«Da Meloni a Schlein facciamo le carte ai politici del 2024»

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Se vi capita di ascoltare la sua trasmissione alla radio, noterete lo stile eclettico e informale che si sviluppa pur nell’approfondimento giornalistico. È ciò che contraddistingue “Non è un paese per giovani”, programma di Rai Radio 2 condotto da Tom­maso Labate assieme al dj Massimo Cervelli. «Trattia­mo tutte le notizie – ci dice il giornalista del Corriere della Sera – da quelle serie alle meno serie, facciamo un vanto della varietà dei nostri ospiti, da Jovanotti che si confida dopo l’incidente a Diego Abatantuono che racconta il suo Natale, fino a Bruno Vespa che ripercorre tutta la sua carriera di cronista. È una trasmissione che piace perché, con la cifra stilistica che le abbiamo dato e la contraddistingue, sa affrontare grandi temi con interlocutori tra loro molto diversi».

Facciamo un gioco per questo inizio di 2024: come sarà l’anno dei protagonisti della politica? Cominciamo, ovviamente, dal presidente Sergio Mattarella.
«Ha saputo rendere sempre di più la Presidenza della Re­pubblica un porto sicuro per le aspettative degli italiani di centrodestra e centrosinistra, tanto che è stato rieletto al Quirinale con il sostegno di tutti i partiti, ad eccezione in quel caso di Fratelli d’Italia. A differenza di Giorgio Na­politano che subordinò l’accettazione del secondo mandato alla condizione che questo non si spingesse dopo una certa soglia (i suoi 90 anni), Mattarella non ha messo limiti. Quindi la sua è una Pre­sidenza che opera nel pieno della forze formali ma anche materiali. E infatti, come sottolineano puntualmente le rilevazioni demoscopiche, Mattarella resta il baluardo della coscienza per tutta la popolazione italiana».

Prima di varie polemiche, Giorgia Meloni era alle prese con la riforma istituzionale che dovrebbe istituire il premierato. Questo progetto troverà una realizzazione? E quanto inciderà?
«Il fatto è che si tratta di una riforma molto confusa e pa­sticciata, come quasi tutti gli osservatori – anche di centrodestra – hanno sottolineato, perché in sostanza i poteri del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio rimangono invariati, cambia soltanto la modalità di elezione in una forma che non è ancora chiara. Questa modifica stabilisce soltanto che il presidente del Consiglio deb­ba essere eletto dal popolo, ma non si sa come. Appare troppo complicata».

Passiamo al Senato e al presidente Ignazio La Russa che ad ogni esternazione provoca scossoni polemici.
«La sua difficoltà sta nel trovare un’immagine coerente tra come è nella realtà e come viene percepito dall’opinione pubblica. In tutta sincerità, se si dovesse identificare in Italia un “pericoloso fascista”, non mi sembra che possa essere lui. Però al tempo stesso mi sorprende che La Russa non faccia abbastanza per non sembrare quello che poi non è. Avete presente la battuta di Jessica Rabbit? Lo disegnano così».

E invece quali mosse farà Matteo Salvini che, negli ultimi tempi, appare in posizione più defilata?
«Attraversa sicuramente una fase poco “salviniana”, nel senso che sembra l’ombra dell’interventista che avevamo conosciuto in passato. Pare aver imparato la lezione del “Papeete”, cioè del leader che a furia di mostrarsi troppo presente e con continue richieste – come quella dei pi­eni poteri emessa proprio nella discoteca romagnola -, ha capito che quel modo di fare non funziona. Ma nel frattempo non ne ha trovato un altro. Ha imparato la lezione, ma ora non sa quale soluzione studiare per rimanere a galla. Valuta la strada dell’ultradestra, che un mese fa aveva radunato a Firenze, però all’interno della Lega ci sono personaggi, tra i più apprezzati, che esprimono declinazioni sul futuro totalmente diverse dalle sue, vedi Zaia e Fedriga».

