Nocciole: “Qualità buona, ma ancora calo della produzione. I prezzi di vendita troppo bassi”

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In Piemonte sono 9.000 le aziende che coltivano le piante di nocciole. La “Granda” è la prima provincia sul territorio nazionale, con 4.700 aziende del settore e oltre 16.000 ettari occupati dalla coltura. La raccolta del frutto si è conclusa. Adesso si sta procedendo, utilizzando gli appositi macchinari, a selezionarlo e, in seguito, a essiccarlo. Come è andata la stagione produttiva 2023 del frutto? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Ribotta, responsabile provinciale della consulenza tecnica in campo di Cia Cuneo. Afferma: “L’annata, dal punto di vista della quantità, a livello territoriale è stata poco uniforme. Abbiamo avuto zone della provincia con una scarsa produzione, altre in cui è andata meglio. I quantitativi, comunque, sono minori dello scorso anno, che già erano stati bassi”.

Una situazione generata da quali problemi? “Come avviene da qualche stagione, soprattutto nelle aree storiche di produzione della nocciola, non hanno aiutato le condizioni climatiche. Le alte temperature, con i picchi di luglio e agosto, pur dopo la pioggia dei mesi primi, hanno causato mancanza di acqua e difficoltà nutrizionali per le piante. La sfida per il futuro sarà di rilanciare il comparto, imparando a convivere con il clima che cambia”.

Inoltre? “Abbiamo assistito a un ritorno della cimice asiatica, aiutata a rimanere attiva per periodi più lunghi proprio dalle alte temperature. I danni eventualmente provocati dall’insetto al momento non si possono ancora quantificare”.

Invece, la qualità della produzione? “La raccolta è avvenuta in un periodo favorevole dal punto di vista climatico, quindi la qualità è molto buona con nocciole di calibro che danno un’ottima resa alla sgusciatura”.

 

Il prezzo di vendita

Qual è il prezzo di vendita delle nocciole a punto resa? A inizio ottobre è stato pubblicato il primo rilevamento dell’apposita Commissione della Camera di Commercio di Cuneo: Ma il direttore provinciale di Cia, Igor Varrone, è piuttosto contrariato. Dice: “I prezzi sono simili a quelli del 2022, ma a differenza dello scorso anno si è ancora perso in quantità produttiva e sono aumentati i costi per le aziende. In questo modo non si coprono le spese. I rilevamenti non aiutano il settore, anzi lo soffocano in quanto indicano un importo a punto resa in cui non si tiene conto dell’andamento della stagione produttiva nel 2023. Se, rispetto a quella passata, la quantità delle nocciole è minore e la qualità è sempre buona, perché salvaguardata dai disciplinari Igp, i prezzi sarebbero dovuti aumentare. Invece, no. Però, poi, il mercato prende come riferimento le indicazioni della Camera di Commercio. Per cui, il comparto paga fortemente questa situazione. Oltretutto, come Cia avevamo in mano dei prezziari delle cooperative con importi a punto resa decisamente più alti. Così non va bene”.

Qual è il prezzo remunerativo? “Per essere sostenibile a livello economico e portare un piccolo margine di guadagno deve partire da 9 euro a punto resa. Altrimenti si lavora in perdita”.

 

Il futuro del settore

Sottolinea ancora Varrone: “La nocciola in Piemonte e in provincia di Cuneo è un bene storico e un valore aggiunto da difendere e tutelare. Partendo da un prezzo di vendita adeguato, capace di garantire il reddito a chi la coltiva. Certo quella prodotta in Turchia, ad esempio, costa meno, però, rispetto alla nostra, ha una qualità decisamente minore e un impatto ambientale per l’uso di fitofarmaci di gran lunga maggiore”.

Ma non solo. “Infatti. Deve anche cambiare la mentalità degli agricoltori del settore nella gestione dei noccioleti. Bisogna lavorare sulla fertilizzazione e sul pH dei terreni. E poi, quando è necessario, rinnovare gli impianti. Però, su questo aspetto, viste le difficoltà che sta attraversando il settore, dovrebbe intervenire la Regione prevedendo dei bandi specifici dello Sviluppo Rurale per co-finanziare la messa a dimora di nuovi noccioleti”.