Home Articoli Rivista Idea «Possiamo raccontare il mondo del vino anche divertendoci»

«Possiamo raccontare il mondo del vino anche divertendoci»

L’esperta conduce su Mediaset Infinity il nuovo format che parte proprio dalle Langhe: «Tre produttori in gara ma con stile: in primo piano ci sono le storie e questi scenari meravigliosi. La comunicazione vitivinicola deve aprirsi di più e raggiungere un pubblico sempre più ampio. Anche con il gioco»

0
3

Mediaset Infini­ty, da questo lunedì, ospita un nuovo format dedicato al mondo del vino: “Maestri di cantina – Winery masters”. Nel primo episodio, intitolato “Chicche del Piemonte”, sono coinvolti tre produttori del territorio: Guido Alleva di Tenuta Santa Caterina a Grazzano Badoglio (Asti); Alessandro Locatelli di Rocche Costamagna a La Mor­ra; Lidia Carbonetti di Rocco di Carpeneto (Ovada, Alessan­dria). Conduce Alessandra Fe­di: «Non è il vino ad essere centrale nel nostro racconto, ma tutto ciò che gli sta intorno – ci spiega al telefono -. Che poi spesso dici “vino” e ti fai dei nemici. A cominciare dall’Eu­ropa, perché si semplifica e si afferma che il vino “fa male”. Lasciamo perdere, il vino pri­ma di tutto dà lavoro a una fi­liera lunga e complessa. Fa ma­le? In senso assoluto no di certo, berne troppo è chiaramente un eccesso. Però credo sia arrivato il momento di parlare di vino come di ciò che rap­presenta, delle aziende vitivinicole e di chi le gestisce. E se le cantine sono situate in posti meravigliosi, perché non farli vedere?».

La bellezza al primo posto?
«Il format gira tutto attorno a immagini meravigliose.
La nostra regista, del resto, arriva dal cinema. Non ci siamo limitate ad andare nelle cantine per fare l’intervista, abbiamo dato al tutto un taglio moderno. La cantina la riconosci dal terroir, poi oggi si deve necessariamente creare un’esperienza, si deve intrattenere l’ospite. Il format prevede la parte del testing do­ve i maestri (cioè i produttori) raccontano un loro vino in pillole da un minuto. E ci si diverte con i due giudici: uno è l’esperto che valuta come il maestro comunica la sua cantina – non il vino -, l’altro è un influencer che rappresenta un po’ quelli che ci guardano ma che non sanno nulla di vino».

Su cosa puntate per conquistare il pubblico?
«Come autrici, io e l’altra Ales­sandra (Cardone) crediamo che di documentari sul vino ne siano stati prodotti diversi, ma sia sempre mancato l’intrattenimento. Ci vuole invece il gioco che dà ritmo all’episodio. Questo è edutainment. Noi il gioco lo utilizziamo in modo elegante, senza l’aggressività di certe trasmissioni: non sono i produttori a darsi i voti, qui i giudizi sono espressi con tappi di sughero messi in un decanter (molto poetico) da due persone esterne. C’è un jolly, attribuito a un valore estratto a sorte: se esce per esempio “innovazione” decido io a chi assegnarlo. Perché vogliamo essere super partes e poi è lo spettatore che giudica davvero».

Il vino di solito, fino a oggi, è stato quasi sempre descritto con seriosità.
«Ci si parla molto addosso, diciamolo. Noi abbiamo cercato di usare un linguaggio pop, semplificato anche se autorevole e con contenuti veri».

Un argomento per tutti?
«Io sono educator, nei corsi con certificati Wset ho sempre in­segnato a chi in questa filiera vuole diventare manager. In questi anni mi sono resa con­to che resta il gap per cui non si riesce a comunicare con tutti. Chi fa corsi si ri­volge a un gruppo esclu­sivo, di chi vuole lavorare con certificati in­ternazionali. Con il nostro format na­sce l’idea di introdurre il gioco per fare qual­­cosa che possa piacere a tut­ti».

Perché la pri­ma pun­ta­ta parte proprio dal Pie­monte?
«Questa regione è nell’immaginario di tutti con i suoi vini, le Langhe, i ristoranti stellati: temi che fanno brillare gli occhi. Sapevamo che si trattava di un punto di partenza vincente, la scelta non è stata casuale».

