«Una cosetta così per cambiare davvero ed essere autentici»

Sabato 18, il noto rapper e cantautore Ghemon porta a Saluzzo la sua “stand-up comedy”: «Mi sento versatile come il Barolo»

0
1

Alcuni personaggi possiedono l’affascinante dote di re­stituire in poche bat­­tute sfumature che disegnano mondi. Pensieri profondi e riflessioni accurate diventano lo spunto per suscitare stimoli e interrogativi continui in chi li ascolta. È quanto succede con Ghemon, all’anagrafe Gio­van­ni Luca Picariello. Can­tante e “stand-up comedian”, maratoneta e scrittore, l’apprezzato artista avellinese fa della versatilità il suo principale cavallo di battaglia. Perché racchiudersi in una sola etichetta, soffocare il proprio istinto e le proprie anime non è una scelta contemplabile. In occasione della sua presenza al “Magda Oli­ve­ro” di Saluzzo, do­ve sabato 18 sarà protagonista con lo spettacolo “Una co­setta così” (nel box tutti i dettagli), giunto al secondo tour, noi di Rivista IDEA lo abbiamo intervistato.

Ghemon, quando e come è nata l’idea di realizzare il suo nuovo spettacolo?
«È nata prima dell’estate dell’anno scorso, ma ci sono state moltissime tappe di avvicinamento. Un conto è l’idea, un altro poi è scrivere le cose. Il desiderio risale a tanto tempo prima, non saprei nemmeno col­locarlo con precisione: sapevo sarebbe arrivato un momento in cui avrei voluto trovare una forma di espressione diversa. Il pensiero di prendere in ma­no la parte ironica della mia vita è invece ancora precedente: già nel 2017, poco dopo l’uscita di “Mezzanotte” (il suo quarto album in studio, nda), avevo fatto il mio primo “open mic” di “stand-up comedy”».

“Una cosetta così” si basa anche su una particolare richiesta ai suoi spettatori: “no spoiler”. Cosa significa questo patto di reciproca fiducia?
«Ho visto tanti spettacoli di “stand-up” all’estero e mi è sem­pre stato chiesto di riporre il cellulare in una busta. L’ho sempre fatto volentieri, l’importante era godersi le battute. Trovo giusto che ci sia una par­te di sorpresa in uno spettacolo raccontato e che non si sappia già tutto dai social. In generale, però, vietare le cose non aiuta a una collaborazione del tutto ef­fettiva, quindi ho chiesto complicità ai miei spettatori. Sta funzionando benissimo».

L’avvicinamento alla “stand-up” certifica un bisogno di versatilità che l’ha sempre contraddistinta. Cos’è per lei il cambiamento?
«Il cambiamento è una costante. Nessuno di noi è una cosa sola. Le persone che conosciamo ci dicono che siamo sempre gli stessi, ma chi non cambia? Provo ad assecondare questo. Non andiamo mai per tutta la vita negli stessi ri­sto­ranti, dallo stesso medico o dal­lo stesso meccanico. Mi sembra dunque giusto delle volte trovare un modo diverso di esprimermi, anche per ritrovare il divertimento e la possibilità di imparare e scoprire. Ovviamente ci so­no i posti del cuore, come per me è la musica, ma se scopro un posto nuo­vo è giusto frequentarlo. L’arte non dovrebbe essere un concetto monolitico ed è questo il motivo per cui il cambiamento è la mia costante».

Il cambiamento presuppone anche la presenza di ostacoli da superare.
«Sì, è accompagnato anche dal mal di pancia. Ci penso, ci ri­fletto, provo a prepararmi. Mi confronto poi sempre con am­bienti che sono selettivi: la polizia del rap, quella della comicità, quella del jazz. Non posso trovare pace, ma fa parte del mondo».

