C’era un settimino che dispensava serenità per tutti

Il “dono” di Teodoro Negro, tra tisane ed empatia, capace di lasciare un segno nella Langa Astigiana

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A Cessole, nella Lan­­ga Astigiana, la parola settimino ha un solo s­ignificato: Teodoro Negro ‘l setmein.
È nato il 22 febbraio 1910 quando Nurin (il diminutivo con cui sarà chiamato per sempre) si affaccia al mondo, prematuro di 30 settimane, in regione Varina di Cessole. L’essere nato in anticipo preoccupa mamma Matilde e papà Pietro, agricoltori da generazioni. La medicina di quei tempi fa quello che può, ma spesso le gastroenteriti si portano via i più deboli. A Cessole, poi, l’ambiente è aggravato dal fiume che scorre tra le case, il Bormida, avvelenato dall’Acna di Cen­gio.
«L’é cit!» esclama Pietro, il padre. «Preocup-te nen» gli risponde Matilde, la mamma già al settimo parto. Lo tireranno su come tutti gli altri pur con qualche difficoltà iniziale, un piccolo disturbo ad una gamba non lo fa camminare benissimo. Ma in una famiglia unita e numerosa non c’è tempo per adagiarsi sui la­menti. Così, seppur fragile, cresce come tutti gli altri Negro, undici in tutto. Forza dell’affetto della sua famiglia.

Ma quando scopre di essere differente? «Fin da piccolo avverte di avere delle intuizioni, delle ispirazioni, di avere un rapporto diretto con la natura e col mondo contadino che lo circonda». Sono parole di Enrica, che prosegue l’attività dell’erboristeria di famiglia. È la figlia della figlia del setmein, anche lei erborista diplomata e laureata in farmacia. Enrica ha gli occhi del nonno, sorride e s’illumina quando parla di lui e della famiglia.
«Il nonno aveva voglia di istruzione – dice ancora En­rica – quindi i suoi genitori, visto che era un po’ fragile, decidono di farlo studiare. Lo portano a Roccaverano dove c’è una zia di mamma Ma­tilde, insegnante elementare».
Nurin, felice di potersi istruire, ha anche la libertà di passare del tempo nei prati di quelle colline, di abbracciare alberi e cominciare ad incuriosirsi della ricchezza di erbe, fiori, una passione che diventerà la sua vita.
Ormai adolescente si inventa anche il mestiere di parrucchiere. Lo fa a casa, va anche in giro per le colline, taglia capelli a tutti, bambini, uomini, donne. A volte fanno la fila davanti alla cascina di Varina.

Ma il salto fondamentale per la sua vita di erborista avviene al collegio dei Padri Sco­lopi a Carcare, in provincia di Savona, dove impara le nozioni che gli servono per mettere ordine nella sua formazione autodidatta. Nurin molte cose le conosce, ma ha bisogno di avere dei riferimenti precisi. Studia botanica, scienze, chimica, fisica, approfondisce una solida formazione culturale dal punto di vista umanistico e, soprattutto, impara il latino, lo strumento che gli aprirà il mondo della classificazione delle sue amiche erbe.
Teodoro Negro ormai è pronto. Ha capito quale deve essere la sua strada e nel 1940, all’Università di Pavia si di­ploma in erboristeria. In paese apre il negozio di erbe che oggi gestisce Enrica.
Scopre anche di essere rabdomante, sente l’acqua, la trova, lo chiamano anche fuori zona, fornisce indicazioni precise per scavare pozzi artesiani.

Ma intanto, in questo turbinio di scoperta e formazione, dov’è il setmein?
«Lui, in fondo, lo sapeva da sempre – sostiene Enrica – sentiva di avere un dono. Per il nonno era un qualcosa di indescrivibile, un sentimento intrinseco dentro di lui che lo legava al mondo e alle persone attorno». Insomma, senza tanti giri di parole, Nurin lo sente. Sono vibrazioni forti, intuizioni a ruota libera, è una mente superiore che ti entra dentro per condividere cosa si sta provando.
Fisico minuto, sorriso bonario, occhi dolcissimi, Teodoro comincia a incontrare persone che gli raccontano i propri malanni, oppure quelli di un parente o di un conoscente di cui hanno portato magari un indumento.

Il setmein ha una voce confortante, infonde serenità, ti mette a tuo agio, ascolta ed annuisce mentre tiene le tue mani tra le sue dalla pelle morbida. Ascolta, e poi ascolta, e ancora ascolta. Poi apre i cassetti del suo bancone, mischia su un grande foglio di carta da pacchi color avana non più di sette erbe diverse, scrive le dosi delle tisane e dei decotti sulla stessa carta, richiude con cura il pacchetto e ti accompagna alla porta con una buona parola. E ti senti confortato dalla sensazione di avere fatto la scelta migliore per i tuoi disturbi. Tutto questo il setmein lo fa senza chiederti nulla, lasciandoti la libertà di contribuire volontariamente con un piccolo obolo.
E vuoi che non si espanda a macchia d’olio la voce? In­somma arrivano da ogni dove facendo spesso una lunga attesa in quella piccola sala d’aspetto. Si deve prendere il numero dalle mani di sua moglie Ida per poter parlare col settimino. La fama cresce in modo esponenziale, addirittura diventa necessario, alla fine del ponte sul Bor­mida, costruire un piccolo albergo con ristorante per le centinaia di richieste di incontro che andranno avanti in pratica fino alla sua morte, il 1° aprile del 1997, all’età di 87 anni.

Che dire ancora? Uno sciamano? Un guru? Un maestro? Un sant’uomo? Non crediamo che a Teodoro Negro sarebbe piaciuto essere catalogato in qualche maniera, un po’ come le sue erbe incorniciate negli erbari contraddistinti dalla descrizione con la sua grafia precisa ed ordinata. Diciamo che è stato certamente uno spirito libero, propenso all’empatia, a usare strumenti come la conoscenza delle erbe per dare sollievo senza mai avventurarsi oltre al suo ruolo, senza vantarsi di avere una bacchetta magica, un uomo che sapeva ascoltare gli altri e regalare un sorriso confortante.
Insomma un «dispensatore di serenità» per la nipote Enrica. Oppure, come dicono i buddhisti, «uno davanti a cui ti trovi e senti l’oceano».

Articolo a cura di Luis Cabasés