Daniele Carletto, agrotecnico, è il presidente Cia della zona di Cuneo e dal 2016 gestisce i terreni di famiglia ai 950 metri di quota di Tetto Baricca, nel Comune di Robilante. Un imprenditore che conosce bene le Terre Alte, ma che mantiene un confronto continuo con tutti i colleghi dell’area di cui è rappresentante. Anche quelle verso la pianura. Con lui tracciamo un bilancio dell’annata produttiva 2023. Dice: “In generale è stata una stagione migliore del 2022, con un leggero calo della produzione compensato, però, da un buon andamento dei prezzi. Nella nostra zona il problema della siccità non si è più fatto sentire come lo scorso anno, durante il quale la mancanza di acqua è stata devastante. Anche negli alpeggi in quota si è avuta una sufficiente crescita dell’erba per alimentare i capi al pascolo. I costi energetici e quelli delle materie prime, si sono assestati. A parte il gasolio agricolo, il cui incremento è stato piuttosto consistente. Ma, nel complesso, pur tra alti e bassi, chiudiamo l’annata con un bilancio discretamente favorevole”.
Quali produzioni hanno dato dei buoni riscontri e quali sono andate meno bene? “Per piccoli frutti, fagioli e castagne è stata un’annata positiva. Le patate hanno avuto una resa minore in quanto il verme fil di ferro ne ha condizionato la produzione. Anche chi pratica l’apicoltura ha dovuto fare i conti con una minore raccolta primaverile, causata dalle abbondanti piogge durante il periodo della fioritura che ha impedito alle api di bottinare”.
Le prospettive per il 2024? “Dipendono dagli sviluppi climatici legati alle caratteristiche delle stagioni. Innanzitutto abbiamo bisogno di un inverno nevoso e di una primavera con piogge sufficienti a garantire le condizioni ideali per i terreni. Poi, durante l’estate, ci auguriamo che non si verifichino eventi estremi, in particolare le grandinate. A queste condizioni si potranno ottenere buoni frutti”.
Il futuro delle aziende di montagna
Afferma Carletto: “Per essere economicamente sostenibili, le aziende di montagna devono diversificare l’attività. Vendere direttamente ai consumatori le loro produzioni rimane un percorso fondamentale, ma, insieme a questo, occorre offrire alle persone altre proposte. Come i laboratori didattici, lo sport legato al tempo libero, il trekking. Bisogna diventare un punto di riferimento per quanti, oltre ai prodotti, hanno il desiderio di conoscere meglio la montagna e le incantevoli bellezze del paesaggio in alta quota”.
Ma non solo. “Oltre a consigliare agli agricoltori di puntare sempre sulla qualità, occorre convincerli che solo mettendosi insieme si possono raggiungere dei traguardi altrimenti irraggiungibili da soli. Nella castanicoltura sarebbe davvero importante trovare l’intesa comune sulla promozione e sulla vendita. Ma anche per altri prodotti. Penso, ad esempio, alla trasformazione dei piccoli frutti. Chiedo: perché le aziende di una valle, come potrebbe essere la nostra, non si mettono insieme e affidano il lavoro a un solo laboratorio anziché a dieci diversi? E poi non fanno commercializzare da un’altra struttura specializzata le marmellate e i succhi, magari utilizzando un marchio uguale per tutti? Si spenderebbe di meno nella trasformazione e si guadagnerebbe di più nella vendita. Bisogna entrare nell’ottica che il prodotto di una zona deve essere legato al nome del territorio dal quale proviene. In altre regioni d’Italia lo fanno già da tempo e funziona molto bene”.
Cosa servirebbe dalle Istituzioni? “Devono sostenere e appoggiare quanti decidono di investire nelle Terre Alte. A esempio si dovrebbero prevedere dei bandi dello Sviluppo Rurale solo per le aziende agricole di montagna, perché la loro attività è molto diversa da quelle di pianura e richiede investimenti maggiori. Come i macchinari per lavorare su forti pendenze, che sono più complessi a livello costruttivo e, di conseguenza, anche più costosi. Inoltre, dovrebbe essere riconosciuto agli agricoltori delle Terre Alte il lavoro di manutenzione delle strade e dei sentieri che non dà ritorni economici alle aziende, però previene il dissesto idrogeologico e porta benefici a chi utilizza il territorio montano per passeggiare o andare in bicicletta Le spese che i proprietari dei terreni si accollano per questi interventi nessuno gliele riconosce”.