«Solo con il dialogo si risolvono i conflitti»

In un mondo a pezzi è ancora possibile sperare? «Gesù da sempre ci aiuta a cambiare la storia», ci ha detto Don Vincenzo Paglia

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Abbiamo chiesto a Don Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita e consigliere spirituale della Comunità di Sant’Egidio, alcune riflessioni in vista del Natale e del nuovo anno

Monsignor Paglia, il titolo del libro che ha scritto con Domenico Qui­rico, parla di speranza e di un mondo a pezzi: dice tutto…
«Il libro inizia con una “ultim’ora”, una riflessione sugli eventi drammatici in Terra Santa dal 7 ottobre. Perché in questo nostro mondo che letteralmente sta andando “a pezzi”, è indispensabile tenere dritta la barra della solidarietà e della speranza».

Speranza e mondo a pezzi, co­me si esce da questo corto circuito?
«La speranza è una virtù cristiana e molto umana. È la possibilità di sognare un mondo diverso e di impegnarci, tutti, per incamminarci perché diventi realtà, senza rassegnarci all’ondata di ingiustizie, di conflitti, di divisioni, che sembrano prevalere. Non debbono prevalere. E di­pende anche da noi. Chi crede lo sa. Chi crede sa bene che la prospettiva della città futura ha le sue basi già su questa terra. Già da oggi siamo chiamati a costruire un futuro di pace».

Ma è un mondo dove non si riesce più a vedere la pace?

«Nel libro sottolineo che ci sono “due mondi”. Il primo è quello raccontato dai media quando enfatizzano guerre, conflitti, di­visioni tra i popoli e nazioni. Poi c’è un altro mondo, composto dai miliardi di persone che ogni giorno lavorano e si impegnano per una vita dignitosa, umana, più giusta, prendendosi cura di se stessi e degli altri, a partire dalla propria famiglia. Questa è la giusta prospettiva della pace: partire dal quotidiano, dall’impegno di ogni giorno, di piccoli gesti che costruiscono la civiltà dell’amore. Ricordiamo questa espressione di Paolo VI: la civiltà è dell’amore, o non è civiltà!»

Che ruolo ha o dovrebbe avere la politica?

«La politica ha il compito di aiutare i popoli a svilupparsi e a convivere nella pace. C’è quindi bisogno di una visione che accomuni i popoli. Purtroppo oggi stiamo assistendo al fallimento della politica, in Occidente, in Medio Oriente, in tante altre aree geografiche anche perché non c’è una visione unitaria. I popoli sono ripiegati ciascuno su se stesso. Ecco perché le Nazioni Unite sono praticamente annullate? Un mondo senza un’istanza planetaria autorevole è destinato a cadere a pezzi. Non dobbiamo però rassegnarci. Papa Francesco ha indicato la strada da percorrere: le due encicliche, la “Laudato sì”, sulla casa comune (il pianeta) e la “Fratelli Tutti” (la famiglia che abita questa casa), suggeriscono la visione che tutti dovrebbero accogliere e perseguire».

Lei e Domenico Quirico identificate 4 sfide fondamentali.
«Bisogna ripartire dagli ultimi, da quelli che maggiormente sono colpiti da un mondo che “va a pezzi”. Ecco perché porre attenzione, anche politica, ai poveri, ai migranti, agli anziani, significa riannodare i fili di una giustizia planetaria indispensabile. Siamo al cuore di quello che Papa Francesco chiama “cam­biamento d’epoca”. Ve­dia­mo ogni giorno in che modo la tecnologia e la scienza stanno cambiando la vita, il lavoro, l’istruzione, l’assetto della cultura e del mondo. E le persone fragili corrono il rischio di essere lasciate indietro. Invece con forza, dobbiamo riaffermare un principio fondamentale: ogni persona ha diritto a una vita degna, giusta, umana. Nessuno va lasciato solo, pena la barbarie universale».

Il mondo si sta spaccando sul tema dell’immigrazione.
«Il fenomeno migratorio è universale e sin dalle origini del mondo. Chi pensa di ignorarlo o di bloccarlo è fuori della storia. Non bisogna spargere paure, ma saggezza. E significa che questo fenomeno va “governato”. Non dobbiamo cadere nella trappola di nazionalismi ciechi tesi solo a conservare i propri privilegi. Di fronte al fenomeno delle migrazioni dobbiamo accrescere la capacità di accoglienza, sia dei singoli popoli sia dei popoli aggregati. È ovvio che l’Italia non può da sola affrontare in maniera adeguata tale questione. È indispensabile che intervenga anche l’Europa e, a mio avviso, l’intera assise delle na­zioni. Mi permetto un esempio virtuoso: i corridoi umanitari realizzati dalla Comunità di Sant’Egidio e dalle Chiese Evan­geliche. E c’è anche da dire che abbiamo bisogno degli stranieri che compiano lavori che in Italia sono disattesi. La grande sfida dell’integrazione è una questione di maturità culturale. Un Paese che non sa accogliere e integrare è destinato all’estinzione. Al contrario, coloro che ci riescono hanno un futuro positivo per essi stessi e per il paese».

Lei ha scritto anche “L’età da inventare”, libro sulla vecchiaia. Che ruolo hanno gli anziani nella società di oggi?

«In Italia, oggi, ci sono 14 milioni di persone sopra i 65 anni, me compreso! Siamo un popolo di anziani, un terzo del paese. Pensi per un istante a quanto la medicina ha fatto per migliorare la salute e dunque la prospettiva di vita si è allungata, superando gli 80 anni. Dall’età della pensione – 65 anni in genere – ognuno di noi vive altri 20 anni e più. Ma per fare cosa? Manca una assistenza adeguata, mancano strutture, per una popolazione anziana ma ancora in buona salute, che non può venire relegata su una panchina nei giardini pubblici. La nostra società deve mettere a fuoco che la vecchiaia è una stagione della vita in cui si può e si deve essere e sentirsi utili. L’Italia oggi ha una legge che riforma l’assistenza per gli anziani, grazie al lavoro della Commissione governativa che ho presieduto. Accanto alla legge, all’assistenza, a nuovi parametri di presa in carico, dobbiamo realizzare una riforma culturale, perché gli anziani sono una risorsa, non un peso».

Quale futuro avranno i nostri figli in un mondo a pezzi come lo definisce lei? Il cristiano oggi che ruolo deve avere in questa società?
«La speranza è il motore della storia dell’umanità, soprattutto oggi quando sembrano di più le ragioni per rinchiuderci nell’individualismo. La speranza, la speranza cristiana, apre agli altri, a uno sguardo di fiducia. Dobbiamo insegnare e spiegare ai nostri figli, ai nostri nipoti, alle tante persone che si rivolgono alla Chiesa, che solo nell’incontro e nel dialogo si risolvono i conflitti. E le religioni hanno un ruolo urgente e imperativo nel contribuire a dialogo e pace».

Qual è il messaggio che vuole lanciare per questo Natale e la speranza per il nuovo anno?
«Direi così. Care amiche e cari amici, fratelli e sorelle tutti tra di noi, guardiamo con fiducia e speranza a quanto è accaduto a Betlemme oltre duemila anni fa. È avvenuta una nascita che ha cambiato la storia del mondo, ha infuso una nuova linfa in tutta l’umanità. Accogliamo quel Bambino nei nostri cuori e lasciamolo crescere giorno dopo giorno. E succederà anche oggi quello che i nostri padri compresero quando iniziarono a contare gli anni dalla nascita di Gesù (prima e dopo Cristo). Gesù ci aiuta a cambiare la storia anche oggi».