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«Il lavoro si gestisce come un matrimonio»

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Quando ha deciso di venire a lavorare in azienda?
«Veramente hanno deciso gli altri per me… Erano gli anni in cui i genitori decidevano per i figli. Il primo è stato Marco perché serviva un geometra, poi c’era bisogno di una ragioniera e mi sono diplomata. Mi sono trovata nella situazione, ci ho messo impegno e l’impegno si è trasformato in passione. Oggi sono felice di non aver fatto scelte diverse ed orgogliosa di fare parte dell’azienda».

L’inizio non deve essere stato facile.
«Ero un po’ nell’ombra e non si capiva quello che volevo o potevo fare… La svolta c’è stata quando è arrivato l’obbligo dell’Iva, della partita doppia, della registrazione. Io mi occupavo anche della gestione immobiliare e tra le mie mansioni c’era l’incasso degli affitti, come faceva peraltro anche mia nonna Teresa di cui porto il nome».

Era un altro mondo.

«Occuparmi personalmente della riscossione degli affitti mi è stato utile perché mi ha fatto capire l’importanza di ottenere dei risultati. E da lì è iniziato il mio percorso professionale e si può dire che, da quel momento, mio padre abbia cominciato a darmi fiducia e considerazione».

Lavorare con i fratelli è stato difficile?

«Loro hanno sempre gestito la parte cantieristica, per cui ognuno aveva i propri ruoli. Quando papà si è ammalato, abbiamo capito che avremmo dovuto prendere in mano la situazione. Ognuno si è occupato della sua parte, tra noi c’è sempre stato rispetto e piena consapevolezza delle nostre capacità e dei nostri difetti. Gestire l’azienda ha tratti in comune con un matrimonio, se decidi che vuoi mandarlo avanti perché ci tieni, lo fai, anche se non sei sempre convinto dei modi e, a volte, le tue opinioni non coincidono perfettamente con quelle degli altri».

Un approccio razionale.
«Bisogna decidere le priorità e organizzarsi. Anche per me non è stato facile gestire il lavoro e la famiglia, mio marito lavorava fuori e tornava il venerdì sera, ma nei progetti seri ognuno deve fare la sua parte, con una divisione dei ruoli e delle responsabilità».

Esiste un modo per risolvere problemi o le incomprensioni?

«A volte la comunicazione non è ottimale e ci sono visioni differenti, ma le difficoltà si risolvono tutti insieme, partendo dal fatto che un im­prenditore non deve essere mai frenato dalla paura: bisogna avere fiducia ed essere consapevoli delle proprie qualità. È un processo lungo che ho sperimentato sulla mia pelle».

Qual è stato il vostro punto di forza?
«La capacità di sapersi fermare, di chiedere aiuto e di riorganizzarsi. Abbiamo scelto di rispettare i tempi di risposta di ognuno. Sappiamo ascoltarci e dialogare con i clienti e per noi i dipendenti fanno parte della famiglia. E proprio la nostra famiglia ci ha dato dei valori, dei principi, insegnandoci anche a occuparci dell’altro».

E come si vede tra qualche anno?

«Più calma, spero. Vorrei cominciare a fare un po’ di passaggio di consegne, magari affiancare uno dei figli di Marco perché ci aiuti in azienda, in quella che oggi è la mia mansione».

Le sue passioni?
«Mi piace andare in bicicletta, camminare e viaggiare sia con il cuore che con la mente».

BaNNER
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