L’uso e l’analisi dei dati si stanno diffondendo con una costanza sempre maggiore, abbracciando tutti i campi del sapere. Per la crescita di tale tendenza, allo sviluppo tecnologico si lega la figura del data scientist. È questa la carica che riveste per Porini – azienda di Milano leader nell’analisi dati e nella creazione di soluzioni basate su intelligenza artificiale – Luca Malinverno. In occasione della sua presenza ad Alba, alla Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, noi di IDEA lo abbiamo intervistato.
Malinverno, che realtà ha trovato alla Fiera?
«Io e i miei colleghi veniamo da un mondo molto diverso, quello dell’informatica e dell’analisi dei dati, per cui è stato parecchio interessante. Ci ha fatto capire quanto dietro ad un elemento come il tartufo ci siano tante realtà che fanno da contorno, come anche il vino e le nocciole. Un’altra cosa che ci ha colpito molto è stata la quantità di persone che arrivavano da tutto il mondo. È stato stimolante mettersi a confronto con un pubblico che, di solito, non è il nostro».
Nell’occasione avete presentato il nuovo progetto di Porini, Gp[T]artufo. Di cosa si tratta?
«La sfida che ci ha lanciato Microsoft, di cui siamo partner storici e con la quale collaboriamo all’iniziativa Ai-Lab, era quella di proporre un’app di “generative Ai” per un diverso campo di applicazione. Abbiamo dunque pensato di sfruttare questa tecnologia e la sua capacità di cercare in Internet le informazioni, di sintetizzarle, e di creare qualcosa di nuovo che potesse ispirare i visitatori della Fiera circa ricette o nuovi modi di mangiare il tartufo».
Come funziona?
«Abbiamo presentato l’app con uno schermo touch sul quale vanno indicati gli ingredienti che si vogliono utilizzare nella ricetta, gli allergeni, il numero di persone per cui preparare la pietanza e altre esigenze particolari. Con queste informazioni, il motore di intelligenza artificiale va a cercare sul web e, mettendo insieme i dati, crea una ricetta nuova; se la inventa, immaginando che sia buona sulla base dei risultati trovati in rete. C’è da notare che l’Ai è un’intelligenza, ma non ha il senso del gusto e di conseguenza potrebbe proporre abbinamenti che farebbero storcere il naso ad uno chef. Queste tecnologie possono servire agli esseri umani come copilota, ma non sono il loro sostituto».
Che riscontri avete avuto ad Alba?
«Il progetto ha suscitato grande interesse. Le racconto un episodio che mi ha ispirato particolarmente. Una coppia di americani, di Seattle, davvero appassionata di cucina, ha cominciato a giocare con l’app. Hanno passato 20 minuti davanti allo schermo, prendendo appunti sulla ricetta e modificandola, per poi andare a comprare gli ingredienti. Sono tornati nuovamente il giorno dopo ed erano parecchio contenti della ricetta provata».
Lei si occupa di scienza dei dati. Quando si è avvicinato a questo settore?
«Ho lavorato per tanti anni nel mondo della ricerca, all’università, facendo il dottorato di ricerca in fisica delle particelle e occupandomi di sicurezza nucleare. Nel passaggio tra l’accademia e l’azienda ho incontrato Porini, la cui offerta è stata molto interessante proprio perché si trattava di continuare l’analisi dei dati, non più quelli fisici ma i dati economici. Sono arrivato così a fare il “data scientist”, a lavorare con gli algoritmi per cercare di fare previsioni sul futuro. In questo momento mi sto occupando di supervisionare le attività di ricerca e innovazione all’interno dell’azienda, sia verso i clienti che verso l’interno».
Il suo lavoro si intreccia quindi con lo sviluppo delle Ai.
«L’intelligenza artificiale è una tecnologia che esiste dagli anni ’40, è anche più antica di Internet. Nel passato, però, le memorie non erano così economiche per raccogliere tutti questi dati, affinché questi processi matematici potessero funzionare veramente e dare dei risultati tangibili. Oggi siamo ad un punto in cui la memoria informatica costa pochissimo. Il crollo del prezzo delle memorie e la potenza di calcolo accessibile a costi non proibitivi permettono di allenare algoritmi efficaci, capaci di restituire risposte altrettanto efficaci e utili».
Cosa prevede per il futuro?
«Negli ultimi anni è arrivata la rivoluzione dei transformer, ossia Chat Gpt. Anche la sua tecnologia esiste da qualche anno, ma ultimamente l’interfaccia della chat l’ha resa popolare: adesso tutti possono averne accesso. La sua potenza e la sua diffusione la rendono una rivoluzione paragonabile solo ad altre due, l’invenzione della ruota e quella della stampa a caratteri mobili. Così come la ruota non ha sostituito le gambe e la stampa non ha sostituito la mano che scrive, sono convinto che l’intelligenza artificiale non sostituirà il cervello umano. Si affiancherà, esattamente come hanno fatto questi due strumenti, in un modo incredibile e integrato, per aiutarci a fare di più, meglio e più velocemente alcune cose. È questo il concetto di copilota a cui facevo cenno prima. Ma vorrei aggiungere una cosa».
Prego.
«Oggi sicuramente stiamo sottostimando l’impatto di queste tecnologie. Pensiamo all’elettricità: gli impianti elettrici sono stati messi in produzione per sostituire le candele nei lampioni, ma poi si è arrivati alla lavatrice e al frigorifero. Nel futuro dobbiamo quindi aspettarci una serie di altre cose basate sulla Generative Ai».
Tornando al suo lavoro, quali ritiene siano gli aspetti più stimolanti?
«Parlare di intelligenza artificiale vuol dire stare sull’ultima frontiera della tecnologia. Siamo di fronte ad un qualcosa che ragiona e ci risponde. Provare a conoscere un altro tipo di mente, fatta in silicio e non in carbonio, è un aspetto assolutamente intrigante. È poi stimolante vedere le reazioni delle persone e lo stupore legato alla capacità di creare valore partendo da questa cosa».
Chiudiamo con una curiosità: uno scienziato come lei che hobby ha?
«La passione delle passioni è la montagna. Spesso sono in Piemonte e apprezzo molto anche la provincia di Cuneo. Amo poi giocare con mia figlia, stare in famiglia e fare lunghe passeggiate insieme».
Articolo a cura di Domenico Abbondandolo