“Il mondo del calcio dilettantistico sostiene l’importanza del ricordare le lezioni della storia dell’Olocausto di fronte al preoccupante fenomeno della discriminazione razziale e dell’antisemitismo in tutto il mondo. E’ un dovere ricordare lo sterminio di sei milioni di persone in campi isolati da fili spinati. La Lega Nazionale Dilettanti vuole richiamare con un monito le giovani generazioni affinchè, abbracciando i valori dello sport, non cedano mai a sentimenti di indifferenza e alla banalità del male – queste le parole del Presidente Giancarlo Abete – Per sconfiggere qualsiasi forma di antisemitismo e discriminazione razziale è necessario riportare in vita questo dolore, il martirio che ha segnato una delle pagine più buie della storia mondiale dell’umanità”.
Quest’anno il 27 gennaio, la Giornata Internazionale della Memoria dell’Olocausto cade di Shabbat, il Sabato che rappresenta uno degli avvenimenti più importanti per la fede ebraica perchè si celebra il riposo e si stabilisce un limite al dominio dell’uomo sulla natura.
Sono stati molti i campioni dello sport del calcio a sparire nei campi di sterminio. Primo Levi ne I sommersi e i salvati ha descritto una partita tra SS e membri del Sonderkommando, i prigionieri che dovevano occuparsi delle camere a gas e dei forni crematori perché ad Auschwitz si giocava anche a pallone.
Per questo, in ricordo dei talenti che hanno perso la vita, la Lega Nazionale Dilettanti in collaborazione con l’ Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti (ANED) donerà le figurine dei seguenti calciatori:
Árpád Weisz, nato a Solt (Ungheria) il 16 aprile 1896, è stato uno dei più grandi allenatori nella storia del calcio italiano ed europeo. Ha vinto tre scudetti in Serie A, uno con l’Inter nel 1929/30, nella prima storica edizione del campionato a girone unico, due con il Bologna nel 1935/36 e 1936/37. Sotto la guida dell’allenatore ungherese, “lo squadrone che tremare il mondo fa” seppe anche trionfare al Torneo Expo di Parigi del 1937. Nel 1938, a causa delle leggi razziali varate dal governo fascista, fu obbligato a lasciare, nel silenzio generale, la panchina e il nostro Paese insieme con la moglie Elena e i due figli Roberto e Clara, rifugiandosi prima in Francia e poi nei Paesi Bassi, continuando ad allenare. All’inizio degli anni ‘40 la situazione generale, nell’Olanda occupata dainazisti, peggiorò sensibilmente e la popolazione di religione ebraica venne espulsa da scuola, lavoro e da qualsiasi attività, calcio compreso. Ad agosto 1942 la famiglia Weisz venne arrestata dalla Gestapo e ad ottobre si aprirono per loro i cancelli di Auschwitz. I due bambini vennero mandati subito nella camera a gas.
Vittorio Staccione nasce a Torino il 9 Aprile 1904 da famiglia operaia. A 11 anni, notato da Enrico Bachmann, famoso calciatore del Torino, viene inserito nelle giovanili della squadra granata. Esordisce in prima squadra nel 1924. La storia sportiva e umana del giocatore viaggia di pari passo con il ventennio più oscuro d’Italia. Il non volersi piegare al regime di Mussolini ha senza ombra di dubbio reso molto complicato il percorso sportivo di Vittorio; nonostante le intimidazioni e pure le ripetute violenze, Staccione sul campo ha saputo lasciare il segno, sia nel suo amato Torino, sia successivamente nella Cremonese, Fiorentina ed a Cosenza. Finita la carriera calcistica, torna a Torino, lavorando come operaio alla FIAT e partecipa all’organizzazione dello sciopero del 1 marzo 1944. Dieci giorni dopo viene arrestato, consegnato alle SS e deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, assieme al fratello Francesco, come prigioniero politico. Morirà il 16 marzo 1945.
Orazio Coriolano Perioli è stato uno dei protagonisti della storia dello Spezia Calcio e della Resistenza. Nato ad Arcola il 31 marzo 1894, insieme ai fratelli condurrà un’azienda portuale tra le più importanti in città. Nel 1941 diventerà presidente della squadra calcistica, dando una grande impronta ed acquistando giocatori come Eusebio Castigliano e Carlo Scarpato. Nel 1943, dopo l’armistizio, lascerà che la squadra venga inglobata nel Corpo dei Vigili del Fuoco, al fine di evitare che i giocatori possano essere richiamati alle armi, come faranno altri club. Quella squadra vincerà il campionato 1944, per il quale sarà riconosciuto postumo un titolo onorifico. Il Presidente Perioli verrà catturato il 23 novembre del 1944 per aver fornito viveri alle forze partigiane. Il 2 febbraio del 1945 inviato al campo di concentramento di Mauthausen e poi a Gusen. Viene ucciso il 30 Aprile 1945, dalle percosse di un kapò.
