Silvio Barbero, vicepresidente dell’Università di Pollenzo, è l’ideatore dell’asta dedicata al Castelmagno di Alpeggio: l’edizione di quest’anno si svolgerà nuovamente nella fascinosa location dell’ Albergo dell’Agenzia di Pollenzo, martedì 21 novembre. Saranno battute una ventina di forme, prodotte dal caseificio La Meiro, selezionate in tre differenti stagionature: 12-24-36 mesi. Al termine dell’evento, ci sarà una cena nel ristorante dell’albergo, naturalmente a base di Castelmagno: dall’antipasto al secondo.
Silvio Barbero è nato a Bra nel 1952, è stato con Carlo Petrini tra i fondatori di Arcigola nel 1985 e successivamente del movimento Slow Food nel 1990. Dalla fondazione dell’associazione ad oggi, ha sempre avuto la responsabilità dello sviluppo della presenza associativa in Italia, ma anche dell’organizzazione di grandi manifestazioni tra cui il Salone del Gusto e Cheese. Collabora con la casa editrice di Slow Food per quanto riguarda la redazione delle guide turistico-enogastronomiche pubblicate in Italia. Nel 2010 è entrato a far parte del consiglio di amministrazione dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e dal 2012 ne ricopre la carica di Vicepresidente.
Da cosa è nata l’idea di organizzare un’asta dedicata al Castelmagno?
«Come segretario di Slow Food ero entrato in contatto con alcune realtà del Trentino, produttori di formaggi di alta quota che eravamo riusciti a promuovere grazie appunto alle aste. Qualche anno fa ho conosciuto l’azienda La Meiro di Castelmagno. Produce Castelmagno di montagna e quello di alpeggio, un formaggio unico. Formaggio che ha ottenuto la denominazione Dop. Abbiamo pensato di valorizzare ulteriormente quello di Alpeggio, che ha una produzione più limitata, organizzando un’asta. Un appuntamento che ha avuto da subito un buon successo ed è diventato fisso, ogni anno».
Quali caratteristiche ha il Castelmagno di Alpeggio?
«Esistono due tipologie di Castelmagno Dop: il prodotto della Montagna, con etichetta blu che indica l’area di produzione nel territorio montano e il Castelmagno di Alpeggio, con etichetta verde che indica l’area di produzione a una quota superiore ai 1.000 metri. Quest’ultimo è protagonista dell’asta. Viene prodotto d’estate in Valle Grana, solo con latte delle mucche che sono in alpeggio, a volte anche oltre i 2mila metri. Ogni prato ha erbe diverse, il formaggio acquista sapori e profumi eccezionali. E poi, in base alla stagionatura, anche l’aroma è molto differente. Nella produzione del Castelmagno si parla di piccoli numeri, soprattutto per quello di Alpeggio. Le mucche producono meno latte rispetto a quelle di allevamento e il procedimento è laborioso».
Quali sono gli utilizzi più indicati per un formaggio come il Castelmagno?
«Il Castelmagno Dop viene utilizzato in cucina come condimento per gnocchi, risotti, tortelloni e torte salate. Nel tagliere di formaggi, trova la sua posizione ideale alla fine del percorso di degustazione, accompagnato da mieli diversi e vini rossi corposi. Il Castelmagno Dop, inoltre, è formaggio principe nella classica ricetta della fonduta di formaggi, dove, con il suo aroma forte e piccante, rende saporita la crema che ben si accompagna ai crostini nelle giornate in montagna. Grazie al suo sapore molto intenso, questo formaggio si presta alla realizzazione di ricette basate sui contrasti come, per esempio, le salse con Castelmagno fuso, le mele e le noci che rendono i primi piatti eleganti e ricchi di gusto. Va bene anche per i secondi piatti: dai soufflè di formaggio ai tortini di patate, fino ai piatti con verdure e ortaggi in agrodolce».
Quante forme di Castelmagno di Alpeggio andranno all’asta?
«Una ventina, saranno 5 o 6 per ogni tipo di stagionatura. Forme da un chilo e mezzo o due chili. La base d’asta la stabilisce il produttore e naturalmente varia da ogni forma, magari una è un po’ sfaldata, insomma dipende da vari fattori».
A lei piace il Castelmagno?
«È un formaggio che si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo. A me piace molto e, da vero appassionato, amo di più quello stagionato tre anni. Il colore del formaggio con questa stagionatura arriva ad essere quasi marrone, approcciarsi è difficile, sembra andato a male. Il gusto invece è molto interessante, intenso: sa di castagne, di tabacco, di terra e foglie bagnate. A me piace molto, ma mi rendo conto che è un formaggio da veri appassionati ed intenditori. Per coloro che degustano con naso, bocca e cervello».
Andrea Amedeo (La Meiro): «Per ogni forma di questo formaggio serve una settimana di lavorazione»
I protagonisti dell’asta del Castelmagno a Pollenzo sono i formaggi di Giorgio e Andrea Amedeo (padre e figlio), titolari dell’azienda agricola “La Meiro – Terre di Castelmagno”. Un’azienda nata una ventina d’anni fa: «Prima facevamo tutt’altro» racconta Andrea. Il papà Giorgio, nato e cresciuto nella valle, la abbandona per lavorare in giro per il mondo occupandosi di sistemi di sicurezza, mentre Andrea completa i suoi studi a Milano e inizia una carriera nel settore bancario. I due, però, presto si rendono conto che, oltre al naturale legame tra padre e figlio, c’è qualcos’altro di molto forte che li unisce: il grande amore per la montagna, per quelle valli e per il contatto con la natura che solo una vita lontana dalla città può offrire. Per questo, nel 2001, Giorgio e Andrea fanno ritorno con lo scopo di rivalorizzare il Castelmagno, di cui ormai era rimasto solo il nome e la fama: nasce così l’azienda La Meiro. Scelta non da tutti: «L’intera produzione del Castelmagno di Alpeggio si svolge in alta quota, spesso sopra i 1.700 metri – spiega Andrea -, in condizioni molto più impegnative rispetto alla pianura. La lavorazione di questo formaggio è particolarmente laboriosa, per fare una forma di formaggio ci va una settimana». La stagionatura minima è di 120 giorni, ma è col trascorrere del tempo che il Castelmagno acquisisce sapori, profumi e colori unici. A La Meiro, la stagionatura avviene all’interno di grotte di tufo romano, una pietra naturale in grado di mantenere alto il livello di umidità: sono 5 e sono ubicate 5 metri sottoterra, garantendo una temperatura costante tutto l’anno. (al.tor.)