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“45 milioni di antifascisti. Il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il ventennio” Gianni Oliva presenta il suo ultimo saggio con Federico Fornaro al castello di Cisterna

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Venerdì 1 marzo 2024, in occasione del 79° Anniversario della Battaglia di Cisterna – S. Stefano Roero, Gianni Oliva presenterà “45 milioni di antifascisti. Il voltafaccia di una nazione che non ha fatto i conti con il ventennio” (Mondadori) alle 18 al Castello di Cisterna. L’incontro è organizzato dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano, Museo e Comune di Cisterna con Fra Spa, Israt, Ass. “F. Casetta”, Lib. “Il Pellicano” e Aimc di Asti. Oliva discuterà del suo ultimo saggio con Federico Fornaro, saggista e politico.

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Gianni Oliva, docente di Storia delle istituzioni militari, ha dedicato molti studi al periodo 1940-45, tra gli altri, I vinti e i liberati, Foibe, «Si ammazza troppo poco», Soldati e ufficiali, Il tesoro dei vinti, Gli ultimi giorni della Monarchia, La guerra fascista, La bella morte, Il purgatorio dei vinti. È presidente del conservatorio Verdi di Torino. «In Italia sino al 25 luglio c’erano 45 milioni di fascisti; dal giorno dopo, 45 milioni di antifascisti. Ma non mi risulta che l’Italia abbia 90 milioni di abitanti»: la frase attribuita a Churchill fotografa con sarcasmo la condizione dell’Italia che nel ‘40 è entrata in guerra inneggiando all’aggressività fascista e tre anni dopo se ne è dimenticata. Dopo la Conferenza di Pace di Parigi del ‘46, tutte le responsabilità vengono infatti attribuite esclusivamente al Duce, ai gerarchi e a Vittorio Emanuele III. Una volta eliminati, l’Italia può riacquistare la sua presunta integrità politica e morale usando la Resistenza, opera di una minoranza, come alibi per assolversi dalle responsabilità del Ventennio. Quando i perdenti salgono sul carro dei vincitori la memoria storica viene spazzata via e ha inizio una nuova stagione. Per eliminare una classe dirigente bisogna però averne un’altra a disposizione: come defascistizzare tutto e tutti se in quegli anni pressoché tutto e tutti erano stati fascisti? La rottura con il passato si rivela così un brusco e disarmante riciclo senza pudore di uomini, di strutture e di apparati: come nel caso eclatante di Gaetano Azzariti che, da presidente del Tribunale della Razza, massimo organismo dell’aberrazione razziale, diventa vent’anni dopo presidente della Corte costituzionale, massimo organismo di garanzia della democrazia, senza che nessuno gli abbia chiesto di ritrattare, né il monarchico Badoglio, né il comunista Togliatti, né il democristiano Gronchi.

BaNNER
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