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L’opinione di Simone Rossi

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IL FATTO
la neurolink di elon musk ha annunciato di aver inserito nel cervello di un paziente paralizzato un chip che gli permetterà di controllare un computer: è l’inizio di una nuova era?

Un chip nel cervello per consentire a un paziente con paralisi di riprendere il controllo di alcune sue azioni, ad esempio la scrittura al computer. Quella che era solo un’ipotesi – sostenuta dalla costante crescita tecnologica – fino a poco tempo fa, da oggi sembrerebbe realtà. La Neurolink di Elon Musk ha infatti già effettuato in America il primo intervento con l’inserimento di un chip nella testa di un paziente paralizzato. Musk ne ha dato trionfante l’annuncio via X, il social media (ex Twitter) di sua proprietà e non è sceso in ulteriori dettagli. Ora bisognerà attendere mesi per verificare i primi riscontri. Ma si prevede che il paziente in questione riuscirà a controllare il cursore di un computer. I sistemi neurologici sviluppati da Neurolink hanno come scopo proprio la possibilità di mettere in comunicazione diretta il cervello umano con un computer per creare interfacce neurali che possano consentire il recupero parziale o totale delle funzionalità.
Qui è d’obbligo ricordare che in Europa questi studi vanno avanti da anni e hanno già portato risultati concreti. Proprio Alba ha ospitato (in Fondazione Ferrero) poco più di due anni fa i ricercatori svizzeri Grégoire Courtine e Jocelyne Bloch che, sulla base di uno studio del 2019 firmato anche dal docente dell’Istituto di Robotica Sant’Anna di Pisa, Silvestro Micera, avevano presentato i progressi del loro lavoro a proposito di un dispositivo innestato nel midollo spinale capace di inviare ai muscoli paralizzati dei pazienti stimoli elettrici generati da un computer.
Lo ha confermato anche il professor Simone Rossi, docente di Neurofisiologia all’Università degli studi di Siena dove dirige anche il Brain Investigation & Neuromodulation Lab e autore di saggi come “Il cervello elettrico. Le sfide della neuromodulazione”: «Il concetto di base non è nuovo: Musk non è il primo al mondo a fare impianti di questo tipo. Già 7-8 anni fa ci sono stati gruppi di ricerca che hanno impiantato elettrodi all’interno del cervello umano attraverso cui registrare l’attività elettrica dei neuroni – ovvero quella che si chiama “attività oscillatoria” – e utilizzarla attraverso passaggi abbastanza complessi, per guidare ad esempio dei dispositivi elettronici esterni. Oppure per cercare di restituire la motilità a pazienti soggetti a una lesione del midollo spinale. Da un punto di vista concettuale, quindi, non è nulla di innovativo».
E allora, aggiunge il professor Rossi, è meglio ridimensionare la portata dell’annuncio di Musk: «Quest’esperimento può essere un primo passo che prevede l’inserimento di un microchip nel cervello. Poi, fra tre o quattro anni, si potrà magari inserire un ricevitore di questi impulsi neurali a livello del midollo spinale e in questo modo bypassare il sito di lesione. Allora sì che si potrà sperare di riacquistare un po’ di motilità; però, ripeto, questa prospettiva è già stata messa in atto anche da altri gruppi di ricerca».