è uno spazio di satira con Luca Bottura. I toni? Tra l’irriverente e il divertito».
Per raccontare l’attualità italiana?
«Il momento secondo me è drammatico. Il Pil decresce, il Pnrr non si riesce ad applicare, il deficit aumenta».
La ricetta Meloni non basta?
«Il nuovo governo è arrivato con un’immagine sovranista e sulla scia di Draghi, ma non si vede ancora un cambiamento. La flat tax, per esempio, ha già subito un ridimensionamento».
E nel frattempo cosa accade?
«Che i cervelli continuano a fuggire».
In primo piano rimane la questione migranti.
«Sapete quanti ne sono arrivati dalla rotta africana nell’ultimo mese? Trentatremila. E quanti sono usciti? Trentaduemila. Eppure sembra il caos. Sono stato in un luogo di accoglienza, tra i volontari. Gli immigrati erano quasi tutti ragazzi giovani, tra i 15 e i 18 anni. Nessuno di loro voleva rimanere in Italia. In chat parlano delle destinazioni che vogliono raggiungere, Francia e Germania. Ma c’è un’altra stranezza. Sapete, nello stesso periodo, quanti sono i migranti entrati dall’Ucraina? Centottantamila. Eppure, rispetto ai profughi africani o balcanici, non ce ne siamo quasi accorti. In ogni caso non si fermano qui, fuggono dall’Italia, pronti a passare il confine da clandestini. E se i francesi li intercettano? Ce li rimandano indietro appellandosi al demenziale trattato di Dublino. È come un gioco dell’oca senza senso: i francesi li respingono ma al tempo stesso ridanno loro una possibilità. E intanto queste persone rischiano la vita in regimi dittatoriali che noi paghiamo perché li tengano lì».
Quale può essere una soluzione?
«Il governo aveva una sola ricetta per il problema dei migranti, il “blocco navale” che ovviamente è irrealizzabile. E i migranti sono raddoppiati. Ma a questo punto io dico: dobbiamo semplicemente aiutarli a lasciare il nostro Paese».
Cambiamo argomento: ci parla di “Stato di grazia”, il docufilm che ha presentato alla Mostra di Venezia?
«Dovevo fare un lavoro per La7 con il regista Ambrogio Crespi e per una divergenza sul set abbiamo cominciato a litigare furiosamente. Più tardi mi ha chiamato per chiedermi scusa, mi ha spiegato che stava vivendo un momento particolare perché doveva affrontare un processo. Gli ho chiesto scherzando se avesse rubato una macchina, mi ha risposto che l’accusa era di concorso in associazione mafiosa. Mi sono spaventato e incuriosito, ho appreso tutta la vicenda. Ambrogio era uno dei 500 imputati, coinvolto da un pentito (senza prove) e precipitato in un processo dal primo al secondo fino al terzo grado per una condanna di 12 anni. Poi è arrivata la grazia concessa da Mattarella. Una storia incredibile. Ambrogio ha venduto una casa per far fronte alle spese giudiziarie da centinaia di migliaia di euro. Ma chi non ha soldi, come fa a dimostrare la sua innocenza? E comunque i figli di Ambrogio non potranno lavorare nella pubblica amministrazione, per dire».
Negli altri paesi non si arriva a certi paradossi?
«In Italia le infiltrazioni mafiose pesano. Prendere una decisione, per un sindaco della Locride o anche della Brianza in certi casi, è complicato. Oltre al problema della criminalità, a nostro sfavore abbiamo anche una classe politica invertebrata, a destra come a sinistra. Non è questione di schieramenti. Legge-ordine? Io per esempio a Caivano vorrei prima l’esercito e poi le assistenti sociali. Sono mestieri diversi. Servono decisioni concrete, non la finzione a cui assistiamo (e a cui non crede nessuno)».
Altre situazioni incomprensibili?
«Possibile che, tornando ai migranti, tutto sia delegato alle associazioni come Caritas o Baobab? Il Paese non vede… Per non parlare delle concessioni balneari, dove un Briatore paga la stessa cifra del gestore di Roccella Jonica… Ma è mai possibile? Oppure la questione pensionati, 1 milione e 200mila boomers che sul piano dei contributi stanno per essere sostituiti dai 400mila millennials. Può funzionare il sistema? Ma allora, ben venga il salario minimo che significa anche maggiori contribuiti».
Per quale motivo c’è contrapposizione anche su temi così chiari?
«Perché i politici non li spiegano bene, del resto il Pd stesso due anni fa era contro, così come la Cgil della Camusso».
Si può pensare a una svolta?
«Solo con una coraggiosa politica riformista. E tanto pragmatismo, quello che negli anni ’60 fece erigere le Case Fanfani, ad esempio. Oppure come Di Pietro che da ministro, andando oltre la burocrazia, sbloccò la Variante di Valico e adesso posso arrivare da Firenze a Roma in meno tempo. Oppure prendete l’alta velocità, che è bloccata sulla Napoli-Bari per colpa del carrubbo, un albero messo a rischio dai lavori. Ok ma ci sarà un modo per preservarlo e procedere, no?».
E il ponte sullo Stretto?
«Sono pragmatico, lo voglio. Dice: ma non c’è l’autostrada. Arriverà di conseguenza. Ma basta con le curve sud, con il generale pazzo che vende 200mila copie di un libro dove scrive “chiudiamo gli asili perché tolgono le mamme dal focolare domestico”, basta!».
La questione delle tariffe dei biglietti aerei?
«Giusto andare avanti, se due compagnie che gestiscono i voli sulle isole fanno cartello e alzano i prezzi fino a dieci volte. Bisogna parlarne con l’Europa, trovare soluzioni».
Infine, il famigerato bonus 110 per cento.
«Ma lì dentro ci sono tutti i bonus edilizi, più persone vi accedono e più si crea ricchezza. Come il 50% sulle ristrutturazioni, il bonus sull’arredamento. Sono iniziative che si ripagano da sole. E poi altrimenti chi ristruttura, solo chi è ricco? Quindi: basta con la diffamazione, bisogna agire concretamente».
CHI È
Nato a Cagliari nel 1970 e cresciuto a Roma, è giornalista, saggista, autore e conduttore
televisivo, conduttore radiofonico e opinionista.
È sposato con Laura Berlinguer, collega di TGcom24 nonché figlia di Enrico Berlinguer, da cui ha avuto un figlio di nome Enrico
COSA HA FATTO
Era nella redazione che ha dato il via al Fatto Quotidiano, uscendone poco dopo per fondare un altro quotidiano, Pubblico. Si specializza nel
giornalismo televisivo oltre che radiofonico (su R24 con Cruciani a “La zanzara”) fino ad approdare su La7 in coppia con Parenzo
COSA FA
Da domenica 24 settembre è il conduttore, assieme a Marianna Aprile, della nuova stagione di “In Onda” programma di talk show in prima serata domenicale che di fatto sostituisce l’appuntamento fisso e molto seguito con “Non è l’arena” di Massimo Giletti. Già durante l’estate la coppia aveva guidato la trasmissione anche se in una formula diversa