Il debutto di Paola Cortellesi alla regia è stato salutato come un grande evento culturale. Nel suo film “C’è ancora domani”, si parla soprattutto di passato per narrare al tempo stesso il presente. Un’operazione ambiziosa e riuscita che passa dal racconto di una donna vittima di un marito padrone e di un suocero canaglia, una donna prigioniera del focolare e al tempo stesso paladina del cortile. Una donna la cui unica aspirazione non può che essere il matrimonio imminente della sua primogenita, figlia prediletta e suo unico grande amore, per la quale nutre speranze di una vita agiata e serena.
Si chiama Delia il personaggio che Cortellesi ha interpretato e che è protagonista di questa storia. Non solo la sua regia, ma anche l’interpretazione risulta notevole, non banale.
Dopo l’anteprima vissuta in Concorso alla Festa del Cinema di Roma 2023 (dove il film si è aggiudicato il Premio del pubblico, una menzione speciale e premio speciale della giuria) il film ha conosciuto un successo straordinario e irrefrenabile: dal giorno della sua uscita nelle sale dello scorso 26 ottobre, si è già aggiudicato il Biglietto d’Oro come Film Italiano più visto del 2023 facendo registrare un incasso che ha già raggiunto i 13 milioni di euro, superando così le megaproduzioni americane.
Applausi in sala, ovunque, a fine proiezione: qualcosa che da tempo non succedeva più. Milioni di spettatori conquistati dalle immagini in bianco e nero per l’ambientazione nell’Italia del secondo dopoguerra ma che parla all’Italia di oggi. In primo piano ci sono proprio le battaglie che le donne hanno combattuto pur rinchiuse nei loro ruoli di mogli o di madri. Senza alternative. Una condizione che spegne il sorriso (così è non a caso l’espressione di Delia lungo tutto il racconto) ma non le aspirazioni e la voglia di affermarsi. Paola Cortellesi ha ricordato come è nata l’idea di questo film: «Attraverso Delia avevo il desiderio di mettere in scena le donne che ho immaginato dai racconti delle mie nonne. Vicende drammatiche, narrate con la volontà di sorriderne, storie di vite dure, condivise con tutti nel cortile. Gioie e miserie, tutto in piazza, tutto insieme sempre. C’erano le donne comuni, quelle che non hanno fatto la storia, che hanno accettato una vita di prevaricazioni perché così era stabilito, senza porsi domande. Questo è stato. Questo, a volte, è ancora».
Perché a Delia hanno insegnato che lei non vale niente. Ma quando arriva una lettera con sopra il suo nome, l’amore per sua figlia le accende il coraggio per cambiare le cose: «Ho tentato di immaginare – dice Cortellesi – cosa abbiano provato quelle donne, quelle reali, nel ricevere una lettera in cui qualcuno, tanto tanto più importante dei loro aguzzini domestici, certificava il loro diritto di contare».
È un momento speciale per le donne del cinema italiano. Non solo Paola Cortellesi con “C’è ancora domani”, al recente Festival di Roma erano presenti altre tre opere prime. Ad esempio, “Mur”, il documentario di Kasia Smutniak che lei stessa ha girato nella zona rossa della Polonia con l’obiettivo di fare luce sulle politiche di confine del suo Paese e sulla gestione degli immigrati. C’era poi in gara “Volare”, commedia che è servita a Margherita Buy per raccontare la sua paura di volare, appunto. Infine “Unfitting”, il debutto di Giovanna Mezzogiorno con un cortometraggio che ironizza sulle difficoltà di molte attrici che si ritrovano alle prese con registi, produttori e addetti stampa che rivolgono quotidiane e in parte inconsapevoli azioni di ordinaria crudeltà. Piccoli episodi di cambiamento, punti di vista al femminile che testimoniano un’emancipazione ancora imperfetta, nonostante un cammino ormai lungo.
Paola Cortellesi racconta le donne in bianco e nero
Il suo debutto alla regia coincide con un grande successo di pubblico e critica. Una storia al passato che parla alla nostra realtà e che ci fa meditare