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L’operazione fiducia funziona: e ora si cambi il patto, il risparmio non è debito!

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Si sta realizzando la previsione del banchiere saggista Beppe Ghisolfi sugli incentivi da accordare alle nostre famiglie con maggiori capacità di risparmio
Nel corso del 2023 la quota di Bot e Btp acquisita e detenuta dai risparmiatori e dal settore privato, variamente articolato, è salita al 13,5 per cento delle emissioni totali di debito sovrano, raddoppiando l’incidenza. Perché, a questo punto, non convincere una volta per tutte la UE a escludere tali stock, una forma di risparmio a ogni effetto, dal conteggio dei parametri sul rapporto tra passivo statale e Pil?
Si sta realizzando quella che il professor Beppe Ghisolfi, Banchiere internazionale e scrittore di successo nella narrativa economica familiare, aveva auspicato come “operazione fiducia”: ossia, incentivare, senza alcun ricorso per legge a sottoscrizioni forzose, le famiglie e gli investitori istituzionali nazionali ad accrescere nei propri rispettivi portafogli la quota di titoli di Stato sottoscritti alla prima emissione ovvero acquistati sul cosiddetto mercato secondario.
Va ricordato che la nostra ricchezza patrimoniale familiare diffusa, fra componenti monetarie liquide e immobilizzate e componenti immobiliari, nonostante un purtroppo accresciuto bipolarismo sociale supera nettamente i 5000 miliardi di euro, e crea di per sé le premesse per ridurre la dipendenza dell’Italia dall’influenza dei finanziatori esteri e quindi dai rischi di una eccessiva esposizione alla volatilità dei mercati globali delle valute e dei capitali.
Cittadini e imprese del Belpaese, utilizzando alcune opportunità messe a disposizione dal Governo Meloni e dal Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti, l’ultima delle quali in ordine di tempo è l’esclusione dei risparmi in forma di titoli statali dal complesso conteggio dei parametri Isee per l’accesso agevolato o gratuito alle prestazioni sociali, nel corso dei primi undici mesi del 2023 hanno effettuato acquisti e sottoscrizioni per un totale che ha portato l’incidenza di Btp e Bot a 320 miliardi su emissioni complessive per 2378 miliardi, in pratica quasi il 14 per cento dell’intero stock.
Si tratta dei dati messi a disposizione da un meritorio studio condotto dalla Fabi, la federazione sindacale dei bancari guidata dal Segretario generale Lando Maria Sileoni, e che certificano come durante i più recenti 24 mesi sia più che raddoppiato il peso specifico rappresentato dalle obbligazioni emesse dal Tesoro.
Ci sembra paradossale che nessuna forza politica ne stia parlando all’interno di quella che si annuncia come una campagna elettorale europea e regionale molto dialettica, dove le questioni nazionali, nel bene e nel male, avranno la prevalenza assoluta sui temi continentali; e forse è proprio questo il principale problema e limite della tenzone verso la quale ci stiamo incamminando, ossia ignorare quasi del tutto il quadro pattizio comunitario, sottoscritto da quelle stesse forze politiche di destra e di sinistra, che impedirà di dare seguito alla straordinaria mole di annunci e di promesse in arrivo ai cittadini elettori.
Quando viceversa dovrebbe essere assolutamente prioritario introdurre, pur nella riformata ossatura del Patto di stabilità e crescita, per renderlo prima di crescita e poi di stabilità, una quasi banale operazione algebrica nel paragrafo dedicato al parametro del rapporto fra debito e Pil: escludere dal calcolo del primo la quota sottoscritta e detenuta in maniera paziente da piccoli risparmiatori, imprese e banche locali, il che consentirebbe maggiori margini sul parallelo versante del deficit da finalizzare, questo sarebbe piuttosto ovvio, a spese non correnti ma d’investimento nell’industria pubblica e privata e nelle reti infrastrutturali fisiche e digitali.
In definitiva: perché non replicare nel trattato di Maastricht l’operazione portata a buon fine con la revisione degli indicatori ISEE?