Lo sport è impegno, passione e speranza. Ed un atleta, un vero sportivo, deve possedere qualità non comuni: equilibrio, decisione, perseveranza, fiducia in se stesso e consapevolezza dei propri limiti. Tutte qualità che delineano alla perfezione l’identikit di Leopoldo Petrini, diciassettenne cavaliere piemontese che conta un palmares di vittorie prestigiose.
Leopoldo, quando ha capito che l’equitazione era la sua passione?
«Ho iniziato a praticare l’equitazione da piccolo, avevo 5 anni. Mi piaceva molto stare con i cavalli ed era, insieme allo sci, il mio sport. Con le prime gare e i primi successi mi sono appassionato trovando unica la possibilità di avere un “compagno” con cui andare in gara. Qualche anno fa ho lasciato gli atri sport per dedicarmi totalmente alla specialità del completo».
Ricorda la prima volta che è salito su un cavallo?
«Si, ero molto piccolo. Sono stato invitato dal cavalier Alberto Bolaffi nelle sue scuderie. Dopo qualche visita ho chiesto di prendere alcune lezioni e ho conosciuto Anita Calafiore che ancora oggi mi segue».
La sua famiglia ha subito assecondato questa attività sportiva? Come?
«La mia famiglia non ha trascorsi nell’equitazione ma ho avuto la fortuna che la passione per questo meraviglioso sport abbia “contagiato” anche loro».
Dottore Petrini, da papà di Leopoldo, quando in famiglia vi siete accorti che il ragazzo aveva un talento fuori dal comune?
«La prima cosa che mi ha stupito di Leopoldo è la costanza nel mantenere l’impegno quotidiano e il senso di responsabilità che questo sport richiede nei confronti del suo compagno di gara. La prima grande emozione è arrivata quando Leopoldo aveva 9 anni e con il suo pony partecipò, vincendoli, ai Cam-pionati Italiani di Salto Ostacoli a Cervia, nella categoria 80».
E da padre, come sta seguendo il percorso di Leopoldo. Cosa fa per sostenerlo e quali sono i consigli più frequenti?
«Gli sono vicino dedicandogli tutto il tempo che mi è possibile. L’equitazione è uno sport che ci vede spesso impegnati in lunghe trasferte e passar del tempo con lui mentre sta crescendo è molto bello. Gli unici consigli che posso dargli sono legati ai valori dello sport e come questi saranno per il suo presente e il suo futuro di grande insegnamento nella vita».
E il resto della famiglia come vive i momenti prima della gara?
«Tutti noi seguiamo la gara con riti e tensioni diverse, e quando riusciamo naturalmente anche in presenza. Fortunatamente oggi è possibile anche in streaming. Sempre forti però sono poi le emozioni per l’impegnativa prova del cross country; per intenderci un percorso di velocità in un contesto di campagna con ostacoli naturali..».
Leopoldo, trovare sintonia con il proprio cavallo non è semplice… Lei come è riuscito?
«È un rapporto che si costruisce con il tempo ed è una questione di fiducia che ha bisogno di tanto lavoro. In questo tem-po, occorre sperare che nasca qualcosa di speciale, che scatti un’affinità, un binomio non sempre certo… Per fortuna: anche il miglior cavallo deve trovarsi con il suo cavaliere e non è certo che sia con tutti vincente!».
Cosa si prova in sella? Quali le emozioni?
«Le sensazioni sono tante e diverse. Le tre specialità del Completo danno emozioni e hanno bisogno di tecniche diverse. Sicuramente per il nostro sport la prova del cross è la più “forte” in tutti i sensi».
Come si costruisce il rapporto con l’animale e poi come tutto ciò esplode in gara?
«Stando in sella tante ore, capendo e cogliendo le sue sensibilità, i suoi bisogni. Poi tecnica, tanta tecnica… Infine, è importantissimo testare il clima gara e poi avere la lungimirante capacità di programmare gli obiettivi in modo da preservare, per ogni occasione, la migliore condizione».
Il cavallo percepisce una giornata storta, un momento no?
«Il cavallo è un atleta straordinario e ha giornate no e giornate super. Nessun atleta può essere sempre al massimo della forma e trovare record a ogni gara. Noi siamo in due e la sua giornata si intreccia con la mia: dobbiamo aiutarci e compensare le reciproche mancanze. Però, quando siamo in giornata sì, siamo davvero un gran binomio».
Qual è la cosa che le piace di più del mondo dell’equitazione? E quale invece la meno amata?
«Lo spirito della competizione è parte del mio carattere. Si gareggia per vincere, ma anche per migliorarsi rispetto al proprio risultato. È una competizione “sana”, anche tra noi atleti prima della partenza… Ci si confronta, si discute rispetto alle opzioni di traiettoria, di tattica e di tempi, poi quando si gareggia tutti diventano avversari. Purtroppo la cosa che amo meno sono le distanze e i pochi campi gara richiedono lunghe trasferte… Anche se, in verità, abbiamo la fortuna di avere in provincia di Roma, uno dei posti più belli al mondo: i Pratoni del Vivaro, dove lo scorso anno si sono svolti i Campionati del Mondo».
Lei è diventato un campione vincendo l’Oro ai Campionati giovanili di concorso Completo e argento nel Campionato Europeo Juniores nel Completo. A quali prossimi obiettivi tende?
«Mantenere il livello raggiunto, per dare continuità al mio lavoro. E tra gli obiettivi del 2024 c’è il desiderio di confermarci a livello nazionale e tornare al prossimo campionato Europeo con la giusta motivazione e condizione. Sono consapevole che sarà un traguardo più difficile da vice campione…».
Come riesce a conciliare gli studi con lo sport agonistico a questi livelli?
«I professori del mio liceo, il Vittoria di Torino, sanno dei miei impegni sportivi e mi aiutano a mantenere un giusto equilibrio. Inoltre, da qualche anno usufruisco delle attenzioni date dal Ministero per gli atleti di interesse nazionale…».
Quante ore la settimana si allena e dove?
«Mi alleno cinque – sei giorni alla settimana con intensità diverse a seconda del periodo e della gara che dobbiamo preparare. La scuderia è a Marentino, a una ventina di chilometri da Torino, città dove abito. Mi capita, con la Federazione, di partecipare a degli stage a Varese o Roma seguito da Zilla Pearse e da Jacopo Comelli».
Quali altre passioni ha?
«Quelle normali: musica, discoteca e calcio. E poi mi piacciono come sport per il tempo libero il Padel e lo sci che mi permette anche di tornare a Bardonecchia per qualche ora».
Pensando al suo futuro dove e cosa farà Leopoldo tra dieci anni?
«Troppo difficile immaginarmi nel 2033… Per ora mi piace sognare di riuscire a partecipare ai prossimi quattro Campionati europei, vedere qualche amico alle prossime Olimpiadi di Parigi e magari riuscire a entrare in qualche corpo sportivo. Prima dell’estate ho avuto un primo colloquio. Poi naturalmente finire bene il liceo linguistico e trovare un giusto percorso universitario».