Nello spettacolo ha messo d’accordo tutte queste sue anime. Non crede che la complessità del processo sia proporzionale alla soddisfazione che ora ne deriva?
«Assolutamente sì. Non penso che le sorti della mia carriera sarebbero andate in un’altra ma­niera se avessi fatto le cose di­versamente. So anche che non sempre si trova attorno a sé un ambiente incoraggiante. In un mondo che va sul sicuro, se fossi stato incoraggiato un po’ di più a esprimermi senza sentirmi sbagliato, probabilmente avrei accorciato i tempi, ma non avrei fatto un altro ge­nere di carriera. Forse avrei sofferto meno… Ecco, questo non mi sarebbe dispiaciuto».

Nei suoi spettacoli e con la sua musica affronta anche temi delicati e importanti. Cosa si­gnifica farlo in un mondo in cui le apparenze sembrano contare più dell’autenticità?
«Questo è uno dei fil rouge del­la mia carriera, insieme al cambiamento. È sempre stato così, quando facevo rap, e non solo. Se scelgo di parlare di me non riesco a non dire la verità, prendo il coraggio di dire come sono e non riuscirei a inventarmi un’altra cosa. Ho sempre teso a dire tutta la verità. A volte mi sono reso conto – e non lo dico dal piedistallo – che essa è così potente da frastornare le persone, per cui non piace a tutti sentirla. La verità è difficile da ricevere; io, però, cerco il più possibile di trasmetterla. Anche nel­lo spettacolo parlo della mia vi­ta, ma in realtà è come se raccontassi ciò che tut­ti possono vivere: altrimenti non ci sarebbe alcuna corri­spon­denza».

A proposito, ormai è a tutti gli effetti un maratoneta. Quanto contribuisce la corsa alla sua flessibilità artistica?
«Ha allenato parecchio la mia co­stanza. Non so bene come sia andata, ma evidentemente del­le leve si erano già mosse dentro di me. Ho ricominciato a correre per caso e, anche qui, penso che non avrei potuto prendere un’altra strada. Forse succede semplicemente anche per un passaggio di età. Ad un certo punto si ha bisogno di stare con i propri pensieri, di mettere ordine e stare lontano dal frastuono. La corsa, in generale, mi ha disciplinato e mi ha dato la costanza di non mollare mai, neanche al massimo della sofferenza. È una cosa che, se possibile, già facevo, ma ha alzato la mia soglia di sopportazione».

Sabato sarà a Saluzzo. Ad unire la sua terra, Avellino, e la Gran­da c’è l’eccellente tradizione enologica. Pensando ai grandi vi­ni del Cuneese, a quale le piacerebbe somigliare?
«Direi il Barolo, un vino versatile, che si abbina perfettamente con molti piatti».

E’ il primo appuntamento di “Magda Groove”
Ghemon sarà il primo ospite di “Magda Groove”, la nuova veste della rassegna musicale ideata, diretta e promossa dall’Associa­zio­ne Ratatoj Aps nel corso di oltre vent’anni di attività all’interno del territorio del Saluzzese. Si tratta del tentativo di lasciare un ulteriore segno, proponendo al pubblico del Cinema Teatro “Magda Olivero” una stagione di live all’insegna della scoperta di voci e suoni nuovi, ma anche conosciuti, e permettendo ad ogni “groove” di risuonare ed essere ascoltato. Sabato 18, alle 21, Ghemon porterà a Saluzzo il suo nuovo progetto artistico, “Una cosetta così”, che racchiude “stand-up comedy”, teatro e musica. Lo spettacolo, scritto anche con l’aiuto di Carmine Del Grosso, vede sul palco Giuseppe Seccia alle tastiere e Filippo Cattaneo Ponzoni alla chitarra. Il biglietto è acquistabile su https://www.mailticket.it/manifestazione/FN37/ghemon. «Siamo felici di riuscire a dare vita, per il secondo anno consecutivo, a una rassegna musicale continuativa di qualità in provincia, con appuntamenti da novembre a maggio. La stagione “Magda Groove” è anche l’occasione per riconfermare il Cinema Teatro “Magda Olivero” come spazio di incontro, so­cia­lità e scoperta», ha dichiarato il direttore artistico Massimiliano Flora.

A cura di Domenico Abbondandolo