Sala Varco gremita di pubblico, ieri, per la conferenza del senatore Roberto Menia, “padre” della legge che vent’anni fa, nel 2004, istituì in tutta Italia la giornata dedicata alla commemorazione dei martiri delle foibe e dell’esodo degli italiani della Venezia Giulia, Istria, Fiume e Dalmazia. La città ha celebrato così il Giorno del Ricordo nonostante il Comune guidato da Patrizia Manassero abbia rifiutato di concedere il proprio patrocinio all’iniziativa, diversamente da quanto hanno fatto Regione e Provincia e malgrado l’affollato sit-in di protesta organizzato sabato scorso davanti al municipio.
Il commento di Denis Scotti, presidente del Comitato cuneese 10 febbraio che ha organizzato l’iniziativa e attivo da anni per l’intitolazione di vie e piazze ai martiri delle foibe e agli esuli italiani: «Il racconto offerto dal senatore Menia, visibilmente commosso quando rievocava cosa accadde ai suoi genitori e nonni esuli, e il grande afflusso di tanti cittadini comuni desiderosi di conoscere cosa è realmente accaduto in questa pagina tragica della nostra storia sono la miglior risposta al rifiuto dell’amministrazione comunale a riconoscere un’iniziativa alla quale erano rappresentati tutti i livelli istituzionali: Parlamento, Regione e Provincia. A una commemorazione prevista da una legge dello Stato, il Comune di Cuneo ha dedicato appena un evento online e non ha inviato nemmeno un proprio messaggio o rappresentante. Mi auguro che il successo di quest’incontro convinca l’amministrazione comunale a tornare sui propri passi per le prossime edizioni. Da parte nostra massima disponibilità al dialogo e alla collaborazione per un programma unitario».
Ha moderato la serata il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, Paolo Bongioanni: «L’intervento del senatore Menia è stato molto differente da quello degli storici che normalmente si alternano in queste iniziative, perché ha raccontato episodi di una brutalità tremenda che hanno impresso un ricordo indelebile in ognuno di noi. È stato un momento importante per far conoscere e tramandare anche alle nuove generazioni un dramma che ha distrutto le vite di tanti nostri connazionali, ma che è stato volutamente rimosso e oscurato e negato da qualcuno per motivi di parte. Ringrazio di cuore Denis Scotti e il Comitato 10 febbraio per il loro impegno umile, silenzioso, coraggioso e costante per far dedicare momenti e piazze al dramma delle foibe e alla sua figura-simbolo, Norma Cossetto. Oggi si è trovato di fronte a questa umiliazione inferta dal Comune di Cuneo che ha rifiutato il patrocinio e che tuttora – a differenza di molte altre località del territorio – non ha ancora dedicato un luogo a questo dramma e questo eccidio. L’impegno di Scotti è un messaggio del quale tutti dovremmo fare tesoro».
Nella sua “lectio” il senatore Roberto Menia – figlio di esuli istriani – ha ripercorso le pagine storiche della tragedia delle foibe e dell’esodo italiano da Venezia Giulia, Istria e Dalmazia, e ha tratto un bilancio della legge sul Giorno del Ricordo a vent’anni dalla sua istituzione. «È uno strumento che ha colpito nel segno, considerando che già allora da quei fatti erano passati sessant’anni e oggi sono ottanta, con quasi più nessun testimone vivente per raccontarli». Quella delle foibe è stata una grande tragedia italiana: «Dodicimila persone scomparse e tante famiglie che non hanno mai saputo dove portare un fiore ai loro cari». E un esodo lunghissimo che inizia nel 1944 e prosegue fino al 1949, e riprende nell’ex Territorio B dopo il ritorno di Trieste all’Italia dal 1954 almeno fino al 1959. «Gli ultimi campi profughi sono stati chiusi solo negli anni Settanta», ha ricordato Menia.
Grazie al Giorno del Ricordo sono anche riaffiorate nuove pagine prima rimosse: le “foibe blu”, ossia gli italiani annegati nel mare della Dalmazia, i deportati nei campi di eliminazione titini. «Significa da una parte rendere omaggio a questi caduti, dall’altra celebrare la memoria dell’esilio volontario di 350mila persone, un plebiscito di italianità. Dietro ci sono decennii di silenzio, di verità negata perché gli italiani “non dovevano sapere”. E questo accadeva per ragioni di ordine politico interno e internazionale. Togliatti e i comunisti italiani volevano che Trieste e Gorizia fossero assegnate alla Jugoslavia, ma quando Tito rompe con Stalin diventa cuscinetto dell’Occidente e viene anche nominato Cavaliere di gran croce con Gran cordone». Il Giorno del Ricordo è però anche impegno per il recupero della memoria di secoli di civilizzazione italiana nell’Adriatico orientale: «Parlano per noi le nostre pietre, i Leoni di San Marco, le nostre arene. Per chi come me è figlio di quest’esodo è un esercizio di memoria non banale, è seminare verità giustizia e rispetto. E quando si semina, qualcosa sempre rifiorisce».