Adonella Fiorito è una donna speciale. Una di quelle anime belle che pare passino indenni attraverso i fili spinati e i percorsi accidentati disseminati di carboni roventi. Ma indenne non è: è dotata di grazia. E invece di scaraventarti addosso le sue ferite, che sono tante, prova a medicare le tue. Prima, quando la strada anche per lei era piena di luce e promesse, e anche adesso, che ha perduto la sua famiglia amatissima. È lei l’ispiratrice di tante iniziative virtuose destinate ai più deboli, ed è lei il perno di un’associazione rivolta alle donne vittime di violenza, Mai+Sole, ufficialmente nata nel 2007 a Savigliano ma ormai attiva in molte città della provincia. Una sorta di progetto pilota che ha ben seminato, raccogliendo nel tempo nuove volontarie, ma che ha radici lontane.
Adonella, da cosa è nata Mai+Sole?
«È nata in seguito a un progetto di lotta alla pedofilia, rivolto ai bambini di Bucarest e condiviso con alcune amiche. Avevamo lavorato con le scuole chiedendo ai bambini di scrivere delle fiabe da inviare ai loro coetanei rumeni, che abbiamo fatto poi tradurre e stampare. Con il ricavato è stato acquistato un pullman da destinare a una suora italiana che a Bucarest gestiva una comunità impegnata a recuperare i bambini di strada».
Come siete arrivate a occuparvi di violenza sulle donne?
«Tornate da Bucarest ci siamo rese conto che non eravamo abbastanza preparate per parlare di pedofilia in Italia e abbiamo deciso di rivolgere le energie alle donne vittime di violenza. Abbiamo avviato una ricerca per capire se ci fossero già altre associazioni operative in questo senso e dopo avere appreso solo di Telefono Donna, una linea di ascolto attiva appena due volte a settimana, ci siamo organizzate».
Qual era la vostra mission?
«L’idea era ed è quella di esserci sempre, nell’emergenza, anche a Natale e a Pasqua. Esserci tutte le volte che una donna ha bisogno di un supporto psicologico, materiale, legale, o semplicemente ha bisogno di ascolto, anche in anonimato. Noi siamo reperibili 24 ore su 24. Il cellulare è sempre in funzione».
È quindi necessario un affidabile turnover di volontarie. Quali sono state le fasi successive del progetto?
«La creazione di una rete con le strutture locali, Carabinieri, Pronto Soccorso, servizi sociali, scuole, parrocchie e, importantissima, la formazione con due psicologhe. Tutte le volontarie devono essere formate. A gennaio partirà un nuovo corso che prevede un incontro settimanale di due ore per dieci incontri, al termine dei quali le psicologhe stabiliranno cosa può fare ciascuna volontaria. Non tutte infatti si dedicheranno all’ascolto».
Quali sono le altre mansioni?
«La gestione della bottega solidale, dei banchetti, delle case rifugio, la presenza nelle scuole per parlare di dignità e rispetto. La formazione deve essere uguale per tutte perché è importante che si parli la stessa lingua. E inoltre serve a proteggerti, ti fornisce gli strumenti per mantenere la giusta distanza».
Ricorda quando il telefono è squillato la prima volta?
«La prima e anche la seconda. La prima era la chiamata di una signora di una certa età che aveva problemi con il marito geloso che la insultava, non la lasciava uscire. Non l’abbiamo mai incontrata ma chiamava spesso perché non aveva altri modi per sfogarsi e in noi trovava ascolto».
E la seconda?
«Ci chiamarono direttamente i Carabinieri per affidarci una ragazza minorenne, non italiana».
Ma potete rapportarvi con un minore?
«La stessa domanda che feci io e loro risposero che se la richiesta arrivava da loro era possibile».
Come finì?
«Quella volta finì bene perché vennero a prenderla i genitori. Ma le richieste di accoglienza continuarono da più fronti e anche gli ospedali della provincia ci chiamano spesso».
Qual è stata l’esperienza peggiore?
«Quella di un femminicidio. Una donna a cui avevamo proposto la casa rifugio ma lei rifiutò e andò ospite in casa di un’amica. Finì uccisa dal marito che la raggiunse con una macchina prestata e un coltello mentre era a passeggio con il cane. Lui raccontò che il coltello gli serviva per le costine di una grigliata tra amici ma si prese trent’anni e noi ci costituimmo parte civile e dopo la morte seguimmo le figlie attraverso le nostre psicologhe».
Non vi siete sentite responsabili di non avere insistito?
«No, noi offriamo tutta l’assistenza possibile e proponiamo soluzioni fin dal primo momento, ma poi la scelta è loro, ed è sempre libera».
Se la sente di fare un bilancio?
«Il bilancio è positivo perché non avremo fatto miracoli, ma abbiamo dato a tante donne alternative possibili e forse qualche vita abbiamo contribuito a salvarla».
È vero che vi autotassate?
«Sì e confidiamo nei contributi di chi ci segue e nei ricavati delle varie iniziative come, per esempio, il libro fotografico a cura di Alex Astegiano. Abbiamo creato una borsa lavoro di 600 euro mensili con cui sosteniamo l’inserimento lavorativo delle donne incentivando i datori di lavoro ad assumerle: i risultati sono confortanti».
Ma c’è ancora molta strada da fare, vero?
«Purtroppo sì. E credo che proprio gli uomini italiani, che dovrebbero culturalmente avere superato il patriarcato, siano ancora più colpevoli».
Che cosa li annebbia?
«L’insicurezza, i passi avanti che hanno fatto le donne, la difficoltà di accettare che una donna possa guadagnare più di loro».
La libertà e l’indipendenza fanno ancora paura.
«Infatti, ma quello che io dico sempre alle ragazze è di salvaguardare comunque il lavoro e l’indipendenza economica. Perché se sei indipendente puoi anche scegliere di restare, ma se non lo sei non puoi nemmeno scegliere».
Per il 25 novembre il gruppo di volontarie propone eventi di sensibilizzazione contro la violenza
In occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, il 25 novembre, segnaliamo alcune iniziative collaterali legate a Mai+Sole: domani, venerdì 24, a Cuneo, il Pastificio Boetti promette “tutte le paste in rosso”; sabato 25, alle 16, ad Alba, in Sala Riolfo, dibattito “Voce al silenzio”; ore 18, a Savigliano, piazza Santa Rosa, “Scarpette rosse”; Saluzzo, Castiglia, “Fotografia donna” (ingresso devoluto all’associazione); domenica 26, ore 16,30, a Saluzzo, Castiglia, Filomena Lamberti, prima donna italiana sfregiata con l’acido, incontra il pubblico con Stella Celentano, psicoterapeuta. L’incontro verrà replicato lunedì 27, ore 18, a Savigliano, Crusà Neira. Sabato 2 dicembre, a Cuneo, alle 17, presso salone d’onore del Municipio, presentazione del libro dell’associazione Brek the Silence (cento storie di episodi di molestie subite per strada, ovunque, in silenzio).
Chi volesse ulteriori informazioni su Mai+Sole può collegarsi al sito www.maipiusole.it.
Articolo a cura di Alessandra Bernocco