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«Ritorno ad Alba per narrare un mondo malato di rancore»

Il conduttore di “Porta a Porta” arriva al Teatro Sociale sabato 9 dicembre con il suo ultimo saggio. «Dove parlo dei figli di Berlusconi, rimasti uniti anche nelle questioni di eredità, e di Marta Fascina che annuncia il ritorno in Parlamento. Giorgia Meloni? Ha tutto per arrivare a fine legislatura, poi si vedrà»

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L’occasione per vedere da vicino Bruno Ve­spa, sul palco del Teatro Sociale di Alba (e per una volta non in tv) è fissata per sabato 9 dicembre. Il giornalista più rappresentativo dell’informazione Rai, padrone di casa e conduttore di “Porta a Porta” fin dal lontano 1996, presenterà il suo ultimo saggio dedicato alla realtà storica e politica italiana, come da sua ormai consolidata tradizione. Il titolo del quinto saggio della serie è “Il rancore e la speranza. Ri­tratto di una nazione dal do­poguerra a Giorgia Meloni, in un mondo macchiato di sangue” (editore Mondadori). Il sindaco Carlo Bo e l’assessore al Turismo, Manifestazioni ed Eventi, Città Creative Unesco, Emanuele Bolla han­no già trasmesso l’entusiasmo di poter ricevere ad Alba «un grande narratore del nostro presente» in un incontro che potrà essere «un’importante occasione di riflessione e confronto», reso possibile anche dal coinvolgimento del direttore del sito Unesco, Roberto Cerrato. E allora IDEA ha contatto direttamente Vespa che, prima di tutto, ci ha anticipato l’emozione di poter tornare nella città che lo aveva accolto l’ultima volta per consegnargli il Premio San Giuseppe. «Le Langhe sono una delle zone più belle d’Italia in un contesto tra i più fortunati del mondo, quindi ci torno con estremo piacere».

Direttore, il suo libro fa riferimento ai sentimenti contrastanti di rancore e speranza: è così che possiamo sintetizzare gli anni che stiamo vivendo?
«C’è in effetti un sentimento di rancore che percorre tutto il libro, perché comincia con quanto accaduto tra Israele e Gaza e prima tra l’Ucraina e la Russia, per andare a ritroso alla seconda guerra civile italiana che è quella che parte dopo il 25 aprile del 1945 e finisce nel ’49. Poi si prosegue anche con la politica interna italiana, dove sicuramente il rancore continua a essere una dominante e so­prattutto un’aggravante ades­so che al governo c’è una donna di destra».

Nel dopoguerra c’erano difficoltà ma anche speranza, og­gi invece?
«Obiettivamente il dopoguerra è un momento del tutto drammatico e quello attuale non è esattamente paragonabile, è certamente dif­ficile perché lo è anche per il contesto internazionale. Co­me ha spiegato la premier Giorgia Meloni nella mia intervista: “Una delle cose che ho scoperto in questo ruolo è che qualunque fatto succeda in qualunque parte del mon­do, interessa ogni volta anche noi”. E poi appunto ci sono problemi per una serie di cause come l’inflazione e quindi la crescita dei tassi d’interesse, oppure l’eredità del Superbonus, che limitano oggettivamente le possibilità di manovra. Però, insomma, da questo punto di vista non farei un paragone con il dopoguerra, quando eravamo ve­ramente a terra».

Lei ha dedicato alcuni suoi saggi anche alle donne. Come giudica l’attualità segnata dai femminicidi?
«L’ultimo episodio di cronaca (l’omicidio di Giulia Cec­chettin) è stato sorprendente, perché noi tutti non immaginavamo che anche nei giovanissimi ci potesse essere questo senso del potere su una donna, così estremo da portare a una conclusione tanto tragica. E questo naturalmente ci porta a ripensare tutta una serie di formule educative. Io spero sinceramente che l’accordo bipartisan che c’è stato tra la maggioranza di governo e, in particolare, il Partito Demo­cratico possa portare a una soluzione condivisa per introdurre l’educazione anche sessuale nelle scuole».