E perché “chicche” del Pie­monte?
«Sono stata attenta a scegliere personaggi d’eccezione: Guido Alleva che, prima di tutto, è un grande penalista; Alessandro Locatelli che a La Morra è protagonista nel regno del Barolo e Lidia Carbonetti che arriva dalla finanza e, dopo tante lauree, si è buttata nel business dei vini naturali. Tre storie che spaccano, tre aziende molto diverse».

E negli altri episodi?
«Le “Ragazze sul trattore” sono giovani imprenditrici, figlie d’arte ma donne. In “Vini nobili” abbiamo approfondito in To­scana quel rapporto speciale tra vino, nobiltà e ville storiche. Un episodio più frizzante, un altro più impostato. Il mondo vitivinicolo è poliedrico, pieno di sfaccettature e noi lo raccontiamo nella sua interezza. Andremo anche dai big player e dai piccoli produttori».

Quali dettagli emergono da queste prime puntate?
«Le caratteristiche legate al territorio e alle origini saltano pun­tualmente fuori e mi piace molto. Il vino è terroir, territorialità per definizione. Noi in Italia abbiamo la più grande biodiversità del mon­do. E si può percepire attraverso le nostre immagini e i racconti. Nelle puntate poi, qualche battutaccia sui francesi mi scappa: anche noi dobbiamo saper raccontare il nostro mondo, la nostra genialità. Noi siamo ricchi, facciamo invidia a tanti, vale per il mondo del vino come per l’arte o l’architettura».

Quale strada dovrebbe seguire un imprenditore del vino oggi?
«Quella di una comunicazione alla portata di tutti, autorevole ma divertente, non solo rivolta al proprio settore. Poi è anche vero che in Italia spesso non ci facciamo identificare perché sia­mo troppo individualisti. In futuro serve fare squadra».

A proposito, nuovi progetti?
«Una app legata al format. Guardando il programma puoi prendere l’auto e seguire l’itinerario che suggerisco oppure puoi ricevere a casa il vino con una applicazione che stiamo ultimando, un delivery che ti permette di giocare da casa con tre vini da valutare assieme ai tuoi amici, gli stessi raccontati dai produttori. Sarà un regalo di Natale carino: guardando il format ognuno dirà la sua, magari anche in disaccordo con i giudici. Perché non esiste il vino mi­gliore, al mondo ci sono tante eccellenze e il giudizio è sempre soggettivo».

Il programma andrà anche all’estero?
«L’idea c’è. Di sicuro piacerebbe molto, all’estero sognano questi paesaggi».

Che cosa si porta dietro dal Piemonte?
«Immagini sempre positive. Ad esempio non conoscevo, e invece ho molto apprezzato, le panchine giganti. Ho trovato una terra accogliente che ha fatto passi da gigante per l’ospitalità. È all’avanguardia, con una ristorazione d’eccellenza che ha tanti stellati, ma si mangia bene anche in quelli senza stelle. L’offerta è molto ampia e il Piemonte ha una biodiversità meravigliosa con le sue Docg e Doc, ogni luogo è diverso dall’altro, una meraviglia. E poi ci sono tantissimi progetti innovativi».

CHI È

Nata a Milano, sommelier, è educatrice per Wset (Wine & Spirit Education Trust, leader mondiale nella formazione dedicata a vini, distillati e sake) e da sempre viaggia tra i vigneti più belli d’Italia, d’Europa e nel mondo. È stata giudice a Londra per Iwc e Iwsc e in Italia per Vinitaly

COSA HA FATTO

Ha trasformato la sua passione in un lavoro, fondando la sua Boutique Wine Academy dopo aver frequentato la scuola Internazionale di Cucina (Alma) dove ha ottenuto il master dopo
la laurea in Scienze Politiche a Milano. In passato è stata anche ballerina e attrice di teatro

COSA FA

Cura per Mediaset la realizzazione e la conduzione del nuovo format “Maestri di cantina”, assieme alla regista Alessandra Cardone, in streaming da questa settimana con la prima puntata “Chicche dal Piemonte” che sarà seguita da altri due appuntamenti, “Ragazze sul trattore” e “Vini nobili in Toscana”. Seguiranno altri episodi nelle cantine di tutta Italia