Fabio Panetta, consigliere esecutivo della BCE, Banca centrale europea, è stato nelle scorse settimane delegato a Marrakech alla riunione del Fondo monetario internazionale, nella quale si è soffermato sulle sfide dell’Euro digitale. Qui ha incontrato, per un saluto, il Professor Beppe Ghisolfi, rappresentante dell’Italia nel gruppo mondiale delle Casse di risparmio, il quale ha colto l’occasione per formulargli gli auguri di un certamente ottimo lavoro alla guida di una delle Istituzioni più autorevoli della Repubblica Italiana, custode dell’efficienza e della funzionalità del settore bancario nazionale e protagonista sempre più attiva delle strategie di educazione finanziaria al pubblico.
Massimo economista e tra i più autorevoli esperti di eurosistema e di politica monetaria inseparabile dall’economia reale, tra il 2011 e il 2019 il Dottor Fabio Panetta è stato vicedirettore generale di palazzo Koch, diventandone quindi direttore generale fino al 2020 quando è entrato a fare parte del Comitato esecutivo ristretto della Banca centrale europea durante la presidenza di Christine Lagarde, incarico dal quale si appresta a congedarsi per assumere, dal primo novembre, quello di Governatore di Bankitalia.
La designazione al nuovo incarico apicale è stata decretata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, ai sensi della legge 262 del 2005, nella quale è stato introdotto un limite di 6 anni, elevabile a 12 in caso di riconferma per una volta solamente, alla durata del mandato del Governatore, che in precedenza era una carica vitalizia fino alle eventuali dimissioni dell’interessato.
Dall’avvento della forma di Stato repubblicana a oggi, sono stati nove i Governatori a palazzo Koch, sette dei quali già prima titolari di ruoli di vertice nel Direttorio dell’Istituto di via Nazionale. Fecero eccezione a tale prassi Luigi Einaudi, al vertice della Banca centrale del nostro Paese subito dopo la caduta del fascismo, e Mario Draghi, che al momento della nomina, operata dall’allora Governo Berlusconi, rivestiva il ruolo di Direttore generale del Ministero del Tesoro. Entrambi sarebbero in seguito diventati protagonisti della vita politico istituzionale del Paese: Einaudi come primo Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento in seduta comune, e Draghi come Presidente del Consiglio dei Ministri nella fase necessaria a fare uscire l’Italia dall’emergenza sanitaria pandemica.
Oltre a loro, anche i compianti Carlo Azeglio Ciampi e Guido Carli, dopo essere stati Governatori di via Nazionale, ebbero ruoli di primo piano nel contesto parlamentare e governativo: Ciampi come capo del governo tecnico che accompagnò l’Italia dalla prima alla seconda Repubblica, tra il 1993 e il 1994 (e poi ministro economico nei governi Prodi e D’Alema), e Carli prima ancora come Ministro del Tesoro per la Democrazia cristiana e cofirmatario nel 1991 del trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione Europea.
Tra la fine degli anni Novanta dello scorso secolo e gli inizi del Duemila, a seguito dell’ingresso dell’Italia nel sistema della Moneta unica dell’UE, la nostra Banca centrale ha ceduto necessariamente alla BCE di Francoforte la sovranità in materia di politica monetaria, conservando poteri di vigilanza, monitoraggio e autorizzazione nel settore bancario retail, commerciale e di secondo livello, a cui si sono aggiunte competenze crescenti in tema di educazione finanziaria diffusa, promozione della trasparenza delle transazioni e ausilio autorevole alla più generale politica economica del Paese.
Fino agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, la Banca d’Italia ebbe una funzione di primaria rilevanza nelle strategie di liquidità di sistema per le politiche pubbliche dei vari Governi, come soggetto acquirente e sottoscrittore di ultima istanza dei titoli del debito pubblico: ruolo che venne ridimensionato dopo il 1982 a seguito della “circolare Andreatta” (dal nome dell’allora ministro DC del Tesoro), salvo poi riprendere vigore esattamente trent’anni dopo all’interno del piano di Mario Draghi, presidente della BCE dell’epoca, di acquisto massivo (quantitative easing) di obbligazioni pubbliche per sostenere l’Euro facendo ripartire consumi e investimenti.