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Nutrire l’inclusione

Nico Acampora sei anni fa pensò a un locale gestito interamente da ragazzi autistici come il suo Leo: ha vinto la scommessa e il progetto continua, non terapia ma opportunità

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PizzAut non è una terapia. PizzAut è un’opportunità. PizzAut è uno strappo alla chiusura e un ponte sul futuro per ragazzi autistici. PizzAut è la scommessa vinta del papà di uno di loro, Nico Acampora, 52 anni, napoletano trapiantato a Cernusco sul Naviglio, che un giorno, vedendo il suo Leo impastare e stendere il pomodoro, partecipe e sorridente, in famiglia, ha avuto un’idea semplice eppure dirompente e la forza di coltivarla. In Italia nasce un bambino autistico su 76, le persone autistiche sono 600.000 e soltanto l’uno per cento è inserita nel mondo del lavoro, così Nico ha pensato a un’occasione professionale per coinvolgerne e responsabilizzarne più possibile, ribellandosi a un destino che prevede molto spesso la protezione di casa o un centro assistenziale. Educatore, con esperienza in politica e nel sociale, ha immaginato un ristorante gestito interamente dai “suoi” ragazzi e chi l’etichettava come sognatore risponde oggi con due locali a Cassina de’ Pecchi e Monza.
La lampadina s’è accesa una notte di sei anni fa, l’immagine di quelle giovani mani infarinate e l’idea confidata alla moglie: «Dobbiamo aprire un ristorante» e la risposta di lei, sorpresa e assonnata, «Ma Nico, nemmeno sai cucinare. Dormiamo che alle 5.30 ho la sveglia». Quando squilla, lo trova al computer: sullo schermo le bozze del progetto, con il fortunato slogan “Nutriamo l’inclusione”, e dal giorno dopo una missione sola, trovare fondi e coinvolgere persone, la spinta dei social e il sostegno popolare, la vicinanza di istituzioni e personalità colpite dalla forza d’animo di Nico e dal coinvolgimento, dalla gioia dei suoi ragazzi. Dal presidente Mattarella, per il quale i ragazzi hanno inventato la pizza Articolo 1 («perché l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, anche degli autistici») a Papa Francesco che ha speso parole bellissime: «Dimostrate che la persona autistica è il buon samaritano. E rappresentate la vera economia: quella che non scarta gli uomini, ma li integra e valorizza». Quello che desiderava Nico, riflettendo sulle difficoltà, anzi sui muri, trovati dagli autistici: «Non siamo di fronte a una malattia, non si guarisce. Però possono migliorare relazioni, competenze e integrazioni. I livelli sono molto diversi, si passa da persone che non parlano a soggetti dai livelli intellettivi superiori alla media, i gradi di autonomia, consapevolezza, capacità relazionale variano, ma in Italia, qualunque sia il livello, per le persone autistiche non ci sono possibilità». Ci ha pensato lui, sfidando perfino la pandemia, quando con i locali chiusi inventò i PizzAutobus che non portavano margherite e capricciose a domicilio, ma un’intera pizzeria su due ruote nei condomini, non dimenticando di raggiungere gli ospedali per dare ristoro, e ringraziare, medici e infermieri. Nico sorride, ma non si ferma: guarda avanti, cerca nuove occasioni. Dispiaciuto solo un poco per aver a tratti, rapito dal progetto, trascurato l’altra figlia e, in alcuni frangenti, perfino Leo per cui è nato tutto, ma in fondo la sua famiglia è ormai estesa, il tempo rubato e l’impegno comprensibili: «Non facciamo terapia, facciamo un’ottima pizza. Diamo l’opportunità di lavorare alle persone autistiche e loro stanno meglio».

BaNNER
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