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Gli studi sulla Sindone «Fascino che resiste»

Gian Maria Zaccone spiega il legame con Bene Vagienna e la questione dell’autenticità

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Sono stati presentati sabato 14 ottobre, nella bella cornice di Casa Raverea a Bene Vagienna, gli atti relativi alla giornata di studi della Sin­done del 16 ottobre 2021. Un incontro che ha visto protagonisti Gian Maria Zac­cone, storico e direttore del Centro Internazionale di stu­di sulla Sindone, Nello Ba­lossino, docente di elaborazione dell’immagine all’Uni­versità di Torino, criminalista e vicedirettore del Ciss e, infine, Giorgio Gagna, già professore associato di Chirurgia generale presso l’Università di To­rino e proprietario di un prezioso volume appartenuto all’abate Giovanni Botero, ori­ginario di Bene Vagienna e studioso della Sindone. Pro­motrice ed editrice del catalogo, in collaborazione con il Centro Internazionale di Stu­di sulla sindone di Torino e l’Associazione Cultores Sin­do­nis, è l’Associazione culturale Amici di Bene che persegue lo scopo di valorizzare, tutelare e recuperare i beni storici ed artistici della città. L’agile libretto dal titolo “La Sindone” contiene le tre relazioni fatte nel 2021, come spiega Gian Maria Zaccone. «Il catalogo affronta la questione Sindone secondo il punto di vista del proprio dominio di studio, incentrando la riflessione sull’immagine impressa sul lenzuolo. Balossino presenta il contributo della fotografia alla conoscenza e allo studio della Sindone. Gagna applica la sua formazione medica per fare una sintesi di quanto rivelano le lesioni presenti sul cadavere che è stato avvolto dal lenzuolo». Zaccone affronta l’aspetto storico, non dal pun­to di vista cronistico bensì metodologico riflettendo su questioni quali il rapporto nella storia tra realtà dell’immagine e il possibile status di reliquia della Sindone, soffermandosi sul complesso rapporto tra uomini e telo.

Come mai questo legame con Bene Vagienna?
«Convergono una serie di interessi nel sud del Piemonte verso la Liguria, Cuneese e Monregalese, particolarmente legate al culto della Sindone. Testimonianze iconografiche si trovano a Entracque dove esiste un affresco e ancora, tra le due guerre, persone che si chiamavano “Sindonina”. A Bene Vagienna ci sono importanti testimonianze del culto legato alla Sindone, come l’ex voto qui conservato nel quale si può vedere il committente con il suo bue inginocchiato di fronte alla Sindone. Infine uno degli “eroi” è Giovanni Botero e sul catalogo si troverà che nella sua biblioteca conservava un raro volume sindonico opera di Alfonso Paleotti, arcivescovo di Bologna, che porta una nota di possesso di Bo­tero».

Com’è arrivato a studiare la Sindone?
«Io me ne occupo dal 1977, specializzandomi sull’aspetto storico. Ci sono arrivato percorrendo altre strade, per esempio quella della ricerca sulla storia della Pietà, in particolare nei confronti dell’umanità di Cristo».

Quando si parla della Sindone ci si sofferma spesso sulla sua autenticità. Il suo percorso di studio è diverso…
«Il mio è un percorso storico. Sono convinto, sulla base della ricerca, che il tema dell’autenticità ha rischiato e ri­schia di stravolgere il significato della Sindone per gli uomini. Vi lavorammo insieme a monsignor Giuseppe Ghiberti giungendo al pensiero elaborato anche da papa Giovanni Paolo II che definì la Sindone “specchio del Van­gelo” e “provocazione dell’intelligenza”. Prima di tutto la Sindone è un’immagine. Il rapporto degli uomini con la Sindone è un rapporto immediato con l’immagine. Ma (forse) è anche una reliquia, e si riconosce in quell’immagine la passione di Gesù. Poi c’è il tema della reliquia e dell’autenticità: “è davvero il lenzuolo che ha avvolto Gesù?”. Questo è il processo scientifico. La scienza non ha verità, ha dei principi che valgono oggi ma domani possono cambiare. Anche la croce è un’immagine, ma non dà un contatto immediato come la Sin­done. Questo ha fatto prevalere il tema dell’autenticità rispetto al messaggio. Non sta alla chiesa giudicare questi argomenti che giudicano gli scienziati. Palestre del rapporto tra scienza e fede».

Qual è “il fascino della Sin­done”?
«Nel ’78, durante l’ostensione, un neolaureato Franco Garelli (sociologo, ndr) propose un questionario alla gente che andava a vederla. Ne emerse che c’era chi vi andava per curiosità, chi per pellegrinaggio, ma lì davanti il tema dell’autenticità veniva meno. Ognuno ha la sua Sindone, dice il professor Balossino. Esistono tre posizioni. La prima sostiene che non sia autentica, e quindi bisogna toglierla. Si mette in prima fila il tema della reliquia, non la ricerca per capire l’origine della Sindone. La seconda è quella degli “autenticisti a oltranza”, come diceva monsignor Ghiberti: è sicuramente autentica, se la chiesa non ha il coraggio di affermarlo tanto vale la ritiri. Si giunge dunque alla stessa conclusione. La terza: indipendentemente dall’origine e dall’autenticità la Sindone porta con sè un messaggio. La venerazione che si dà all’oggetto non va all’oggetto in sè, ma a ciò che rappresenta. È un’immagine che rimanda alla passione di Cristo, che ha bisogno di essere guardata dall’uomo per esprimere il suo messaggio. Di fronte a quell’immagine di dolore il tema dell’autenticità diventa secondario per entrare in contatto con Cristo».

Ed esercita attrazione anche nei giovani?
«Sì. Nel 2000 vi fu l’anticipo dell’ostensione per i giovani (in coincidenza con l’anno giubilare e la Giornata mondiale della gioventù, ndr). I ragazzi vi vedevano un messaggio di redenzione, sofferenza, pace, e dopo essere passati davanti al lenzuolo si raccoglievano in fondo al Duomo per pregare. E ciò avvenne in tutte le ostensioni successive. Negli anni ’70 ci fu un’ostensione televisiva in bianco e nero. Poi venne il cardinal Anastasio Ballestero e si tornò all’ostensione “come un tempo”. Quell’evento (nel ’78) fu enorme, con 3 milioni di pellegrini con code fin in piazza San Carlo e 8 ore di attesa in quelli che per Torino erano gli anni di piombo».

A cura di Erika Nicchiosini