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Le sensazioni del raduno dei trifolau e dei cani da tartufo, tra cronache e storie vere

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Il raduno dei trifolau e dei cani da tartufo? Un successo, pieno e nitido: con buona pace di tutti, in una stagione che sino a qualche anno fa pareva “libera” da eventi di sorta, per via di quel senso di sazietà che danno le feste natalizie. Ma anche con un “vuoto” che questa manifestazione, ormai classica e attesa nell’inverno roerino, ha saputo colmare.

Tutto questo grazie al Comune di Canale con l’appoggio da quest’anno del sistema GoWine, e soprattutto all’Enoteca regionale del Roero, che questa kermesse l’aveva fatta nascere in tempi in cui lo spirito era certamente volto alla goliardia (non c’è più ora, la distribuzione della “panada” ai cani presenti: ma ci sono anche meno deiezioni in giro per la cittadina, a chiusura dei libri) e agli ospiti “di peso”, un tempo affidati alle varie eminenze di trasmissioni televisive come “Striscia la Notizia” che pare a sua volta parallelamente in calo, come uno specchio dei tempi tra ciò che sa richiamare l’attenzione del pubblico, e ciò che effettivamente conta, nella sostanza, nel concreto.

E dire che, in fatto di ospiti, la rassegna di domenica 14 gennaio ne ha avuti: oltre alla carrellata di esponenti nel mondo politico nazionale e regionale, ai sindaci della zona -con tutto l’esprimersi di possibili “volti nuovi” nella tornata elettorale del prossimo giugno: è così ufficialmente iniziato il “toto-fascia tricolore”- c’è stata soprattutto la nuova Miss Italia, Francesca Bergesio. La quale, per inciso, ha rappresentato una ventata di freschezza nel gelo mattutino: un inno vivente al sorriso, mai altera, e pronta a calarsi in un mondo fatto di riti, di quell’incredibile commistione tra la rudezza di chi conosce il buio, la terra, l’ansimare imprevedibile dei cani, e il prestigio “mondiale” del tuber magnatum pico, e di tutto ciò che vi riguarda.

Tant’é: oltre duecento i “trifolau” intervenuti, con i fedeli “tabui” al seguito: in un rapporto, il loro, che in molti casi appare inscindibile, fisico, quasi ormonale. L’ascendente che vigila su questo mondo è fatto anche di ormoni, oltre che di sensi e profumi più tangibili.

Cercatori di ogni età, di ogni provenienza: pronti anche a sperimentarsi in una ricerca simulata tra le aiuole del centro canalese, ma anche a sedersi al tavolo della Consulta regionale convocata appositamente in mattinata nella sala consiliare del municipio, agli ordini dell’assessore regionale Fabio Carosso. Che, con tanto di delega affidata all’epoca dal suo governatore pedemontano Alberto Cirio, ha dato il primo ok ad una svolta epocale: ossia, il posticipo dell’inizio della raccolta dei tartufi al 1° ottobre di ogni anno. Il Piemonte accetta dunque la sfida: e, auspicando l’evitare di una “fuga in avanti” da parte di altre regioni (senatore Giorgio Bergesio docet), punta ad assestare ancora una volta l’asticella sul segno della qualità e dell’autenticità di questo prodotto d’eccellenza. Se ne parlerà ancora, in altre sedi, presumibilmente il 31 gennaio o il 1° febbraio prossimo: ma le coordinate paiono tracciate, così come quelle legate ai tempi delle Fiere dedicate, prima fra tutte quella internazionale di Alba, qui rappresentata dalla leader Liliana Allena, per cui si prospetta un prolungamento annuale sin quasi a ridosso del periodo natalizio.

Oltre alle tradizioni del festante corteo nel centro storico di Canale, al ritrovo finale di fronte al Castello (a proposito, è ormai di dominio pubblico un suo epocale passaggio di consegne a nuove proprietà), non sono mancati i saluti del “patron” Marco Perosino, del sindaco “di casa” Enrico Faccenda e di una lunga serie di autorità locali, anche per sostenere l’attesa dell’arrivo dello stesso Alberto Cirio. Così come è stato confermato il momento della benedizione solenne a trifolau e cani da parte del parroco don Eligio Mantovani: un segno di continuità nel nome di Sant’Antonio, cui ci si appella del resto in ogni ricerca, nella collisione tra folklore e religiosità che ha fatto dire “Sant’Antonio dal mantello di velluto, fammi ritrovare ciò che ho perduto” da generazioni e generazioni di famiglie, senza necessariamente valicare le curve ideali di tartufi, boschi e colline.

E, infine, le premiazioni, curate da Mario Aprile (coordinatore dei trifolau piemontesi) e supportate dall’impresa Monge, storico partner della manifestazione. Il “tabui” più vecchio è risultato Fara, bracco di 16 anni, che appartiene a Giuseppe Capello da Carmagnola: i più giovani, invece, Sky di Giuseppe Bordino da San Salvatore e Ugo di Aldo Alessandria da Monforte d’Alba, autentica “leggenda” in fatto di tartufi, tutti e due di due mesi. Simbolico, ma significativo, il riconoscimento ai trifolau più giovani: Lorenzo Bonino da San Damiano d’Asti, Anita Valle da Bra e Edoardo Iberti da Sommariva Perno. Il trifolau più anziano giunto a Canale è stato Bruno Rainerdo da Montà, 81 anni di vita e d’esperienza: mentre quello proveniente da più lontano è stato invece il messinese Giovanni Caruso da Messina.

La tradizionale gualdrappa per il cane-top è stata infine appannaggio di Mirca, che alcune settimane fa indirizzò i soccorritori nel luogo in cui giaceva il compianto proprietario Maurizio Fenocchio, colpito fatalmente da un infarto a Neviglie.

Storie che superano la cronaca, e sfociano nei boschi della letteratura: vicende e fatti che, di certo, lasciano il segno.