«Oggi la montagna è tornata al centro dell’attenzione»

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In una limpida giornata invernale, sul piazzale del Monte dei Cap­puccini a Torino, ci troviamo alla balconata dedicata all’alpinista Giusto Gervasut­ti, il “fortissimo”, a commentare con la direttrice Daniela Berta i 150 anni del Museo della Montagna che ricorrono proprio fra pochi mesi. Nata qui su iniziativa dei primi soci del Cai, Club Alpino Italiano, come una semplice edicola munita di un cannocchiale col quale si poteva esplorare la bellissima vista di un arco alpino di 400 chilometri, l’isti­tuzione cittadina col tem­po si è ritagliata un ruolo sempre più di spicco. La magnifica posizione panoramica, che tende idealmente ad abbracciare tut­te le montagne, ci proietta con lo sguardo verso quel concetto d’immensità ispiratore delle tante imprese esplo­rate e narrate all’interno.

Dottoressa Berta, come vi preparate ad affrontare questo prestigioso traguardo del centocinquantenario?
«Innanzitutto abbiamo in pro­gramma una variegata se­rie di attività che si affiancheranno all’alternarsi delle mo­stre già in atto. Le due aree espositive, una più ampia, una più circoscritta, possono in effetti ospitare due allestimenti in contemporanea. Filo conduttore sarà il cammino co­me pratica di conoscenza, esperienza partecipata, metafora della strada compiuta dal museo ed immagine di movimento verso un futuro aperto ai grandi temi della contemporaneità».

Quest’anno ricorrono anche i 70 anni della conquista del K2, come li festeggerete?

«Inaugureremo una sezione permanente dedicata a quella straordinaria spedizione del Cai, della quale abbiamo in archivio molto materiale. Un po’ come abbiamo fatto lo scorso anno allestendo lo spa­zio dedicato a Walter Bonatti che ci ha lasciato un enorme corpus di documenti della sua vita verticale di alpinista fino al 1965, anno della sua ultima solitaria sul Cer­vino, e poi orizzontale da fotoreporter e narratore». E ri­percorreremo infatti poi in­sieme le tappe della sua av­venturosa esistenza ascoltando la voce delle sue testimonianze, tra l’oro delle medaglie e delle tante onorificenze accanto al ferro dei più umili chiodi da ghiaccio».

Il rinnovato Rifugio Gastaldi in alta val d’Ala e la Casa Alpina Nigretti di Ceresole Reale rappresentano le sedi estive nel Torinese, ma quali sono le principali relazioni che avete con il Cuneese?
«Siamo in contatto con diverse realtà vivaci della provincia di Cuneo. Abbiamo allestito una mostra presso il Fi­latoio di Caraglio, poi ad esempio c’è la collaborazione con la cooperativa Viso a Viso di Ostana e quella con la fondazione Nuto Revelli».

All’interno delle sale l’atmosfera della collezione permanente è una continua emozione. Dal cannocchiale che diede il la all’avventura, al corno di stambecco con dicitura in argento donato a Quintino Sella nel 1882, al caiaco, alla borraccia e ai picchetti utilizzati nella spedizione al Polo Nord tra il 1899 e il 1900 dal Duca degli Abruzzi, icona dell’epoca pionieristica, si fa poi lo slalom tra le bandiere del Club alpino, fondamentale quella dell’inaugurazione della Ve­detta Alpina nel 1874, le slitte da traino, le tende da bivacco, una vecchia 600 simbolo di un primo turismo montano e i ricordi dei Giochi olimpici del 2006. E ancora, spartiti musicali, giochi di società che rievocano le prime ascensioni al Monte Bianco datando il primo curioso merchandising alpino al 1851, e gli sguardi fotografici di Vittorio Sella, precursore del cinema di spedizione nel 1909. Una parete di sci di varie epoche, compreso un paio di Adolfo Kind, ci ricorda che fu proprio l’ingegnere svizzero ad introdurre nel 1896 la pratica di improvvisate discese sulla collina torinese trasformando quei legni da mezzo di spostamento a strumenti di divertimento. E poiché la montagna non è solo sport e escursioni ecco le sezioni che si occupano di tradizioni, ambiente e comunicazione in un più vasto concetto di valorizzazione culturale.