Tornando al suo ultimo libro, si parla anche diffusamente dell’era Berlusconi.
«Un intero capitolo riguarda i trent’anni di presidenza di Silvio Berlusconi, con la sua attività politica che ho seguito molto da vicino sia in televisione e sia soprattutto per i libri. L’altro invece è un capitolo sulla famiglia, sui figli, una realtà che l’opinione pubblica conosce meno. I figli si sono dimostrati uniti anche in un momento difficile come quello dell’eredità, quando nessuno ha battuto ciglio: se l’aspettavano e hanno fatto capire che le cose sarebbero andate così. E poi c’è Marta Fascina che mi ha rilasciato una bella intervista annunciando il suo ritorno in Par­lamento, inoltre manifestando e confermando la sua vicinanza e – direi – la sua comunione con la famiglia stessa».

Ha intervistato anche i protagonisti dell’attuale scena politica: da Salvini a Conte, da Schlein a Tajani, da Renzi a Calenda oltre alla stessa Meloni.
«Sì, li ho intervistati tutti. Sono persone evidentemente molto diverse fra loro. In Italia ab­biamo per la prima volta due donne alla guida dei principali partiti e questo è un inedito assoluto. In verità non ce n’era stata nemmeno mai una in quella posizione, ma nell’ultimo anno Meloni era alla guida del principale partito di opposizione, seppur virtuale perché non c’erano state elezioni che lo confermassero. Però, insomma, avere un presidente del consiglio e un capo dell’opposizione donne, è una bella novità. E sono due persone molto diverse, con alle spalle mondi altrettanto diversi: la Meloni che vuole costruire un partito conservatore e la Schlein che intende costruire un partito movimentista, un partito di sinistra. Quindi, due mondi lontanissimi. Poi a giugno andranno alle elezioni europee e verosimilmente alle elezioni politiche del ’27».

È possibile immaginare futuri sviluppi?
«Non faccio mai previsioni, anche perché la politica italiana ha sempre dimostrato che poi le cose vanno sempre diversamente. Credo che – a meno di follie – la maggioranza di governo abbia la possibilità di arrivare alla fine della legislatura. Come e con quali risultati, lo vedremo».

Fuori dalla scena italiana, ha dedicato un altro libro alla vicenda umana e politica di John Fitzgerald Kennedy.
«Resta sicuramente una figura carismatica, anche se nel mio testo metto in luce i chiaroscuri, cioè mostro oltre ai “chiari”, anche tutti gli “scu­ri”. Insomma, non sono sicuro che se Kennedy fosse so­pravvissuto sarebbe stato rieletto, sia per le sue condizioni di salute (che furono tenute clamorosamente nascoste), sia per le sue avventure femminili, per le quali a dire il vero ha beneficiato di una grande indulgenza da parte della stampa».

CHI È

Nato a L’Aquila il 27 maggio 1944, è ideatore e conduttore di “Porta a Porta” che dal 1996 è un appuntamento fisso su Rai1. È stato direttore del Tg1, fu lui ad annunciare in diretta il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro il 9 maggio 1978. Oggi è anche produttore di vini, in Puglia

COSA HA FATTO

Ospite di Verissimo, nella puntata del 26 novembre, si è commosso ricordando il fratello Stefano che – a sua volta giornalista – è morto all’improvviso all’età di 64 anni nel marzo del 2022, provocando un immenso dolore al noto conduttore

COSA FA

È atteso ad Alba per la sera del 9 dicembre: dal palco del Teatro Sociale “Giorgio Busca” presenterà il suo ultimo libro “Il rancore e la speranza. Ritratto di una nazione dal dopoguerra a Giorgia Meloni, in un mondo macchiato di sangue”. Sarà l’occasione per ripercorrere la cronaca politica degli ultimi anni, in Italia e nel mondo