Carlo Castellani segna gol a raffica nell’Empoli, solo in epoca recente è stato superato Per quanto la famiglia Castellani sia antifascista, Carlo non si occupa di politica. La notte dell’8 marzo 1944 i carabinieri e il gerarca bussano alla porta di casa Castellani per portare via il padre David, che però è malato. Carlo decide di prendere il suo posto, senza opporre resistenza per paura di ritorsioni nei confronti dei suoi familiari. Carlo viene portato a Firenze. Dal binario 6 della Stazione di Santa Maria Novella viene caricato su un treno per la Germania, ammassato con centinaia di deportati e deportate, alcuni troveranno la morte durante il viaggio, lui arriva giorni dopo a Mauthausen. Carlo Castellani, sfiancato nel fisico e nella mente, muore l’11 agosto 1944.
E la lista è lunghissima, infinita come la sofferenza e il martirio subìto.
Qui, di seguito, si ricordano altri calciatori che non hanno mai più giocato una partita di calcio, si stima che durante il nazifascismo abbiano perso la vita sessantamila atleti (Fonte: Sergio Giuntini):
Raffaele Jaffe fonda la sua squadra, il Casale: i calciatori scendono in campo indossando la maglia nera con una stella bianca sul petto, vogliono battere l’avversaria Pro Vercelli e ci riescono a vincere lo storico scudetto nel 1913-1914 ma Jaffe, come Weisz ha la colpa di essere ebreo: nel 1944 viene arrestato, finirà i suoi giorni ad Auschwitz.
Eddie Hamel invece era di New York, trasferitosi con la sua famiglia in Olanda si innamora della maglia bianco rossa dell’Ajax. Era ebreo, giocava e rapiva la sua comunità ebraica con le sua velocità sulla fascia ma la sua corsa finirà nel campo dell’orrore.
Julius Hirsch, fu il primo calciatore ebreo ad indossare la maglia della nazionale tedesca, una gloria sul campo di calcio con un tiro straordinario che non fu sufficiente per salvarsi sul campo maledetto dal martirio.
Antoni Lyko, l’uomo senza nervi, detto così perché sotto la porta era imperturbabile. La sua ultima partita è stata giocata ad Auschwitz, il giorno seguente le SS gli spararono in testa.
Matthias Sindelar, definito il Mozart del pallone e capocannoniere della squadra austriaca, il Wunderteam che preoccupa l’Italia ai Mondiali del 1934. La sua fama arriva fino al Reich ma Matthias non volle giocare per la Germania nazista. A 36 anni, nel gennaio del 1939, fu ritrovato privo di vita per avvelenamento da monossido di carbonio.
La squadra dell’ Hakoah, diventata campione d’Austria nel 1925 scendeva in campo con la grande “H” cucita insieme alla stella di Davide. Era quella amata da Franz Kafka, la stessa che nel 1938 si vide confiscare i trofei vinti e i calciatori caricati sui vagoni in un viaggio di sola andata. L’ultima partita, tra la vita e la morte, fu giocata contro la formazione delle SS.
Molti si sono salvati, con l’orrore ancora negli occhi, come il calciatore del Milan, Ferdinando Valletti che riuscì a tornare a casa dal campo di Mauthausen così come Massimo Della Pergola che finito nel campo di internamento nel Cantone Vallese, a Pont de la Morge, con una penna rubata ad un sergente inventò la “schedina” con il suo 1-X-2. Nel 1946 a guerra finita, fondò la SISAL.
Per questa importante Giornata, la Lega Nazionale Dilettanti invita tutte le società sportive a leggere il messaggio – negli impianti sportivi che per dotazioni strutturali lo consentono – prima dell’inizio di tutte le gare dei Campionati dilettantistici in programma da venerdì 26 a domenica 28 gennaio 2024:
“#InDifesaDellaMemoria La Lega Nazionale Dilettanti ricorda tutte le vittime innocenti che in seguito alla deportazione e senza colpa persero la vita nei campi di concentramento. Treni carichi di uomini, donne e bambini partirono per non tornare più dando inizio ad una delle pagine più ignobili della storia dell’umanità.
Difendiamo la memoria affinché le nuove generazioni non dimentichino perché “quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.
cs