Come è evoluto il rapporto con la montagna in questi ultimi decenni?

«Oggi la montagna è oggetto di una frequentazione più consapevole, la gente è molto più conscia dell’importanza della sostenibilità del rapporto e dello sguardo che volgiamo alla montagna. Si sta ridimensionando l’aspetto mordi e fuggi e c’è più interesse alle specificità locali».

Il tema della sostenibilità articolato anche con attività di ricerca e comunicazione si affianca in modo preponderante a quel percorso indirizzato alla creatività contemporanea che consente di raggiungere pubblici più ampi. Queste le principali linee guida della giovane direttrice che fieramente ci confida come la montagna sia parte integrante della sua storia famigliare e del suo immaginario. Accanto a lei uno staff coeso di una decina di persone: «Un gruppo brillante: la forza della nostra istituzione è proprio poter contare sulle competenze interne di altissimo livello». Per un’idea di museo dinamico, inoltre, un sito web affascinante propone approfondimenti tematici, visite virtuali, conversazioni tra artisti e curatori e consultazioni interattive da esplorare comodamente da casa.

Da questa chiacchierata emerge il desiderio di sensibilizzare e coinvolgere nuove fasce di pubblico su temi ambientali fondamentali, proponendo approcci diversificati, come le Notti al Museo, le rassegne di lettura, le tante contaminazioni con l’arte che nel cartellone di quest’anno celebrativo avranno particolare risalto.

Ci congediamo con un’ultima domanda: qual è il suo augurio per questo importante compleanno?
«Il Museo ha tanti ambiti di sviluppo e crescita nel suo futuro. Vorrei che il Museo della Montagna, così amato dai torinesi grazie al profondo legame storico della città con l’arco alpino, fosse sempre più punto di riferimento e luogo di confronto per chi si occupa a vario titolo di cultura montana, riuscendo a far convergere gli stimoli e gli interessi di chi ha a cuore le Terre Alte e sviluppando ulteriormente la prospettiva internazionale accanto agli imprescindibili rapporti col territorio».

Intervista a Daniela Berta, direttrice del museo nazionale di Torino

Daniela Berta, originaria delle valli di Lanzo, cui è fortemente legata, ha conseguito la laurea in Beni Culturali con indirizzo museologico e si è da subito occupata di sistemi culturali territoriali legati alla montagna. Dal 2013 al 2015 ha diretto il museo civico di Usseglio, esperienza che ha portato a configurare il Museo Diffuso di Arte Sacra nella valle di Viù. A soli 38 anni è diventata Direttrice del Museo della Montagna e per praticità vive ora a Torino, anche se appena può fugge tra le sue Terre Alte dove pratica sci alpinismo, escursionismo e ciclismo di montagna. Il Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” è un’attività statutaria del Club Alpino Italiano, nata nell’agosto del 1874 come semplice vedetta di osservazione. Ingranditosi e consolidatosi negli anni, il museo vanta oggi una raccolta di circa 500mila cimeli, e nei suoi quattro piani articola la sua attività in tre aree specifiche di esposizione, incontri e documentazione. L’offerta didattica propone una quindicina di laboratori destinati alle scuole di ogni grado. Ospita la Biblioteca Nazionale del Cai ed è inoltre sede e coordinatore dell’Iamf, International Alliance for Mountain Film, rete dedicata al cinema di settore, e dell’Imma, International Mountain Museums Alliance, cordata di musei che cooperano nella conservazione e nella valorizzazione delle specificità montane, di cui Daniela Berta è attualmente coordinatrice. Un ristorante panoramico si affaccia sulla città e completa con il cortile olimpico e la sala degli Stemmi le opportunità di spazi per gli eventi.

Articolo a cura di Ada Corneri