Intanto Elly Schlein porta avanti diverse battaglie: sono quelle giuste per la sinistra?
«Porta effettivamente avanti diverse battaglie e lo fa sempre in grandissima buona fede e con tanta buona volontà, anche se spesso si fa fatica a capire quali siano queste battaglie. Per usare un verso di Francesco De Gregori, “non sa dove andare, comunque ci va”. Però è indubbiamente un dirigente politico che agisce in buona fede».

Giuseppe Conte, leader dei 5 Stelle, è più facile da inquadrare?
«Lui ha il vantaggio di portare avanti due opposizioni: una la fa contro la maggioranza di governo e la seconda contro il Pd. Quando riesci a incamerare più opposizioni, hai maggiori possibilità di individuare il focus della tua battaglia. Diciamo che è un leader che arriva da un’esperienza di governo, ma sembra bravo a fare solo opposizione, che poi è qualcosa che nel brevissimo periodo potrebbe anche portargli fortuna».

Nel dibattito della politica rientra sempre più spesso Maurizio Landini, segretario della Cgil. Conquisterà un ruolo politico di primo piano?
«Solitamente si diceva che il centrosinistra avesse bisogno di una sorta di “papa straniero” e ciclicamente questo avveniva tutte le volte che il professor Romano Prodi non c’era o era impegnato in altri affari. Come se quella sinistra, non fidandosi fino in fondo dei leader dei suoi partiti, fosse costretta a cercare altrove diverse leadership che potessero rappresentarlo nel­la sua interezza. Ecco, questo condominio di riserve del centrosinistra è sempre stato affollato, adesso invece qui ci abita solo Landini. Dei tanti papi stranieri possibili, oggi è rimasto in gioco solo lui».

Per concludere: se diciamo Sanremo cambiamo troppo registro?
«No, perché Sanremo è un vero e proprio governo di unità nazionale. Amadeus è stato talmente bravo, già nelle altre edizioni, che ha saputo disegnare un parterre di concorrenti con il pregio di poter unire le famiglie italiane. Qual è il problema, specie da quando sono arrivati i social? È il confronto generazionale. Fino a 20 anni fa si riuniva una famiglia intorno a un tavolo e, dai nonni ai nipoti, tutti sapevano chi fosse Pippo Baudo. Tutti così avevano la possibilità di parlare di un argomento di dominio comune. Adesso invece una percentuale significativa di italiani, fino ai 25 anni, non ha la più pallida idea di chi sia Baudo. Sanremo è l’unico contenitore in cui tutti sanno di cosa si parla. I più grandi conoscono i Ricchi e Poveri, i più giovani sanno chi sono le nuovissime leve della musica. Amadeus a tutti gli effetti sembra l’unico leader capace di realizzare un’idea di unità nazionale. E Sanremo di conseguenza è l’unico vero governo di unità nazionale, sia per credo politico sia per censo, per provenienza geografica e per età anagrafica».

CHI È

Nato a Cosenza nel 1979, fa il giornalista da quando ne aveva 23 cominciando a scrivere per Il Riformista, prima di passare al Corriere della Sera. È legato sentimentalmente all’attrice Valeria Bilello che recentemente abbiamo visto nel film “Doppio passo” di Lorenzo Borghini

COSA HA FATTO

Ha condotto nell’ultimo periodo su La7 i programmi di approfondimento quotidiano “In Onda” e “Fuori Onda” insieme con David Parenzo. Ha scritto inoltre numerosi saggi: nel 2022 ha pubblicato per Solferino il libro “Ultima fermata – Il grande intrigo della politica italiana”

COSA FA

Su Rai Radio 2 conduce “Non è un paese per giovani”, programma di informazione e intrattenimento con Massimo Cervelli. Cura una rubrica fissa sul settimanale Io Donna (“Il buono e il cattivo”) e conduce, sul sito del quotidiano di via Solferino, il programma
da lui ideato #Corrierelive in cui trovano spazio i protagonisti dello scenario politico e culturale italiano