Tra le colline delle Langhe, il cadavere di una ragazza. Quando il potente broker russo Rufus Blom lo trova, si rende conto di due dettagli inquietanti. Sulla schiena della vittima, l’assassino ha tracciato una svastica e un cognome, il suo: Blom.
Parte di qui la storia de “L’ultimo pinguino delle Langhe”, il nuovo romanzo noir di Orso Tosco (Rizzoli editore, 276 pagine, 17 euro). Nessuno, in collina, sembra sapere chi sia la ragazza uccisa, in una fitta rete di misteri che il commissario Gualtiero Bova, da poco e non per sua scelta trasferito a Mondovì, deve risolvere. È soprannominato Pinguino, sempre in compagnia della sua bassotta Gilda e del tabacco della sua pipa. «C’è un legame speciale che mi unisce alle colline delle Langhe, dove ho scelto di ambientare tutto il racconto – svela l’autore, classe 1982, di casa a Ospedaletti (Liguria) -. La mia bisnonna viveva in una frazione di Marsaglia e, da queste parti, quando ero bambino, trascorrevo gran parte delle vacanze estive. Sono luoghi che ho ritrovato anche in tante letture, da Pavese a Fenoglio, e che hanno molte caratteristiche che si prestano bene ai romanzi gialli e noir».
Quali?
«Di notte sono paradisi idilliaci: le colline morbide, le vigne, i sentieri in campagna… Dopo il tramonto, la situazione è altrettanto affascinante, ma ben diversa: il buio della campagna, i piccoli paesi quasi deserti hanno un fascino misterioso che non è facile trovare altrove. Ci sono tradizioni antiche che i residenti continuano a portare avanti con rispetto ed entusiasmo. Nei paesi, tutti si conoscono, ma ci sono anche tanti turisti e molto rispetto e voglia di conoscere i nuovi arrivati, di cui molti sono stranieri, attratti dalla quiete e dalle bellezze del territorio».
Che persona è il commissario Bova, protagonista del romanzo?
«Ho immaginato un personaggio che mi stesse simpatico e con cui condividerei volentieri del tempo insieme, visto che mi piacerebbe scrivere diversi romanzi sulle sue avventure. Non è un eroe senza macchia o poco credibile, ma una persona segnata dalla vita e, a volte, anacronistica; scaltra e perspicace, ma anche affaticata da alcuni vizi e passioni che non fanno bene alla sua salute. Fuma abbondantemente la pipa, mangia troppo, non sa dire di no al vino».
Cosa lo accomuna al suo carattere?
«Condividiamo la passione per le trattorie, che è uno dei motivi per cui mi piace frequentare le Langhe, e per il bagno fuori stagione, quando fa freddo. A me, dalle mie parti, piace farlo al mare. Il commissario si accontenta del fiume. Come me, di fronte alle storture del mondo, preferisce il sarcasmo e l’ironia al cinismo».
L’origine del soprannome Pinguino, come tutti lo conoscono, è legata al suo aspetto fisico.
«Bova ha 45 anni, ma ne dimostra parecchi di più. È alto e corpulento. Ha le braccia corte, rispetto alla stazza del suo corpo. Quando, per fare il bagno fuori stagione, indossa la muta nera con cui prova a resistere all’acqua fredda, la metamorfosi in pinguino è completata».
Alla donna assassinata su cui Bova indaga, la vita ha riservato un destino crudele.
«È una ragazza figlia della nostra epoca: non si pone limiti, ha un carattere vitale, le piace conoscere il mondo. Nessuno avrebbe meritato la morte a cui va incontro, tanto meno lei. È una sorte fatale, piena di misteri e punti da risolvere. Anche questo dà la carica a Bova per condurre le indagini. Lo sprona a fare meglio, lo sollecita».
La bassotta di Bova, Gilda, si chiama come il cane con cui ha condiviso parecchi anni della sua vita. Cosa ha rappresentato per lei?
«La chiamavo Gilda Gildina e, purtroppo, da qualche anno non c’è più. Scrivere è stato come passare ancora un po’di tempo con lei, a cui, in famiglia, eravamo tutti molto affezionati».
Come farà il comandante a risolvere i misteri?
«Il suo arrivo a Mondovì, di fatto, era stato un declassamento: quasi un esilio, mascherato da promozione. Ha un’intelligenza sopraffina, che lo guida dove nessun’altro può arrivare».
Scrittore e sceneggiatore, prima de “L’ultimo pinguino delle Langhe” ha già pubblicato altri racconti, romanzi e poesie (tra questi: “London voodoo” del 2022 e “Nanga Parbat. L’ossessione e la montagna nuda” del 2023). Adesso ha in mente una vera e propria serie gialla?
«Credo che Bova sia il personaggio giusto per mettermi alla prova con un progetto di questo tipo. Spero che i lettori si affezionino a lui tanto quanto l’ho fatto io. Per me sarebbe una sfida notevole: bisogna fare in modo che la serialità non diventi una gabbia, che limita la creatività nelle trame e nella scrittura, ma che la stimoli in una cornice che accresce sempre di più il legame con i personaggi».
A cura di Luca Ronco